Viva le elezioni

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Le elezioni di domenica e l’orgoglio della Repubblica

Le elezioni sono l’appuntamento simbolo della nostra rinomata e gloriosa democrazia: l’abbiamo visto domenica, è stata una bellissima giornata di orgoglio nazionale e straordinario fermento civile, sociale e culturale. Un appuntamento così importante che la stragrande maggioranza degli italiani neanche sapeva che si votasse per un referendum su decisive funzioni degli organismi giudiziari, elemento fondante della società democratica. E’ andato a votare soltanto un italiano su cinque. “Non possiamo pretendere che gli italiani capiscano quesiti così tecnici“, hanno ribadito a tiritera le grandi menti politiche ha hanno boicottato il referendum. Ma le formazioni della Nazionale le conoscono tutti a memoria e i partecipanti al Grande Fratello pure: perché gli italiani non potrebbero approfondire un tema così importante per la loro vita quotidiana? Sono forse tutti mentecatti?

E poi c’erano anche le elezioni comunali, quelle dove ognuno ha un amico o parente candidato: ebbene anche qui è andato a votare un italiano su due, record negativo della storia. La maggioranza non ne può più, neanche – e forse soprattutto – di amici e parenti che spuntano una volta ogni cinque anni ad elemosinare il solito voto. Gente che neanche ti saluta quando ti incrocia per strada, non si disturba neanche per un messaggino di auguri a Pasqua e Natale, ma poi si ubriaca di fare il “mega-consigliere“, o il “super-assessore” e allora arriva a perdere la faccia chiedendo voti a più non posso come se fosse una nobile raccolta fondi per bambini bisognosi.

Domenica abbiamo celebrato i primi Sindaci eletti mentre ancora si votava: 9 in Calabria, 4 in Sicilia, chissà quanti nelle altre Regioni. Erano i sindaci “candidati unici“, cioè senza un avversario. C’era una sola lista, un solo candidato sindaco e un solo scoglio per poter persino perdere: che non andasse a votare neanche il 40% dei cittadini. Nei comuni che la mattina erano partiti male con l’affluenza, poi i candidati in persona sono andati a raccogliere le persone casa per casa trascinandole letteralmente ai seggi. Che poi dobbiamo immaginare la scena dentro l’urna: nelle grandi città gli elettori a volte lamentano l’eccesso di liste che crea confusione, nei piccoli comuni con lista unica invece l’elettore non può scegliere neanche dove mettere la “X”: c’è un solo posto. O lì o lì.

E’ esattamente come se per vincere i Mondiali l’Italia giocasse una finale da sola. Contro nessuno. Ma con i rituali di sempre: il riscaldamento pre-partita, l’inno a squarciagola, poi 90 minuti di triangolazioni e gol a porta vuota, infine l’esultanza con le medaglie d’oro al collo e la Coppa al cielo. Unico scoglio da superare, che sugli spalti dello stadio ci sia almeno il 40% di seggiolini occupati dal pubblico. Comprese le mogli e i figli dei calciatori, che hanno il biglietto omaggio. Compresi i giornalisti e gli altri addetti ai lavori, che entrano con l’accredito. E si gioca nel campo di Cucullaro.

Quant’è bella la nostra democrazia! Lunedì pomeriggio i sindaci eletti 24 ore prima ad urne aperte avevano già smaltito la sbornia quando a Messina, quarta città d’Italia per importanza tra quelle al voto domenica dopo Palermo, Genova e Verona ma inspiegabilmente ignorata da tutti i media nazionali che invece discutevano ore sul voto delle grandi metropoli di Lodi, L’Aquila e Catanzaro, si scatenava la festa più tamarra del mondo: fan con le magliette di Basile sparavano i fuochi d’artificio in pieno giorno in uno scenario da bronx e poi in serata Cateno De Luca, – quello che in pieno Covid bloccava i traghetti creando tensioni drammatiche e inseguiva i cittadini con i droni intimandogli di tornare a casa con la sua stessa voce, roba che neanche Xi Jinping – ha definito i suoi avversari politici “merde umane” davanti alla folla radunata a piazza Duomo per celebrare una vittoria ancora non certificata da nessun organo competente, in quanto dopo tre giorni lo spoglio è ancora in alto mare.

