Storia di una Sicilia che non c’è più: da Amauri, Mascara e Riganò a fallimenti e delusioni mentre la Calabria sorride

StrettoWeb

La Sicilia calcistica che tanti anni fa rappresentava al meglio il Sud in Serie A adesso è scomparsa. A far da contraltare, una Calabria che sorride

Palermo, Catania, Messina. Era il 2006-2007 e la Sicilia era la massima rappresentante del meridione in Serie A. Erano gli anni di Di Michele, Amauri e i rosanero di Guidolin, erano gli anni del terribile trio Mascara- Corona-Spinesi, erano gli anni di Christian Riganò, erano gli anni di una Regione che poteva vantare ben tre squadre nel calcio dei grandi.

Bene, chiusa parentesi. Torniamo indietro, ai giorni nostri. Stagione 2020-2021. Non c’è neanche una squadra siciliana tra Serie A e Serie B. E’ il secondo anno di fila. L’immagine di una Sicilia calcisticamente forte e orgogliosa si scontra adesso con quella in declino. In due anni, alcune delle più importanti realtà calcistiche della Regione hanno dovuto dire addio, si sono dovute arrendere. Hanno fatto il passo più lungo della gamba, alcune. Hanno subito l’onta di un calcio che “risucchia” debiti e non lascia scampo, altre.

L’Akragas, dopo il ritorno nel professionismo e qualche anno di permanenza, non è riuscito a iscriversi al campionato di Serie D nel 2018-2019 in seguito alla retrocessione. L’anno dopo, stessa sorte al Siracusa, che nel frattempo aveva accumulato circa un milione e mezzo di euro di debiti. Nello stesso periodo, il Palermo salutava il glorioso ciclo Zamparini nella maniera più crudele e triste possibile: esclusione dai playoff di B, 20 punti di penalizzazione, estromissione dalla cadetteria per inadempienze finanziarie, fallimento e ripartenza dalla D. Tanto per non farsi mancare nulla, anche questa estate la Sicilia ha visto scomparire altre due realtà: la Sicula Leonzio non si è iscritta alla nuova stagione di Serie C mentre il Trapani aspetta solo l’ufficialità dell’esclusione dal campionato dopo le due rinunce contro Casertana e Catanzaro.

Punto più basso? Si spera. Ma se solo adesso si stanno iniziando ad osservare le conseguenze di una condizione economica che uccide il calcio (anche se in alcuni casi la colpa è dei club stessi o dei soggetti che la rappresentavano), è da più lontano che bisogna partire. Da qualche anno fa, dalle prime avvisaglie del Messina e dalle retrocessioni di Palermo e Catania, proprio le tre colonne portanti della Regione negli anni belli della A citati ad inizio articolo. La situazione dei giallorossi è sicuramente la peggiore delle tre, con la disaffezione della piazza, la spaccatura dei tifosi, le due società (Acr ed Fc) a contrapporsi e una Serie D da cui non si riesce a uscire. Negli altri due casi, invece, si è provato a ripartire e “rattoppare”. Si è ripartiti a Palermo, con imprenditori del luogo, il professionismo subito riconquistato e un modo di operare più oculato ed equilibrato. Si è messa una pezza a Catania, dove i numerosi soci della città hanno fatto sì che i rossoblu non scomparissero dopo le ultime sofferte vicissitudini con Pulvirenti. La speranza, per la Sicilia, per le piazze calorose e passionali che rappresenta, per il meridione tutto, è che la ripartenza auspicata in tutti questi casi possa consolidarsi e portare a una nuova primavera.

A consolare (ma non se ne vuole fare una questione di tifo o campanilismo) è la situazione sull’altra sponda dello Stretto, che prova a tenere “a galla” (con Campania e Puglia) un Sud che anche a livello calcistico risente di un tessuto economico evidente rispetto al Nord. E’ storia di sempre. Ma, dove non si arriva con le risorse e le finanze, si arriva con le idee. E’ successo per anni a Reggio Calabria, che ha toccato per la prima volta il cielo con un dito. Sta succedendo adesso a Crotone, che per la seconda volta in pochi anni è riuscito ad entrare al ballo delle grandi. Subito sotto, in Serie B, proprio quella Reggina che, a differenza delle idee come qualche anno fa, sfrutta adesso i capitali di un presidente ambizioso come Luca Gallo. E poi c’è il Cosenza, che dopo aver riconquistato la B è stata brava a difenderla con i denti nel finale della scorsa stagione. Sinonimo di stabilità economica e voglia di fare, poi, Noto e Caffo con le rispettive Catanzaro e Vibonese.

Insomma, una situazione che negli anni si è quasi capovolta ma che, se nel caso siciliano ha messo in evidenza tutte le problematiche economiche del territorio meridionale, in quello calabrese le ha solo “mascherate” dalla presenza dei pochi imprenditori facoltosi e pieni di idee o da quelli provenienti da fuori. Nella speranza, per tutto il Sud, che il domani possa essere florido in entrambe le sponde.

Condividi