‘Ndrangheta, parla il testimone di giustizia calabrese: “sono vivo ma è come se fossi morto”

"La famiglia, gli amici, il lavoro, le mie origini, la mia terra... sono più di venticinque anni che non posso godere di nulla" scrive Pino Masciari

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Vivere o sopravvivere? Ci sono tanti modi di eliminare una persona, lo si può fare in modo radicale togliendogli la vita, eliminandola fisicamente, ma anche rendendogli impossibile la realizzazione di ciò che aveva progettato per il proprio futuro, negandogli, dunque, di vivere serenamente. La famiglia, gli amici, il lavoro, le mie origini, la mia terra… sono più di venticinque anni che non posso godere di nulla. Sono vivo, ma è come se fossi morto”. E’ quanto scrive Pino Masciari, imprenditore edile calabrese costretto da anni a vivere al Nord in quanto, con coraggio, era diventato uno dei primi e più importanti testimoni di giustizia.

Questa non è vita! Non vivo, sopravvivo, grazie alla mia forza d’animo, alla mia rettitudine, nonostante tutto quello che negli anni, da più fronti, ho subito. Sono costretto ancora oggi a vivere da esiliato. Un esilio fisico e morale, che mette un confine insuperabile tra ciò che avrebbe dovuto essere la mia vita e ciò che realmente è stata, costringendomi in uno stato di perenne sospensione. Sono ancora in attesa di poter ricominciare a vivere pienamente… ma il tempo passa e non è più dalla mia parte“, prosegue Masciari.

In tanti anni si sono succeduti governi, sono cambiati i vertici delle istituzioni, ma si continua ancora ad interpretare e non applicare integralmente le sentenze. Quanto ancora si abuserà della pazienza di un uomo onesto, che ha sacrificato tutto esclusivamente per difendere la libertà di lavorare, un diritto sancito dalla Costituzione?“, conclude l’imprenditore costretto all’esilio solo per aver fatto il suo dovere.

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