C’è un disallineamento tra il numero dei votanti ed i voti espressi“, ha spiegato ieri l’Ufficio Elettorale del Comune in una nota stampa. Che significa che qualcuno potrebbe aver tolto delle schede effettivamente votate, oppure aggiunto schede di gente che non era mai andata a votare. O chissà quale pasticcio è stato fatto sui registri: fatto sta che Messina è anche l’unica città d’Italia in cui lo scrutinio non è ancora completato, e non si conosce il risultato definitivo. Tre giorni dopo il voto: neanche nell’Africa sub-sahariana. Peggio persino di Reggio Calabria dove due anni fa dopo situazioni analoghe la Procura della Repubblica ha scoperto che il candidato più votato, capogruppo del Pd – lo stesso partito del Sindaco – in realtà non era stato il più votato, ma con un presidente di seggio complice si era auto-votato falsificando le schede e simulando il voto di persone anziane, allettate, straniere e addirittura decedute. Lui è stato arrestato, ma dopo quasi due anni nessuno ha ancora invalidato quelle elezioni né tolto quei voti falsi a quel partito: il consigliere arrestato è stato semplicemente sostituito da un altro consigliere della stessa lista, che ha ottenuto il seggio proprio grazie a quei voti falsi, in un consiglio comunale palesemente abusivo in quanto risultato di un imbroglio. Ma quant’è bella la nostra democrazia!

A Messina, però, c’è una sola certezza: Basile ha superato il 40% e quindi non deve fare il ballottaggio. Nella stessa città in cui appena nove anni fa Felice Calabrò fu costretto al ballottaggio pur avendo ottenuto il 49,99% (gli mancarono 36 voti per il 50%), e poi lo perse pure con Accorinti che invece al primo turno s’era fermato al 23%. Che spettacolo! Ancora oggi nel resto d’Italia per vincere al primo turno bisogna superare il 50%, cioè raggiungere la maggioranza dei votanti. In Sicilia invece no: l’Ars ha approvato una legge regionale che non ha eguali nelle democrazie occidentali, per cui in Sicilia – e solo in Sicilia – vigono regole democratiche diverse, e cioè se prendi il 40% +1 vinci al primo turno. E se i candidati a superare il 40% sono due, vince chi ha un voto più dell’altro.

Ma che Paese è un Paese che non riesce ad avere le stesse regole neanche per le elezioni comunali al proprio interno? O forse siamo anche in questo i più bravi, i migliori, quelli del “modello Italia” (come sul Covid), perché consentiamo alla Sicilia e alle altre Regioni a statuto speciale di avere quell’autonomia necessaria a farsi le leggi come gli pare, proprio per evitare che si creino malumori come quelli del Donbass? Forse siamo proprio una grande Repubblica, ed è stupido chi non lo capisce: pur di evitare la guerra con una potenza straniera, consentiamo alla Sicilia di avere la libertà di eleggere i sindaci al primo turno con la percentuale che gli pare. E’ davvero geniale, siamo proprio i migliori col governo dei migliori nel Paese dei migliori con la miglior democrazia interplanetaria. Viva le elezioni!

Certo, a Palermo qualche migliaio di cittadini non ha potuto votare perché è andato al seggio e ha trovato la sezione chiusa: non c’erano i Presidenti. Incidenti di percorso. Effetti collaterali. Cose che capitano. E questa povera gente neanche s’è incazzata più di tanto: ha perso il diritto di voto, è tornata a casa come se gli fosse caduta a terra una monetina da un centesimo, e poi la sera ha anche festeggiato la promozione del Palermo in serie B. Panem et circenses. In fondo che vuoi che sia non poter votare, dopo che negli ultimi anni non si poteva neanche uscire di casa, non si poteva andare in pizzeria, non si poteva neanche entrare nel reparto utensili o giardinaggio o libreria del supermercato, appositamente transennati con il nastro bianco e rosso in precedenza usato in strada per casi di incidenti mortali o efferati omicidi, in quanto secondo i dettami della nostra grande democrazia dovevi vivere soltanto per mangiare e cacare. Abbiamo dovuto fare l’autocertificazione per uscire di casa, poi potevamo andare soltanto dai congiunti, poi c’è stato un folle coprifuoco alle 22 durato 10 mesi, infine il green pass “per avere la certezza di stare tra persone non contagiate e quindi non contagiose“, che poi però si sono contagiate tutte. Presidenti e Ministri ultra mascherati compresi. Ormai la gente accetta anche di aver negato il diritto di voto, e la benzina a due euro al litro ce l’hanno inculcata così gradualmente che neanche quello ci disturba più. Sono proprio geniali i democratici d’Italia: riescono a farti sentire superiore perché vivi in una democrazia in cui non puoi neanche votare, però devi essere orgoglioso di essere evoluto e civilizzato rispetto a Russia, Cina e Corea del Nord.

Se siamo davvero in uno “scontro di civiltà“, e la nostra civiltà “democratica e liberale” è quella delle elezioni di domenica, allora c’è davvero da congratularsi con chi riesce ad avere ancora il coraggio di riempirsi la bocca di democrazia e di libertà per sentirci superiori alle civiltà diverse.

Complimenti, siete davvero audaci.

Viva le elezioni, viva l’Italia.

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