E’ stato inaugurato ieri, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il nuovo molo trapezoidale che ha trasformato il porto di Palermo in un grande parco verde. Un marina yachting con 13 accosti per panfili e ristoranti, botteghe tra cibo e moda, un supermercato, un laghetto artificiale e persino un auditorium e un anfiteatro. Questo e il nuovo Molo trapezoidale di Palermo che restituirà alla città un affaccio sul mare che darà continuità alla passeggiata sulla Cala, da Sant’Erasmo alla zona archeologica del Castello a Mare.
Sebastiano Provenzano è l’architetto dello studio che dal 2020 ha ricevuto l’incarico di disegnare gli edifici e gli spazi pubblici del nuovo molo. “Il tema della riqualificazione del porto – afferma Provenzano – mi vede coinvolto già da molti anni. Nasce con l’allora presidente dell’Autorità portale Bevilacqua nel 2005. È stato un processo lungo, perché dalla redazione del piano portuale abbiamo cercato di capire che interventi fossero possibili. Certo, ci sono voluti venti anni, forse troppi per i cittadini. Ma ne erano passati circa 80 di anni prima senza che nessuno pensasse a riqualificare la costa. Siamo un modello. I crocieristi entreranno direttamente nel terminal trovando a loro disposizione, a piedi, un percorso importante che li porterà dal mare agli assi stradali del centro storico”, evidenza Provenzano.
“Perché non è stato fatto prima? Siamo vittime di una grave amnesia. Abbiamo sottovalutato lo shock dei bombardamenti del 1943 ed è quello il punto di rottura tra la città ed il suo mare sottostimato. Si è preferito costruire rapidamente altrove, dimenticando questa risorsa identitaria. La quinta città d’Italia non può non avere una spiaggia lunga trenta chilometri e lasciare che Mondello sia l’unica opportunità. Se vediamo la mole di turisti che si aggirano in coso Vittorio Emanuele, comprendiamo che la città è diventata come Roma o Firenze. È necessario però smettere di fare paragoni, anche se la nostra identità è un po’ sgangherata. Abbiamo la fissazione che ci fa vedere una nuvola in un cavallo. Sembra Barcellona, sembra Tunisi. Insomma, è Palermo e basta. Basta con questa ossessione di essere altro. Forse finalmente ci siamo ricordati chi eravamo”, conclude Provenzano.