Palermo, sfida estrema su TikTok con “Black out challenge”: muore bimba di 10 anni

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Palermo, non ce l’ha fatta la bimba di 10 anni ricoverata all’Ospedale da ieri sera: il tragico epilogo sarebbe da collegare ad una sfida su TikTok

Non ce l’ha fatta la bimba di 10 anni ricoverata all’Ospedale dei Bambini di Palermo, dove era arrivata ieri sera in arresto cardiocircolatorio. I medici hanno constatato alle 13.30 lo stato di morte cerebrale. La piccola si trovava ricoverata in Terapia intensiva pediatrica in coma profondo e irreversibile a causa di “una prolungata anossia cerebrale”.  I genitori hanno acconsentito al prelievo degli organi per donazione multipla. “Contestualmente, a cuore battente – spiegano dal nosocomio -, sono iniziate le procedure di accertamento previste dalla legge da parte dell’apposita commissione di clinici informandone l’autorità giudiziaria. Le procedure sono tutt’ora in corso per concludersi nelle prime ore di questa sera”. Intanto la Procura ha aperto un fascicolo per fare chiarezza sulla morte della bimba, che, secondo le prime informazioni, sarebbe il tragico epilogo di una sfida estrema su TikTok, il ‘Black out challenge’. La bambina, infatti, è stata trovata in bagno prima di sensi con una corda stretta attorno al collo e l’altra estremità attaccata al porta asciugamani. Sulla vicenda indaga la Polizia che ha sequestrato il cellulare della piccola.

Sfida estrema su TikTok, Aldrovandi (Osservatorio Vittime): “regole severe per vietare social al bambini”

Sul caso della bambina di Palermo che ha rischiato la vita per una sorta di gioco/sfida su TikTok interviene l’avvocato Elisabetta Aldrovandi, presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime: «Innanzitutto, mi domando come mai una bambina di dieci anni avesse un profilo o accesso a TikTok, dato che si tratta di un social che, in base alle sue regole, consente l’iscrizione a partire dai 13 anni. Regole però non soggette a controlli particolari, e così basta ‘mentire’ sull’età e ci si iscrive. Non si vuole capire che i social non sono giocattoli per bambini, ma mondi virtuali in cui, spesso senza i dovuti controlli, vengono caricati video e immagini assolutamente non idonei a menti acerbe che non possono capire né i contenuti né le conseguenze cui vanno incontro partecipando a certe assurde sfide. E i genitori o gli adulti dovrebbero controllare, sempre, sia chi ‘seguono’ i loro figli, sia i loro followers. Oltre al fatto che servono regole severe che impediscano l’accesso a chi non ha l’età stabilita e che sanzionino in modo efficace chi pubblica e condivide contenuti che istigano alla violenza e all’autolesionismo», ha concluso Elisabetta Aldrovandi, presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime.

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