La Caltagirone-Gela chiusa dal 2011, via ai lavori: c’è ancora tanto da fare per le ferrovie siciliane

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Per la rete ferroviaria siciliana manca un adeguato Piano di riqualificazione e ricostruzione

Finalmente una buona notizia per la rete ferroviaria siciliana: proprio oggi, in contrada Noce nei pressi di Niscemi, sono iniziati i lavori per la ricostruzione del ponte ferroviario crollato l’8 maggio 2011, interrompendo da allora l’intera tratta Caltagirone-Gela. L’ultimazione è prevista entro l’anno prossimo. E’ una buona notizia, senza dubbio, ma per quelle che sono le condizioni della rete ferroviaria in Sicilia appare come una goccia nel mare. Basti pensare che l’intervento di cui sopra servirà a rimetterà in sesto il viadotto crollato ma non l’intera linea: dopo il crollo, infatti, il successivo monitoraggio ha fatto emergere criticità anche in altri viadotti, per i quali è attualmente in corso la progettazione degli interventi di ripristino, che non si prevedono di lieve entità.

Peraltro, la linea è la naturale prosecuzione della Lentini diramazione-Caltagirone, attualmente chiusa al traffico per… lavori. Insieme a questa linea, attualmente, e fino al 12 settembre prossimo, rimangono chiuse al traffico, sempre per lavori, anche la Bicocca-Caltanissetta Centrale e la Cinisi-Terrasini-Castelvetrano. Si tratta di tratte inserite rispettivamente negli itinerari Palermo-Catania e Palermo-Trapani, quindi di primaria importanza per l’isola. A completare l’opera, ci pensano i lavori in corso lungo la galleria Lercara della Palermo-Agrigento, chiusa in molti dei fine settimana estivi. E, considerato che il servizio sostitutivo è effettuato con trasbordo su pullman, il disagio per i viaggiatori, molto dei quali turisti, non deve essere di poco conto.

A queste chiusure estive cominciamo, purtroppo, a farci l’abitudine: avvengono regolarmente da alcuni anni, su queste o altre tratte ferroviarie, per lavori che, evidentemente, sempre e comunque comportano la chiusura delle linee per mesi. Se l’intento è quello di riqualificare la rete ferroviaria siciliana, possiamo ben tollerare qualche disagio, anche se, in altre situazioni, gli stessi lavori si compiono con disagi molto inferiori, e spesso a linee in esercizio: avviene ad esempio quasi sempre per i lavori di raddoppio, come quelli che interessano attualmente la Bicocca-Catenanuova, e che già per ben tre volte negli ultimi quattro anni sono stati alla base di altrettante chiusure estive.

In realtà, i lavori che si realizzano sotto il nome di “adeguamento” o “velocizzazione” riguardano spesso opere di manutenzione straordinaria per ammaloramento delle strutture o delle opere d’arte che compongono la ferrovia: si pensi a quanto avvenne, tre anni or sono, sulla Messina-Palermo, quando la solita chiusura estiva riguardò il ripristino del rivestimento di una galleria piuttosto lunga, quella di Capo Calavà: un’opera realizzata negli anni ’90 dell’Ottocento. Allo stesso modo, l’anno scorso, si chiuse la tratta Augusta-Bicocca (linea Catania-Siracusa) per intervenire alla impermeabilizzazione di un ponte, il Castelluccio, persino più anziano (costruito intorno al 1870) della galleria di cui sopra. I lavori che attualmente interessano la Cinisi-Castelvetrano riguardano alcune vecchie gallerie “riqualificare” lungo il tracciato.

La domanda, da tecnico, nasce spontanea: ma perché mai ci si ostina a “metter le pezze” su opere che vantano 150 anni e più di esercizio, e non le si manda degnamente in pensione, per sostituirle con opere nuove? Succede spesso, e persino per opere molto più recenti: basti pensare alle gallerie della A2 tra Villa S. Giovanni e Gioia Tauro, realizzate negli anni ’60 e chiuse, con la realizzazione del nuovo tracciato, nel primo decennio del secolo in corso. O ai ponti della SS640 Caltanissetta-Agrigento, demoliti dopo neanche 50 anni di vita. Nel caso delle vecchie opere ferroviarie, grazie solo alla maestria di chi le realizzò a fine ‘800, ci si può permettere ancora il lusso di tenerle in esercizio, ma nulla è eterno: questo “accanimento terapeutico”di RFI non può essere prolungato all’infinito, a danno dei viaggiatori e, quasi sempre, in piena estate.

La situazione è complicata dal fatto che degli oltre 1300 km di ferrovie siciliane, ben pochi risalgono ed epoche successive a quella post-unitaria: quel “periodo d’oro” ferroviario che va dal 1863 (prima ferrovia siciliana, da Palermo a Bagheria) al 1900. Ferrovie quasi sempre realizzate per il traffico merci e non a torto definite “borboniche”, dato che la loro progettazione fu condotta per la maggior parte dal Regno delle Due Sicilie. Se si fa eccezione per i pochi raddoppi ferroviari e le rarissime rettifiche di tracciato della seconda metà del ‘900, le loro condizioni, che sono ancora quelle ottocentesche, risultano incompatibili con un moderno esercizio ferroviario: lo dimostra, se non altro, la breve storia del Frecciabianca, costretto a “correre” per la maggior parte del tracciato sotto i 90 km/h, quando il materiale rotabile di cui era composto poteva raggiungere i 160 (qualcuno, in preda all’entusiasmo, dichiarò “200 km/h”…).

In poche parole, senza un radicale rifacimento dell’intera rete ferroviaria, opportunamente pianificato in un periodo ragionevole, in Sicilia non vedremo mai servizi ferroviari adeguati agli standard del XXI secolo. Intendiamo, ovviamente, tutta l’isola e non solo quella servita dall’asse Messina-Catania-Palermo, in fase di raddoppio, definita a torto “linea ad Alta Velocità” dato che le sue velocità massime saranno comprese tra i 135 ed i 200 km/h (in pochissime tratte). E le altre linee ferroviarie, fra cui la Palermo-Messina, fondamentale per il capoluogo di regione e tutta la fascia costiera settentrionale, sulla quale si prevede il mantenimento del binario unico per 90 km circa? Lo stesso PNRR, che doveva portarci verso il riequilibrio territoriale nord-sud, non prevede nulla, se non qualche adeguamento al sistema di controllo della marcia dei treni: niente rettifiche di tracciato, nessuna riqualificazione strutturale ed opere d’arte del 1800 ancora al loro posto. Per chissà quanti decenni ancora.

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