Reggina: ora alla gogna ci finisce Gabriele Martino, ma è proprio così che state calpestando la storia

Dopo i vari Belardi, Foti, Taibi, Cozza - pezzi importanti di storia e tifosi della Reggina che si sono permessi di dissentire sulla società - ora la gogna è toccata a Gabriele Martino

StrettoWeb

In principio fu Emanuele Belardi. Poi Lillo Foti, Massimo Taibi, Ciccio Cozza di recente e ora Gabriele Martino. Cosa li accomuna? In ordine cronologico, si sono permessi di dissentire sull’attuale situazione societaria della Reggina. Con un piccolo particolare: tutti loro, chi più chi meno, hanno fatto la storia della Reggina. Ma, soprattutto, sono amanti viscerali e tifosi passionali della squadra amaranto. Il destino? Uguale: insultati, criticati, anche pesantemente, nonostante il ruolo ricoperto nel glorioso passato amaranto. Insultati, ovviamente, dai soliti creduloni, quelli che per difendere Ballarino – e la mala politica che lo ha scelto – sarebbero capaci di attaccare anche l’Altissimo.

E’ successo, di nuovo, ma era prevedibile. L’intervista di Gabriele Martino sta facendo discutere ancora oggi così come avevano fatto parlare tantissimo quelle – nei mesi precedenti – dei vari Foti, Belardi, Cozza, Taibi. E così da una parte c’è chi – giustamente – pensa che il giudizio di Martino sia ovvio e corretto; dall’altra, invece, i soliti creduloni, sempre loro, una sparuta frangia che su social, web e trasmissioni attacca alle spalle l’ex dirigente.

Gabriele Martino, va premesso, nelle ultime esperienze non ha fatto benissimo con la Reggina. Demansionato nella gestione Saladini, con Praticò è andato via dopo una breve avventura fallimentare in D, con Foti addirittura dopo pochi mesi, in seguito al fallimento con Novellino. Insomma, è ormai fuori dal giro e anche da tempo. Però va dato a Cesare quel che è di Cesare: anche lui, insieme a quel manipolo di giovani e incoscienti dirigenti, ha fatto la storia della Reggina. Un pezzo non piccolino, ma enorme. Ma lui, ancor di più, come gli altri, i vari Foti, Cozza, Taibi, Belardi, amano la Reggina, visceralmente, senza filtri. E lo dice la storia.

Gabriele Martino, come accaduto agli altri, non si è “agganciato” al treno dei difensori d’ufficio, dei filo-societari, di coloro che si piegano al padrone e oggi difendono Ballarino e soci nonostante le umiliazioni continue. Ha avuto il coraggio di ribadire con forza, pubblicamente, concetti già espressi da molti, da oltre un anno a questa parte. Tutti, però, sono stati subissati di critiche.

StrettoWeb non è più sola: i giornalisti coraggiosi che denunciano questo stato di cose

StrettoWeb, nella stampa locale, non è l’unica a denunciare con coraggio questa situazione. C’è Paolo Ficara, Maurizio Gangemi (a tal punto che è stato chiesto di non farlo partecipare alle trasmissioni tv, manco fossimo tv di regime) e più volte Alfredo Auspici – anche con la sua solita ironia – non ha nascosto malcontento. Sono sempre di più e si affiancano ai giornalisti che stanno nel mezzo, quelli che fanno mera cronaca, quelli che non attaccano in maniera pesante ma di certo neanche esaltano quella che è una situazione da non esaltare. Sono sempre meno, invece, coloro che – come in mezzo alla tifoseria – sono capaci di eccitarsi per un pari contro il Sambiase perché “è una squadra in forma”.

Attaccare la storia è allucinante

Ma se da una parte c’è la stampa, dall’altra c’è la storia. Chi la storia l’ha fatta e l’ha scritta. Chi quella storia, quella squadra, quella maglia, da reggino di nascita o adottato, la ama e la tifa come qualsiasi altro cittadino. E attaccare la storia, quella storia – quella del Presidente più vincente, di due dei portieri più iconici, di un dirigente storico o di una delle bandiere più importanti – è veramente allucinante, ai limiti dell’assurdo. L’assurdo di una tifoseria che ha perso il lume della ragione, che dopo il disastro Saladini avrebbe dovuto pretendere il meglio – proprio per il bene della propria squadra, maglia, città – e che invece si è piegata alle decisioni della malapolitica, tra l’altro appoggiandola in ogni sua successiva scelta o dichiarazione e attaccando chi non la pensa in quel modo.

