Storica operazione anti mafia a Palermo: 62 arresti, tutti i NOMI. Tra vecchi padrini e nuovi rampolli, ecco le gerarchie dei clan

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Maxi operazione anti mafia stamattina a Palermo e provincia: 62 arrestati, ecco tutti i nomi

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I  Carabinieri del Ros e del Gruppo Monreale, coordinati dalla Dda del capoluogo siciliano stamattina hanno dato esecuzione alle ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Palermo su richiesta della locale Procura Distrettuale, nei confronti di 62 persone accusate, a vario titolo di associazione mafiosa nonché dei delitti di estorsione, danneggiamento, ricettazione, favoreggiamento e reati in materia di armi aggravati dal metodo mafioso. L’operazione è frutto di due distinte manovre investigative sviluppate dal Ros e dal Gruppo Carabinieri di Monreale in direzione dei mandamenti di Villagrazia-Santa Maria di Gesù e San Giuseppe Jato “che hanno avuto significative tangenze in occasione delle dinamiche inerenti la riorganizzazione di quest’ultima struttura e della dipendente famiglia di Altofonte“. Le attività hanno consentito di avere cognizione degli assetti di vertice delle “due articolazioni di Cosa Nostra nonché delle interessanti interlocuzioni con gli esponenti apicali dei mandamenti limitrofi“, dicono ancora gli inquirenti. Sono stati, inoltre, “documentati numerosi reati fine espressione della capacità di intimidazione e controllo del territorio delle compagini mafiose oggetto di indagine“.

Tutti i nomi degli arrestati

palermo arrestiCustodia cautelare in carcere. Gregorio Agrigento, Antonino Alamia, Ignazio Bruno, Onofrio Buzzetta, Pietro Canestro, Giovanbattista Ciulla, Giuseppe D’Anna, Sergio Denaro Di Liberto, Giovanni Di Lorenzo, Andrea Di Matteo, Antonino Giorlando, Giuseppe Giorlando, Giovanni Battista Inchiappa, Umberto La Barbera, Giovanni Battista Licari, Tommaso Licari, Domenico Lo Biondo, Andrea Marfia, Pietro Mulè, Tommaso Pipitone, Nicola Rinicella, Giuseppe Riolo, Giuseppe Serbino, Girolamo Spina, Giuseppe Tartarone Buscemi, Salvatore Terrasi, Girolamo Vassallo, Antonino Adelfio, Filippo Adelfio, Antonino Capizzi, Benedetto Capizzi, Pietro Capizzi, Salvatore Maria Capizzi, Antonio Carletto, Pietro Di Blasi, Stefano Di Blasi, Fabrizio Di Costanzo, Francesco Di Marco, Gaetano Di Marco, Fabrizio Gambino, Alfredo Giordano, Giuseppe Greco, Antonino Macaluso, Mario Marchese, Giovanni Messina, Antonino Pipitone, Santi Pullarà, Gregorio Ribaudo, Mario Taormina, Giovanni Tusa.

Ai domiciliari. Vincenzo Adelfio, Salvatore Di Blasi, Gaspare La Mantia, Girolamo Mondino, Nicolò Salerno, Ettore Raccuglia, Giuseppe Corsale, Vincenzo Ferrara, Marco La Vardera, Sebastiano Andrea Marchese, Saverio Zinna.

I vecchi padrini: in manette Mariano Marchese (77 anni) e Gregorio Agrigento (81 anni), vicini a Totò Riina

