Il problema non è andare o restare: chi segue il suo sogno non è vigliacco, bensì audace. E non ci servono eroi

StrettoWeb

Reggio Calabria, impazza la discussione sulla musica dei locali del Lungomare e gli emigrati: qualche spunto di riflessione

E’ migliore chi resta o chi parte? Reggio Calabria, città di migranti, si interroga e discute da dieci giorni su uno dei temi più sentiti da sempre da questa comunità. Tutto è iniziato con la lettera che un uomo di 55 anni ha inviato a StrettoWeb il 24 giugno: una vera e propria denuncia che evidenziava irregolarità nella gestione della Movida del Lungomare, con musica ad alto volume alle 03:00 di notte di un giorno feriale di giugno, abusivamente rispetto ad ogni norma prevista in merito. Dopo poche ore è arrivata la risposta del gestore di uno dei Lidi del Lungomare (che, comunque, il signore non aveva mai tirato in ballo): una lettera durissima, che sfuggiva dal contenuto della precedente e ha fortemente indirizzato la discussione su un tema molto più sentito e controverso. Il gestore, 38enne, ignorando il tema del volume della musica a notte fonda, si è lasciato andare ad un elogio delle persone che hanno scelto di rimanere a Reggio utilizzando parole molto forti, come ad esempio “Hanno scelto di non scappare vigliaccamente […] Hanno scelto di non fuggire per poi tornare e trovarla anni luci indietro rispetto al resto del mondo […] Hanno scelto che sia questo il luogo dove crescere, vivere e non solamente tornare per morire in pace senza musica di sottofondo […] Mi scuso se siamo motivo di noia e critica da parte di pochi privati cittadini, che in maniera ottusa intralciano il loro operato e mi riferisco in particolare a coloro i quali per comodità loro erano andati via e che invece adesso sempre per comodità loro hanno deciso purtroppo di tornare“, contrapponendosi così al 55enne che aveva specificato di essere tornato a Reggio dopo 30 anni di servizio fuori città.

In tanti hanno scritto a StrettoWeb negli ultimi dieci giorni, testimoniando il loro punto di vista in quella che è stata una delle discussioni più accese e coinvolgenti degli ultimi anni in città stimolando importanti riflessioni.

Innanzitutto la musica sul Lungomare: una città turistica deve puntare anche sul divertimento e sull’intrattenimento. E questa è già l’estate più triste di Reggio, senza il Lido Comunale e lo storico Calajunco, sono rimaste soltanto 4 strutture (e meno male che ci sono i tanto criticati Gazebo, ricordate quando si facevano le manifestazioni per bloccarne i lavori, perchè erano “inutili” e “deturpavano la via Marina“?). Ben vengano, quindi, le serate in discoteca all’aperto nei Lidi del Lungomare, ma è chiaro che ci debbano essere delle limitazioni orarie e che non si può fare baldoria tutta la notte se ciò comporta il disturbo della quiete pubblica.

Nessuno può vietare neanche la musica no-stop a volume massimo, ma per quello esistono i locali insonorizzati. Il Regolamento Comunale prevede che nei locali del Lungomare la musica debba essere spenta a Luglio, Agosto e fino al 15 Settembre all’1:30 nei giorni infrasettimanali e alle 2:30 nel weekend e nei giorni festivi. Invece a Maggio, Giugno, nella seconda metà di Settembre e a Ottobre all’1:00 nei giorni infrasettimanali e all’1:30 nei weekend e festivi. Chi non rispetta questi orari, quindi, opera in modo illegale. Considerata l’ubicazione delle abitazioni residenziali intorno alla via Marina, ci sembrano orari assolutamente larghi e di buon senso nei confronti di tutti gli operatori turistici che lavorano con le serate musicali, così come viene richiesto un sacrificio a quelle famiglie (pochissime) che vivono nella zona più ambita della città, affacciati direttamente sul Chilometro più bello d’Italia, e devono necessariamente fronteggiarne oneri e onori.

Ma il dibattito è stato molto più acceso sull’altro grande tema innescato dalla risposta del gestore di un Lido: è migliore chi resta o chi parte? Una diatriba storica, che tuttavia raramente aveva raggiunto epiteti così fragorosi.

Eppure, a nostro avviso, chi segue il suo sogno non è vigliacco, bensì audace e valoroso. Perchè chi parte da Reggio lo fa per inseguire un sogno personale. Dopotutto ci gonfiamo il petto quando assistiamo a reggini illustri che ottengono risultati straordinari ed enorme successo in ogni campo nel Mondo: fossero rimasti qui, non ci avrebbero potuto dare questo orgoglio. In ogni settore. Se un calciatore dovesse rimanere, dovrebbe giocare nella Reggina in serie C. E se un medico dovesse rimanere, dovrebbe operare ai Riuniti. E se un cantante dovesse rimanere, dovrebbe esibirsi ai matrimoni. Chi parte non scappa: segue il suo sogno professionale, l’ambizione di una carriera di successo, il conseguimento di risultati appaganti in base ai propri obiettivi personali. Non è una fuga. E non è semplice. Sarebbe molto più semplice per un calciatore reggino, arrivare in serie C e giocare con la maglia amaranto. Per un medico, operare ai Riuniti. Per un cantante, cantare ai matrimoni. Invece, andare nelle principali città a confrontarsi con altri palcoscenici, scontrandosi con tanti altri colleghi che hanno lo stesso sogno provenienti da ogni parte del mondo, è molto più difficile non solo da un punto di vista professionale, ma anche emotivo. Partire significa abbandonare i propri affetti, le proprie abitudini, i luoghi del cuore in cui si è cresciuti. Soltanto chi l’ha fatto, anche per brevi periodi, può immaginare cosa significa.