Non si vuole capire; non vogliono capire, anzi, questi pochi, che le parole di dissenso e critica nascono proprio dall’amore verso la Reggina e – in diversi casi – anche dall’essere reggini. Che motivo avrebbe StrettoWeb, e che motivo avrebbero Foti, Belardi, Taibi, Cozza e Martino ad andare contro a prescindere a quella che è un pezzo di una loro creatura, o una creatura di cui hanno fatto parte? Che li fa ancora piangere ed emozionare a riguardare un vecchio video?

La critica, il dissenso, le voci fuori dal coro, nascono da quella voglia di ritornare lì dove la Reggina è stata, a dimostrazione che si può fare perché è già accaduto. E invece oggi si normalizza la Serie D; si giustificano due pari contro le ultime in classifica, le sconfitte contro Siracusa e Scafatese, si normalizza anche un pari contro il Sambiase che “ci poteva stare” o si considera una “bella partita” quella vergognosa ad Agrigento. Ancora, addirittura, viene considerata importantissima la sfida in casa della… Vibonese, oggi capolista e potenzialmente a +8 in caso di vittoria domenica (con il recupero dall’Acireale).

Si vuole fare la fine del Messina?

Il problema non è la gara singola, non è la prestazione, la vittoria, la sconfitta. Il problema è il contesto, è pensare che anche vincendo la Serie D questa squadra oggi possa ambire a chissà cosa. Ma appunto, a cosa dovrebbe ambire? A fare la fine della dirimpettaia Messina, con 300 tifosi allo stadio ad esultare per le salvezze all’ultima giornata o ai playout in Serie C? Giustificazioni come “se criticate la Reggina non le volete bene, io le voglio bene e quindi la supporto a prescindere” fanno solo male, perché questo tipo di approccio ha portato alle precedenti gestioni da “toccata e fuga”, il vuoto dopo la vincente epopea Foti.

E’ proprio il contrario. E’ solo pretendendo il meglio, e di più, criticando con coraggio e cognizione, che si può ottenere il meglio e di più. E vale anche per la città, come scriviamo spesso. Accettare supinamente lo stato di degrado, le incompiute, la mancanza di servizi essenziali, significa accettare la mediocrità. Dire “no” a nuove opere di sviluppo, infrastrutture e trasporti significa rimanere nella mediocrità in eterno. Recitare il ruolo da vittimisti contro chi fa più e meglio di noi significa trovare l’alibi per non cambiare mai lo stato delle cose.

Gli esempi in Italia, da Roma a Milano

Avete visto cosa sta succedendo a Roma? Festeggiare la vittoria di una Conference League, o idolatrare l’arrivo di un semisconosciuto sul mercato – come fosse Cristiano Ronaldo – ha portato alla situazione attuale. Caos, confusione, cattivi risultati. E’ la mentalità di una piazza che quasi sempre – tranne rare eccezioni – è rimasta un gradino sotto le grandi. Dall’altro lato poi ci sono le big. Esempio; è come se il Sindaco di Milano scegliesse – come patron di Milan o Inter – un imprenditore di Verona o Bologna dalle scarse capacità economiche dopo una ripartenza dalla Serie B. Nonostante i risultati negativi e le umiliazioni, i vari Maldini, Galliani, Javier Zanetti, Moratti provano ad alzare la voce, a pretendere di più, a criticare. E voi ce li vedete, i tifosi dell’Inter e del Milan, ad andargli contro? Ad andare contro la storia? Avete mai visto i tifosi della Roma andare contro Totti, che di recente non ha fatto mistero di criticare l’attuale proprietà?

La risposta c’è, è chiara: no. Non è successo. E’ normale, scontato, banale. E lo era anche a Reggio Calabria, fino a un po’ di tempo fa, quando proprio quel Lillo Foti, un certo Lillo Foti, veniva criticato in Serie A. Era l’amore, la passione, a muovere quelle critiche e chi criticava non voleva di certo il male. Ora la Serie D è bella e dobbiamo pure dire “grazie” a chi c’è, perché – chiudiamo con la balla più grande di questi 14 mesi – “senza Ballarino non ci sarebbe stato più calcio a Reggio Calabria…”.

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