“Reggio Calabria è una città senza pace, ribelliamoci”: la lettera di una giovane ragazza a StrettoWeb

StrettoWeb

Una giovane ragazza scrive a StrettoWeb: “Vivere a Reggio Calabria è sopravvivere con terrore e ansia, in ogni momento. Ribelliamoci per avere ordine e la nostra libertà. La nostra pace”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata da una giovane reggina da un anno non più residente a Reggio Calabria, ma che continua a sognare per la sua città pace e ordine sociale:

“Salve a tutti.
Sono Antonella e ho 20 anni, provengo da una frazione di Reggio Calabria Nord. Sono andata via un anno fa da questa terra, dalla mia terra, per cercare futuro altrove. Sono andata via a malincuore, ma allo stesso tempo felice. Felice perché ero stanca di non vivere in pace. Mi spiego meglio. Per pace intendo la “pace sociale”, quella che a Salice e a Catona manca. Non c’è più sicurezza, non c’è ordine,non c’è più nulla. C’è solo tanta paura di vivere in pace, tanta paura di uscire un attimo da casa che appena rientri la ritrovi non proprio come l’avevi lasciata. La ritrovi a brandelli, la ritrovi sotto sopra, la ritrovi non più tua, perché qualcuno ti ha seguito, è entrato e ha deciso che casa tua sarebbe stata la preda del giorno. Qualcuno è entrato nella tua privacy e l’ha annullata in un secondo ed è andato via. É andato via portando con sé tutto ciò che c’era di tuo. Ricordi, fatiche, giorni spesi per mettere qualcosa da parte per vivere, per divertirsi, per farsi un viaggio, o anche per pagare una medicina. Ecco il lavoro “sincero”di queste persone, se così meritano di essere definite.
Insomma, questi uomini vanno via lasciando dentro casa tua il terrore, assieme ad un mix di alcool e non so cosa.
E a mio parere, è la cosa più sgradevole che ci possa essere. La violazione della propria libertà. Proprio oggi mi arriva una chiamata da giù. Da Casa mia. Rispondo, sono i miei genitori. Mi dicono di non preoccuparmi, anche se è successa una cosa poco gradita. Mia nonna mentre parcheggiava la sua macchina nel garage di casa nostra, un uomo incappucciato, ha ben pensato di entrare fin dentro il nostro spazio e di rubare la borsa a mia nonna. Così, senza permesso, come se fosse la cosa più banale e normale al mondo. Erano già entrati in casa qualche anno fa. Avevano già rubato in giro la borsa a mia madre procurando gravi danni all’automobile. Hanno fin troppe volte violato la libertà della mia famiglia mettendo paura e terrore. E sicuramente anche a tante altre famiglie. La prima domanda che viene spontanea è: “Ma perché non è stata più attenta? Perché non ha aspettato che il cancello si chiudesse del tutto?” La domanda non è questa. E non c’è nemmeno una risposta. La domanda dovrebbe essere: “Perché mia nonna avrebbe dovuto aspettare che il cancello si chiudesse del tutto? Per quale motivo? Per quale scopo?”
Perché una persona non può lasciare la sua borsa sul sedile affianco?
Ormai è diventato tutto così strano che la gente che viene derubata si sente quasi sbagliata e in colpa con sé stessa per non essere stata più attenta.
Ma attenta a cosa?
A qualcuno che in un secondo fa rischiare la vita di qualcun altro per paura? Non deve esistere tutto ciò, non si può più vivere così, perché questo non è vivere.
È sopravvivere con terrore e ansia, in ogni momento. Ribelliamoci per avere ordine e la nostra libertà. La nostra pace.
Antonella
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