Ceccato 98 – Sale fino

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ceccato 98di Enzo Cuzzola –  In quegli anni la bottega era una sorta di emporio, si passava dagli alimentari ai mangimi per gli animali, dalle mercerie ai detersivi. Oltre alla ditta Tripodi di piazza Carmine, per gli alimentari, ai pastifici Canale e Spatolisano, per la pasta, al forno della Cooperativa, per il pane, alla ditta Battaglia di via XXI agosto, per i mangimi, ecc., papà si serviva dall’ingrosso di merceria Piccolo di Messina. Due volte l’anno, al cambio di stagione, andava a Messina per approvvigionarsi di mercerie. Quell’anno decise di portarci anche me. Non mi dispiacque, almeno non ci sarei andato sempre e solo per le visite specialistiche.

Partimmo in tre, papà, mamma ed io. Lasciammo l’ape in prossimità del porto, prima di imbarcarci sulla Secondo Aspromonte. Malgrado fosse ancora mattina, sul ponte del traghetto si sentiva un forte odore di cibo, proveniva dalle cucine, che preparavano il pranzo per l’equipaggio. Quell’odore metteva su una leggera nausea, accentuata forse dal rollio della nave in quel giorno di mare lungo. Ricordando il motto di zio prete, che la nausea va via mangiando, chiesi ed ottenni il famoso arancino della Provveditoria Garibaldi. Superfluo ricordare la squisitezza.

La merceria Piccolo era dislocata su dei piani di un palazzotto posto sul viale San Martino, il corso di Messina. Era più che fornita. Dopo aver fatto le scorte per la bottega, papà e mamma comprarono dei tagli di stoffa estiva per le mie sorelle, Paolina e Marisa. Si era fatta ora di pranzo, quando uscimmo dal negozio. Incamminandoci verso il porto, comprammo in un forno delle “zuccherate”, i biscotti più buoni del mondo. Quello fu il nostro pasto. In prossimità del porto un variopinto carretto siciliano vendeva del “sale fino”. Ne comprammo due pacchi. L’omino suggerì a papà di travisarlo nei cartoni della merceria. Papà non ubbidì.

Solo a bordo del traghetto, sulla via del ritorno, compresi il motivo per cui il venditore aveva suggerito di travisare il sale fino. Era proibito portarlo in Continente, perché in Sicilia si vendeva senza dazio, mentre nel resto di Italia, scontava detta imposizione. Infatti due finanzieri si aggiravano per la nave chiedendo ad ogni passeggero di aprire i bagagli per controllare se vi fosse del sale, che avrebbero puntualmente sequestrato. Arrivati da noi chiesero se avessimo del sale. Papà rispose di sì, due pacchi. L’appuntato chiese quanti fossimo in famiglia ed alla risposta otto (con zio prete) raccomandò di non mangiare salato, che fa male, e andò via col collega.

Papà mi spiegò dopo, che il non aver tentato di nasconderlo, unitamente al fatto che erano solo due pacchi, contrariamente alla gente che, contrabbandando di mestiere, ne trasportava, travisandolo, decine di chili, aveva indotto i finanzieri a non sequestracelo. Zio prete, più tardi a casa, disse che quei servitori dello Stato avevano saputo applicare giustizia, infatti avevano deciso secondo equità, perché, disse, gli uomini di Legge, sono i primi giudici sulla strada. Dal canto mio pensai che, forse, molto più semplicemente erano dei padri, di famiglie numerose, anche loro e sapevano cosa voleva dire, per ogni famiglia, tirare avanti.

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