Totò Riina
Totò Riina

Nonostante l’età avanzata, secondo gli investigatori, erano due anziani a comandare i clan mafiosi di Villagrazia e San Giuseppe Jato. In carcere anche Mariano Marchese, 77 anni, e Gregorio Agrigento, 81 anni, ritenuti dagli inquirenti fin dagli anni Ottanta vicini al boss mafioso Totò Riina. I due anziani avevano già scontato le loro pene per condanne definitive, ma secondo gli inquirenti, sarebbero stati loro a capo dei due mandamento mafiosi. Mario Marchese, detto ‘zu Mariano’, sarebbe, secondo gli inquirenti, a capo del clan di Villagrazia-Santa Maria di Gesù, mentre Gregorio Agrigento, sarebbe alla guida del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato. Sarebbero stati loro, secondo il Ros dei Carabinieri e il Gruppo Carabinieri di Monreale, a reggere le fila di Cosa nostra nelle due zone. Sono accusati di avere diretto un ‘esercito’ di una cinquantina di persone che si sarebbero occupate di estorsioni e danneggiamenti nella zona. I vecchi padrini mafiosi “usano il loro ‘pedigree’ per reggere i mandamenti e comandare le nuove leve,” ha spiegato il Comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo, colonnello Giuseppe De Riggi. “Entrambi sono vecchie conoscenze – spiega De Riggi all’Adnkronos – il nome di Marchese era già emerso durante il maxiprocesso mentre quello di Agrigento nell’operazione ‘Perseo’ del 2008“. “Cosa nostra resta ancorata a una organizzazione sul modello passato, i giovani trovano riferimento nei più anziani. E i vecchi padrini comandano sulle nuove leve“.

Il nuovo organigramma della famiglia di Villagrazia

PalermoI carabinieri, grazie all’operazione antimafia che ha portato all’arresto di 62 persone a Palermo ed in provincia, hanno ricostruito l’organigramma della famiglia di Villagrazia. Infatti, l’indagine condotta dal Ros, denominata “Brasca” come l’area rurale posta alle pendici del monte Grifone, ha interessato inizialmente la famiglia di Villagrazia per poi estendersi anche a quella di Santa Maria di Gesu’, registrando inoltre rilevanti interlocuzioni con esponenti apicali dei mandamenti di Corleone, Pagliarelli, San Giuseppe Jato nonche’ delle famiglie di Altofonte, Monreale, Piana degli Albanesi e Belmonte Mezzagno. L’attivita’ investigativa, avviata sin dal novembre 2012 a seguito dell’indagine denominata “Nuovo Mandamento” che aveva fotografato la ricostruzione territoriale di Cosa Nostra nell’area occidentale della provincia di Palermo, ha documentato il ruolo di Mario Marchese, detto Mariano, quale vertice del mandamento di Villagrazia – Santa Maria di Gesu’ e della famiglia di Villagrazia. Questi, storico uomo d’onore e da sempre legatissimo al boss Benedetto Capizzi, si sarebbe avvalso prevalentemente di Antonino Pipitone, anche lui affiliato dalla lunga militanza, e Vincenzo Adelfio, incensurato ma esponente dell’omonimo e noto gruppo familiare, cui sarebbero stato rispettivamente demandati il coordinamento operativo della famiglia di Villagrazia, con le connesse problematiche interne al mandamento, ed il controllo del territorio. E’ stato inoltre ricostruito l’organigramma della famiglia di Villagrazia con l’individuazione degli appartenenti, taluni dei quali mai emersi in attivita’ investigative pur essendo affiliati da lungo tempo, o degli avvicinati: Antonio Adelfio, Filippo Adelfio, il detenuto Benedetto Capizzi (gia’ condannato per associazione mafiosa), Antonino Capizzi (gia’ condannato per associazione mafiosa), Pietro Capizzi, Salvatore Maria Capizzi, Salvatore Di Blasi, Pietro Di Blasi, Fabrizio Gambino, Giovanni Messina, Gregorio Ribaudo e Giovanni Tusa.

