Chi è Mario Draghi: l’ex presidente della Banca centrale europea incaricato a formare il nuovo governo tecnico

StrettoWeb

L’italiano che ha salvato l’Europa dovrà ora essere in grado, con il suo prestigio, di coagulare una solida maggioranza parlamentare

Sono le 21.33 del 2 febbraio 2021, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato per domani mattina alle 12 al Quirinale il professor Mario Draghi. Il capo dello Stato ha ufficializzato la decisione di affidare a Draghi il tentativo di formare un governo tecnico, “di alto profilo”, dopo le dimissioni di Giuseppe Conte.

Chi è Mario Draghi? Nato a Roma il 3 settembre 1947, dal 1973 sposato con Serenella, padre di due figli, si laurea all’università La Sapienza di Roma nel 1970, con l’economista Federico Caffè, per poi ottenere un dottorato in Economia al Massachusetts Institute of Techonology. Dopo essere stato accademico di rango (all’Università di Trento, di Padova e di Venezia), tra il 1984 e il 1990 è Direttore esecutivo della Banca Mondiale e, dal 1991 al 2001, diventa Direttore generale del ministero del Tesoro.

Prima di diventare Governatore della Banca d’Italia nel 2005, compie un passaggio ai vertici europei in Goldman Sachs, una delle principali banche d’affari a livello globale. Nel 2011 e fino al 2019 diventa il terzo presidente della Banca centrale europea. Quando assume l’incarico lo scenario economico europeo e mondiale è scosso dalle conseguenze della Grande crisi finanziaria iniziata nel settembre del 2008 con il fallimento della banca statunitense Lehman Brothers. Un evento che condizionerà il suo intero mandato e che lo impegnerà negli otto anni trascorsi alla guida della Bce nel contrastare gli effetti della Grande crisi: calo dei prezzi (deflazione), recessione, e la stessa minaccia esistenziale alla sopravvivenza dell’euro dovuta alla crisi fiscale e bancaria di molti Paesi periferici dell’euro: Italia, Spagna, Irlanda e Grecia. È in quel ruolo che — il 26 luglio del 2012, alla UKTI’s Global Investment Conference di Londra — pronunciò le parole che diedero una svolta alla crisi dell’euro, “salvando” di fatto la moneta unica. In quell’occasione, Draghi sostenne infatti che la Banca centrale europea era pronta a fare “whatever it takes” — “qualunque cosa serva” — per salvare la moneta unica: “and believe me”, aveva aggiunto, “it will be enough” («e credetemi, sarà abbastanza”).

Adesso toccherà Mario Draghi traghettare l’Italia in uno dei momenti più difficili degli ultimi decenni. E’ stato considerato fin da subito l’unico in grado di riuscire a sbrogliare il groviglio politico che si è venuto a creare nel Paese. Draghi è l’ultima opportunità, prima delle elezioni, per affrontare le difficoltà sanitarie, sociali, economiche provocate dal Covid. E anche vincere la sfida che l’Italia deve gestire con il Recovery Fund. Una volta passato il testimone a Christine Lagarde — il 1 novembre 2019 — Draghi è rimasto fuori dalla scena pubblica, per poi tornare a farsi sentire solo recentemente con un fondamentale articolo, pubblicato sul Financial Times: “La pandemia del coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche”, scrive. “Oggi molti temono per la loro vita o piangono i loro cari scomparsi. Le misure varate dai governi per impedire il collasso delle strutture sanitarie sono state coraggiose e necessarie, e meritano tutto il nostro sostegno. Ma queste azioni sono accompagnate da un costo economico elevatissimo – e inevitabile. E se molti temono la perdita della vita, molti di più dovranno affrontare la perdita dei mezzi di sostentamento. La sfida che ci si pone davanti è come intervenire con la necessaria forza e rapidità per impedire che la recessione si trasformi in una depressione duratura, resa ancor più grave da un’infinità di fallimenti che causeranno danni irreversibili. Il giusto ruolo dello stato sta nel mettere in campo il suo bilancio per proteggere i cittadini e l’economia contro scossoni di cui il settore privato non ha alcuna colpa, e che non è in grado di assorbire. La questione chiave non è se, bensì come lo stato debba utilizzare al meglio il suo bilancio”. “Davanti a circostanze imprevedibili, per affrontare questa crisi occorre un cambio di mentalità, come accade in tempo di guerra”, scrive in conclusione del suo intervento. “Gli sconvolgimenti che stiamo affrontando non sono ciclici. La perdita di reddito non è colpa di coloro che ne sono vittima. E il costo dell’esitazione potrebbe essere fatale. Il ricordo delle sofferenze degli europei negli anni Venti ci sia di avvertimento”.

Condividi