Da Reggio a Roma: se lo scioglimento del Comune è politico e non per mafia

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Fanno discutere le dichiarazioni rese ieri da Renzi negli studi di Porta a Porta: il Consiglio dei Ministri boccerà lo scioglimento del Campidoglio

Matteo Renzi - Foto LaPresse
Matteo Renzi – Foto LaPresse

Se i processi fossero celebrati negli studi televisivi, il Campidoglio sarebbe stato sciolto per mafia da un pezzo. L’insistenza con cui i mass-media propinano ogni indiscrezione sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nella Capitale è esasperante. Il garantismo va a farsi benedire, le intercettazioni telefoniche vengono trasmesse, riprese o addirittura recitate nei talk-show, laddove tribuni incravattati emettono sentenze con la stessa facilità con cui, sotto l’ombrellone, potrebbero parlare di calciomercato. Ma tant’è.

Campidoglio - Foto LaPresse
Campidoglio – Foto LaPresse

Per fortuna l’ordinamento stabilisce che la Giustizia va ricercata nelle sedi opportune, con l’ausilio di magistrati e legali, senza strumentalizzazioni di sorta. Parallelamente, però, nell’agone pubblico si discutono gli aspetti politici legati alla vicenda: è opportuno chiedere a Marino un passo indietro? Il dettato normativo impone la liquidazione dell’attuale consesso civico capitolino? Ci sono, insomma, gli estremi per collezionare una figuraccia internazionale, affiancando il termine “Roma” alla rivoltante espressione “Cosa nostra“?

Su queste colonne, in passato, abbiamo espresso tutti i nostri dubbi. Se manca l’affiliazione, delle due l’una: o siamo di fronte ad un processo che consentirà di riscrivere la giurisprudenza in materia, o siamo di fronte ad un abbaglio che pagheremo caro e salato. Vedremo.

Ciò che colpisce di più, in questa mesta vicenda, è l’assoluta discrezionalità adoperata dall’Esecutivo. L’accusa di mafia, oltre ad essere umiliante, rappresenta un colpo di frusta per un’intera comunità, segnata nella propria dignità ed esposta al pubblico ludibrio come realtà collusa. Ragion vuole, pertanto, che prima di sciogliere qualunque Comune per infiltrazioni mafiose, le autorità politiche abbiano piena contezza del serio quadro indiziario, per poi operare di conseguenza.

Matteo Renzi - Foto LaPresse
Matteo Renzi – Foto LaPresse

Le dichiarazioni rese ieri sera da Matteo Renzi a Bruno Vespa rappresentano, in tal senso, un manifesto di strabismo politico. Intervenendo negli studi di Porta a Porta, il capo del Governo ha tuonato: “A Roma non esiste l’ipotesi del commissariamento per mafia perché è una decisione che tocca al Consiglio dei Ministri e che noi non prenderemo perché non ci sono gli estremi. Vedremo le carte, ma dal nostro punto di vista non ci sono gli estremi“. Questo sulla scorta di valutazioni contingenti, “trattandosi di decisione politica“. Ora, se le carte non sono ancora passate da Palazzo Chigi ed il primo ministro si muove come noi fra i dispacci e le agenzie che si susseguono quotidianamente, come può escludere a priori che non vi siano elementi tali da ritenere lo scioglimento l’unica opzione percorribile?

Un’obiezione, questa, che matura anche sulla scorta dell’esperienza reggina. Certo, colpire l’immagine di Roma vuol dire insozzare l’estetica del tricolore stesso, ma in un’ottica di equità possono sussistere certe disparità di trattamento autorizzate dall’alto?

Demetrio Arena
Demetrio Arena

Un’osservazione che in molti devono aver fatto ieri, se è vero che Demetrio Arena – già sindaco di Reggio Calabria – ha stigmatizzato l’atteggiamento del Presidente del Consiglio: evidenziando come sia saltato lo Stato di diritto, questi ha additato l’opportunità di sciogliere i Comuni in base a valutazioni politiche, a dispetto delle leggi dello Stato e configurando un disegno “di chiaro stampo autoritario“. “Personalmente confermo il convincimento, ripetutamente espresso, che lo scioglimento del Comune di Roma sia da scongiurare in quanto costituirebbe un gravissimo danno per tutta la nazione. Ma ciò – conclude Arena – deve avvenire attraverso l’abrogazione di una legge che, da decenni, magistrati, Prefetti e alte cariche istituzionali ritengono inefficace“.

Un giudizio di valore su cui il Consiglio dei Ministri, almeno incidentalmente, potrebbe riflettere.

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