Reggina, Saladini: “sono preoccupato dopo la cessione, il fondo mi aveva dato garanzie”

Nuova intervista di Felice Saladini a Gazzetta del Sud dopo l'ufficialità del passo indietro di Manuele Ilari sull'acquisto della Reggina

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Lo abbiamo già accennato ieri, lo ribadiamo. Ora Felice Saladini parla a tutto e a tutti. Gli è tornata la voglia. Per mesi è scomparso, ora cerca spazi ovunque. Misteri. Ha detto qualcosa ieri alla Gazzetta del Sud, dopo il discusso intervento a Sportitalia e dopo il passo indietro di Ilari. Oggi, il giorno dopo, sempre a Gazzetta del Sud, concede un’intervista più approfondita alla luce dell’ufficialità dell’imprenditore romano, che ha definitivamente rinunciato alla Reggina.

Sono preoccupato per come stanno andando le cose dopo la cessione, i presupposti erano completamente diversi. Ho ceduto il club a un fondo che mi aveva dato ampie garanzie di impegno e di risorse concrete. Da quel momento il mio ruolo si è concluso. Bisogna rimanere uniti per giocare la partita del 29 agosto. Tutte le forze istituzionali, politiche, imprenditoriali e professionali di Reggio devono spendersi per questo. La Reggina non è solo calcio”, ha detto Saladini. Abbiamo scoperto che anche Saladini sa che la Reggina non è solo calcio. Peccato che in queste ultime settimane non pensasse la stessa cosa, considerando il suo comportamento. Il dubbio sul fondo, poi, resta. Nell’atto notarile non c’è alcuna traccia, né di Quaranta e Guild Capital, né di “fondi di 20 milioni di euro”, né di inglesi e né di nient’altro.

Poi il lametino risponde al perché non abbia pagato i 750 mila euro in tempo nonostante i consigli da più parti a farlo prima. Lui “filosofeggia”, rimanendo nella solita linea. “Vorrei porre due punti cardine di questa storia: il primo è che quando c’è la sentenza di un tribunale si dà per certo che costituisca il riferimento giuridico di qualsiasi atto successivo. Che ci si debba interrogare se la sentenza valga o no è un fatto, diciamo così, originale. Il secondo punto è che si parla di milioni di euro come fossero valori astratti. Per quella scadenza abbiamo pagato quasi 5 milioni e mezzo di euro. Non sono soldi virtuali”.

Saladini è tornato a parlare, dicevamo. In pochi giorni, già tre interviste, dopo il silenzio assoluto di settimane. Perché? “Ho avviato le trattative per finalizzare la vendita della società. Serviva riservatezza, qualsiasi commento o intervento poteva pregiudicare questa fase che era essenziale per dare un futuro al club. Poi, dal 5 luglio non avevo più alcun titolo”, risponde. Tornasse indietro, rifarebbe quella conferenza in pompa magna del 12 giugno in cui annunciava l’ottenimento dell’omologa del piano di ristrutturazione, perché “è stato un passaggio importantissimo per la società e per tutto il calcio professionistico”.

A Sportitalia Saladini ha detto di aver investito 15 milioni. Perché, però, gli chiedono, il debito è aumentato? “Tra settembre e novembre subivano azioni giudiziarie di creditori che non conoscevamo, anche di gestioni di anni precedenti. Avevamo due strade: far fallire la società per la mole debitoria che continuava a salire o ricorrere ad uno strumento di ristrutturazione del debito messo a disposizione dalla legge italiana”.

E i rapporti con i vertici sportivi? “Le interlocuzioni con le istituzioni sportive sono state continue. Ne è testimone il costante ed egregio lavoro del presidente Marcello Cardona, sia con la Federazione sia con la Lega. Nessuno, né tantomeno io, poteva pensare che seguendo una legge dello Stato si potesse mettere a rischio l’iscrizione”.

Poi l’imprenditore lametino torna a parlare dei dipendenti del Sant’Agata non pagati, ricadendo nelle bugie. “Fin quando la società era da noi amministrata, tutte le spettanze sono state pagate secondo le loro scadenze. La Reggina è stata poi ceduta dal 5 luglio con un accordo preliminare che si è poi concluso il 20 luglio”. Falso, perché i dipendenti non federali aspettano i pagamenti da marzo, quando lui era ancora pienamente in carica.

“Era evidente la necessità di un nuovo assetto societario, soprattutto per le scelte della giustizia sportiva che è sembrata voler punire le nostre legittime scelte imprenditoriali – aggiunge Saladini quando gli chiedono perché non ha ceduto dopo la certezza dell’iscrizione – Per il bene della Reggina e la sua continuità, mio malgrado, ho dovuto prendere atto di quello che stava accadendo, lasciando il club. Ho vissuto emozioni straordinarie in questo anno e comprendo la delusione dei tifosi”.

Saladini ribadisce la volontà di andare fino alla Corte Europea, ma per la Reggina i giochi sarebbero ormai chiusi. Ci andrebbe per “far valere le nostre ragioni e dimostrare che abbiamo operato rispettando la legge. Ecco a cosa servirebbe, a mettere in chiaro che le regole sono state rigorosamente rispettate come dico da mesi, ma spero davvero che non dovremo arrivare fin li”.

Infine, gli chiedono se c’è qualcosa che non rifarebbe: “A giugno dell’anno scorso nessuno si è fatto avanti per salvare il club. Ho trovato risorse, preparandomi a rinunce personali, per salvare la società. Mi sono però reso conto che serve una cultura specifica per fare l’imprenditore in un settore che ha regole particolari. A malincuore e da appassionato ho capito che, forse, il mondo del calcio non fa per me”.

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