“Una storia di amore e di speranza” da Lampedusa . E’ quella di un giovane siriano che nonostante abbia perso un pezzo della sua famiglia nel naufragio al largo dell’isola della scorsa settimana , “ha continuato a aiutare tutti” e ha mostrato “una grande speranza per il futuro“. A riferirla è il presidente della Croce rossa italiana Rosario Valastro.
“Quando nel centro sono arrivati i superstiti del naufragio della settimana scorsa, operatori e volontari della Cri si sono subito trovati di fronte a persone molto sofferenti. Non è facile, in questi casi, dire se si tratti di sofferenza fisica, della grande stanchezza patita o di altro. Ma, tra tutti, è spiccato lui – racconta Valastro – È giovane, l’unico con lo sguardo vivo, da subito centrato, vigile, orientato, quello che ha dato l’impressione di essere il più forte tra tutti, quello che stava meglio. Nelle ore successive all’arrivo all’hotspot, è stato quello che più si è prodigato per i suoi compagni di viaggio, quello che li aiutava a tornare nella stanza, quello che, in brevissimi momenti e sorridendo, ha ci più volte ringraziati per quello che stavamo facendo. Ecco, se ci fossimo fermati a questa apparenza, avremmo davvero pensato che tra tutti, lui era la persona che aveva sofferto di meno. Non era affatto così”.
“I nostri operatori hanno notato che in alcuni momenti tendeva ad isolarsi e il suo sguardo non era più vivo ma quasi fisso nel vuoto. Solo in un secondo momento abbiamo capito che anche lui aveva perso in questo naufragio parte della sua famiglia, che era rimasto aggrappato per giorni a quella barca, in mezzo al mare, con le onde che, a mano a mano, si portavano via i suoi compagni, che ha tentato di riprenderne alcuni ma non ci è riuscito, che faceva difficoltà a prendere sonno. Eppure, e questa è la cosa che più ci ha stupiti di lui, questi attimi di abbattimento non hanno mai fermato la sua grande speranza per il futuro, il suo senso di gratitudine per noi tutti, la voglia di fare progetti per il suo avvenire. Forse – conclude Valastro – , è stato proprio quel guardare sempre avanti che gli ha consentito di sopravvivere, anche quando vedeva, piano piano, che il mare ‘nascondeva’ i suoi compagni di viaggio”.
Superstite del naufragio: “così ho visto morire i miei compagni”
“Sono rimasto aggrappato tre giorni a quella barca, in mezzo al mare con le onde che, a mano a mano, si portavano via i miei compagni di viaggio, ho tentato di riprenderne alcuni ma non ci sono riuscito. Li ho visti affogare, uno dopo l’altro, davanti ai miei occhi”. E’ il drammatico racconto di uno dei superstiti dell’ultimo naufragio avvenuto la settimana scorsa nel Mediterraneo. Un giovane siriano che, insieme ad altri sei connazionali, è stato salvato al largo di Lampedusa da una motovedetta della Guardia Costiera.
Una tragedia costata la vita a 21 profughi, ufficialmente “dispersi”, tra cui tre bambini. Dopo essere stato trasferito nell’hotspot di Lampedusa, il giovane per giorni non è riuscito a dormire. “Sono grato a chi mi ha soccorso, la mia speranza per il futuro non si è mai fermata. Ma l’immagine dei miei compagni scomparsi in mare continua a perseguitarmi” ha raccontato agli operatori della Croce Rossa che gestiscono la struttura di accoglienza.