Il caos che ha caratterizzato per oltre un mese i trasporti aerei da e per la Sicilia, a causa dell’incendio di Fontanarossa del 16 luglio scorso, è stato pressochè relegato nel dimenticatoio dopo il ritorno alla “normalità” (incrociamo le dita). Una sola voce, tra le istituzioni, si è sentita in dovere di chiedere quello che qualsiasi essere pensante avrebbe chiesto dopo questo disastro: le dimissioni della “governance” dell’aeroporto. E’ quella del sindaco di Catania, Enrico Trantino che, finita l’emergenza, ha chiesto senza mezzi termini le dimissioni dell’intero CdA di SAC, la società che gestisce l’aeroporto di Fontanarossa, di cui il comune di Catania fa parte per un’esigua minoranza.
Richiesta del tutto ignorata: Antonio Belcuore, commissario della Camera di Commercio del SudEst per nomina del presidente della Regione Renato Schifani, socio di maggioranza, ha precisato che la richiesta del sindaco etneo “non ha trovato favorevoli gli altri soci”.
Strano, perché l’iniziativa del sindaco ha trovato l’apprezzamento non soltanto di comitati ed associazioni di consumatori e pendolari, ma anche delle rappresentanze dei commercianti e dei datori di lavoro: proprio quelle aree sociali che dovrebbero essere rappresentate dalla Camera di commercio. Ma che, evidentemente, contano molto poco all’interno di un mondo politico sempre più autoreferenziale che, infatti, prima ancora della pernacchia ricevuta dagli altri soci SAC, ha praticamente ignorato l’iniziativa di Trantino.
Il silenzio più assordante, in tal senso, è quello proveniente dalla Regione Siciliana. Dopo aver dichiarato che la situazione sarebbe tornata alla normalità in pochi giorni, grazie alle lentissime “navette” su strada messe in campo dall’AST ed agli improbabili collegamenti “garantiti” dalla rete ferroviaria siciliana (che presenta intere tratte chiuse per lavori proprio nel periodo estivo), il governo regionale si è distinto soltanto per alcune passerelle sui luoghi del disastro; che sono continuate, però, fino al 5 agosto scorso. Le responsabilità? Vedremo…
Eppure, prima ancora dell’incendio all’aeroporto, non pochi dubbi si erano diffusi circa le capacità manageriali di SAC. Ricordiamo tutti la querelle con Ryanair, gestita talmente bene da causare l’abbandono dello scalo di Comiso (anch’esso affidato a SAC) da parte della compagnia irlandese lasciandolo, praticamente, senza voli. L’intervento “sostitutivo” di Aeroitalia ha salvato, di fatto, l’aeroporto ibleo: parliamo, per inciso, della stessa compagnia chiamata in causa dal Presidente della Regione nella sua lotta senza quartiere proprio a Ryanair, rea di fare “cartello” con ITA. Ma chi detiene il monopolio dei voli, oggi, a Comiso?
Parecchio clamore hanno suscitato anche i richiami rivolti a SAC dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), la quale ha messo nero su bianco, in una sua istruttoria di vigilanza a seguito di due diversi esposti, che dal 2018 al 2022 “il 98% degli affidamenti è sato conferito in modo diretto o negoziato”, riscontrando affidamenti a professionisti i cui requisiti “non sembra possano attestare l’alta specializzazione” ed una “anomala restrizione della concorrenza” nella scelta dei fornitori. L’Authority concludeva sottolineando la gestione ”carente dal punto di vista della programmazione, caratterizzata da mancata apertura alla libera competizione e non corretta applicazione del codice degli appalti”.
In tempi più recenti, la stessa ANAC si è occupata, a seguito di un altro esposto, dell’appalto per il servizio di manutenzione ordinaria di riqualifica della segnaletica dello scalo (importo complessivo di 1.050.000 €) assegnata il 19 aprile 2023, giudicando l’operato della stazione appaltante “non conforme alla normativa di settore”.
Insomma, una gestione a dir poco discutibile per una società erogatrice di servizi fondamentale per l’economia dell’intera isola, che l’incendio del 16 luglio e tutto ciò che ne è scaturito ha universalmente evidenziato in tutte le sue carenze. Di queste ultime, però, non si vogliono individuare i responsabili, anche se tutti sanno che i danni arrecati all’economia ed all’immagine dell’intera Sicilia dall’incredibile gestione di questa emergenza estiva sono incalcolabili.
Si pensi al turismo, tanto caro ai politici regionali che ormai lo considerano la prima risorsa dell’Isola: nessuno, sano di mente, che abbia avuto la ventura di capitare in Sicilia tra luglio ed agosto, ripeterà l’esperienza. E siccome costoro racconteranno l’evento ai propri concittadini, già ampiamente informati dagli organi di informazione esteri che ancora si chiedono come possa essere paralizzato il traffico aereo di un’intera regione dal surriscaldamento del cavo di una stampante (versione iniziale delle cause del disastro, smentita, nonostante la palese ridicolaggine, solo dopo quindici giorni), la frittata è fatta.
Ma pensiamo anche a quelli che l’aereo lo prendono per lavorare e non per divertirsi: i tanti imprenditori e professionisti siciliani costretti a recarsi in continente con un mezzo che non ha alternative, o i loro colleghi del continente che hanno deciso, temerariamente, di investire in Sicilia. Per questi utenti dimenticati, poche e sporadiche parole di conforto. D’altronde, come è noto, ancorchè poveri di infrastrutture e servizi efficienti, in Sicilia abbiamo sole e mare: possiamo vivere di solo turismo.
Esiste un Paese, al mondo, dove chi ha causato clamorosi fallimenti, ma anche grandi disastri, viene mantenuto saldamente al suo posto da chi dovrebbe cacciarlo. Persino l’allenatore della Nazionale di calcio rimane in panchina dopo aver mancato la qualificazione ai campionati Mondiali. Allenatore che poi, magari, dopo qualche mese, in pieno agosto, molla la panchina per accettarne una per la quale è retribuito 8 volte meglio. Indovinate di quale Paese stiamo parlando….