Le intercettazioni

INTERCETTAZIONILe acquisizioni investigative hanno consentito ai carabinieri di avere cognizione del ferreo ed ortodosso rispetto delle regole di Cosa Nostra da parte degli esponenti della famiglia di Villagrazia, secondo il paradigma evidenziato dai primi collaboratori di giustizia (in particolare Tommaso Buscetta e Totuccio Contorno) ed enucleato negli atti dello storico maxi processo. In particolare, e’ stata accertata la rigida osservanza del divieto di rivelare l’appartenenza all’organizzazione o di affrontare argomenti ad essa inerenti con soggetti che, pur in rappresentanza di altri mandamenti, non erano stati introdotti secondo modalita’ e canali appropriati; la mancanza di riservatezza nella gestione delle informazioni e comunicazioni da parte di membri di altri mandamenti e’ stata fortemente stigmatizzata da alcuni degli indagati per le possibili conseguenze giudiziarie (Vossia e’ lo zio Mariano?… si… con chi ho il piacere di parlare… ci manda … lo zio Gregorio… abbiamo il mandamento nelle mani noi altri…. fermati la’… non lo voglio sapere); l’attuale vigenza della presentazione rituale sia sotto il profilo della necessaria presenza di un terzo che possa garantire la qualita’ di uomo d’onore degli interventuti, sia del mai abrogato uso della formula “questo e’ la stessa cosa” per introdurre un altro affiliato; lo scopo e’ di evitare che nei contatti fra soggetti combinati si possano inserire estranei, apprendendo notizie la cui conoscenza e’ riservata ai soli uomini d’onore (… mi ha detto che era “la stissa cuosa”); il dovere di sostegno imprescindibile sia nei confronti dei reclusi della propria famiglia e, talvolta per motivi di opportunita’ e legami peculiari, anche verso i membri di altre articolazioni mafiose; il supporto economico e’ ovviamente assicurato mediante il ricorso ad attivita’ illegali e si intensifica soprattutto in occasione delle festivita’ ovvero a seguito di particolari condizioni (esempio una infermita’ come nel caso di Benedetto Capizzi, gia’ capo commissione in pectore ai tempi del tentativo di ricostituzione dell’organismo collegiale di vertice nel 2008) (… e perche’ c’e’ qualche carceratieddu ed e’ giusto che uno ci deve pensare…). Inoltre, l’assoluto divieto di ricorso alla giustizia statuale, sostituita da una sorta di autotutela mafiosa da attuare attraverso l’interessamento degli altri referenti mafiosi; il rispetto dell’obbligo di protezione dei ricercati, documentato nelle prime fasi successive all’omicidio di Giovanni Battista Tusa, gia’ indicato come uomo d’onore, ucciso il 19 marzo 2013 dal cognato Vincenzo Gambino, poi invitato a consegnarsi per evitare la presenza di organismi investigativi sul territorio di riferimento.

carabinieriMa anche il permanere dei requisiti morali richiesti ai candidati all’ingresso in Cosa Nostra, gia’ sintetizzato nell'”assoluta mancanza di vincoli di parentela con “sbirri””; in tal senso e’ stata stigmatizzata la scelta del capo del mandamento di San Giuseppe Jato di aver appoggiato in posizione di rilievo della famiglia di Altofonte la nomina di un esponente che, benche’ cognato dell’ex latitante Domenico Raccuglia, e’ Sottufficiale dell’Esercito; il medesimo netto rifiuto era manifestato anche nei confronti di soggetti legati con congiunti di magistrati (… la’ nel portone gli abbiamo fatto la croce! ha fatto a sua figlia fidanzata con… un magistrato ma prima ci si teneva a tutte queste cose… minchia ora si sposano con gli sbirri!… Con i carabinieri…). Altra dote indispensabile per i futuri affiliati e’ la totale dedizione all’organizzazione che prevale sempre anche sulle esigenze della famiglia di sangue (lasciavo la qualsiasi cosa… tutto…pure a mia moglie al momento che partoriva lasciavo io!). Un aspetto sconosciuto attestato dalle attivita’ e’ rappresentato invece dalla consuetudine che le spese funebri in occasione della morte degli affiliati siano sostenute dall’organizzazione (Zu Vice’ mi dica una cosa…so … che quando muore uno un amico nostro… che… e’ cosi… gli fate il …il funerale); se tale pratica poteva essere intuita, soprattutto per gli esponenti di maggior prestigio, in realta’ mai prima d’ora se ne era ottenuta conferma. Altro dato significativo nell’ottica dell’approfondimento della conoscenza del fenomeno mafioso e’ l’aver individuato l’esatta demarcazione territoriale della famiglia di Villagrazia che consente, da un lato, di comprendere appieno le diatribe sulla competenza dei sodalizi contermini nelle attivita’ estorsive e, dall’altra, di precisare di conseguenza i confini delle altre articolazioni mafiose. In particolare, oltre all’omonima borgata palermitana, il territorio della menzionata articolazione mafiosa comprende anche la frazione Villaciambra, inserita nel comune di Monreale, e alcune aree ricadenti nel comune di Altofonte.

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