Il fatto che non sia una fuga, lo dimostra l’amore e l’affetto che gli emigrati conservano nei confronti di Reggio Calabria. La loro città natale. Il luogo amato custode dei propri ricordi migliori: l’infanzia spensierata, le coccole di mamma e papà, le bravate con gli amici, le estati all’aria aperta. Il posto in cui tornare alla prima occasione, forti e arricchiti da un’esperienza forestiera.

Ma voi riuscite a immaginare se Teo Teocoli fosse rimasto a Reggio Calabria? Esilarante il suo cabaret da strada sul corso Garibaldi. E Santo, Gianni e Donatella Versace avrebbero venduto stoffe nei tendoni delle feste di quartiere. Gianni Infantino avrebbe fatto il Presidente del CONI Calabria, Luciano Rispoli avrebbe condotto “La Regata di Ulisse” e Marina Ripa di Meana sarebbe stata ospite fissa del salotto di Lamberti su RTV. Massimo De Lorenzo avrebbe recitato al Teatro Siracusa per pochi eletti, almeno prima che chiudesse, e Missiroli dopo due anni di panchina all’Hinterreggio sarebbe finito a fare volantinaggio a Sbarre.

No, non sono vigliacchi e non sono scappati. Sono soltanto alcuni (una piccolissima parte) dei volti più famosi dei tanti coraggiosi che hanno inseguito il loro sogno lasciando tutto e azzardando la loro vita per conquistarsi una posizione migliore. E sono la più grande risorsa di Reggio Calabria oggi, perchè soltanto dalla loro esperienza possiamo trovare come comunità un percorso di sviluppo all’altezza del mondo che corre veloce e spedito.

E’ vero, c’è anche qualcuno che smania di andar via solo per il gusto di farlo. C’è anche qualcuno che parte alla prima occasione, senza ambizione, a fare qualcosa che potrebbe fare anche qui. C’è persino chi dopo due settimane in Lombardia parla con l’accento milanese e ti dice “terún“. Ma parliamo di casi isolati, presumibilmente legati a traumi d’infanzia che lasciano un senso di astio nei confronti del luogo natio. Ci sta. Sono sempre percorsi interiori, personali.

La realtà è che se Reggio offrisse opportunità maggiori, a partire sarebbero sempre di meno. E non ci deve essere bisogno di eroi per trasformare una città mai così apatica e abbandonata all’anarchia, in un gioiello zeppo di opportunità. Reggio Calabria ha tutto per essere una Capitale del Mediterraneo, di cui è l’esatto centro geografico. E se i nostri giovani rimangono parcheggiati all’univeristà più di dieci anni, ci spieghiamo in modo semplice come abbiamo generazioni che formano un esercito di teorici che aspettano il concorso pubblico, considerano importante soltanto il “pezzo di carta” e si preoccupano esclusivamente della forma. Non hanno l’ambizione di “lavorare” e “realizzarsi“, ma di trovare un “posto” e “sistemarsi“.  E’ la cultura media che ci portiamo dietro da decenni di assistenzialismo. E in questo contesto, rimanere è senza dubbio più semplice. Pomeriggio in palestra e serate nei locali con i soldi di nonni, mamme e papà. Una vita all’università. E lagne a più non posso su quanto fa schifo questa città.

Ma non è detto che ci debba essere per forza un “migliore” tra chi resta e chi parte. Non è questo quello che conta davvero. La differenza la fa l’amore. Chi ama Reggio e chi ne rimane indifferente, o addirittura nemico, per principio o per interesse. Chi rema contro ad ogni costo, e chi invece critica in modo costruttivo per amore, con l’obiettivo di risolvere i problemi e crescere, andare avanti, migliorarsi, progredire. Poi non è importante andare o rimanere, soprattutto oggi che le distanze sono così corte. Si può contribuire alla crescita della città anche da lontano, così come si può continuare ad affossarla rimanendo. E viceversa, ovviamente.

Piuttosto, riflettiamo sul nostro essere immigrati. E su come gestire chi invece arriva qui per coltivare il proprio, di sogno nel cassetto. Abbiamo l’esperienza per capirli e immedesimarci grazie al nostro dna di emigranti, passati e presenti. Se vogliamo una città migliore, l’unica strada per lo sviluppo è quella dell’apertura, dell’inclusione, in piena sicurezza e nel totale rispetto delle regole.

Le cose belle si costruiscono per realizzare i sogni con forte motivazione. E magari è più motivato chi emigra, come i reggini nel mondo. Se Reggio non soddisfa noi, magari può essere un punto di arrivo per altri. Senza punti di riferimento politici e dirigenziali diventa tutto più difficile, ma anche qui riteniamo che non debbano servirci nuovi eroi. Semplicemente comportamenti normali. Menti aperte.

E anche chi decide di rimanere, esca ogni tanto. Vada a scoprire cosa c’è intorno. Se non si andrà mai oltre Scilla & Cariddi a conoscere il mondo, rimarremo sempre e soltanto una comunità di selvaggi primitivi organizzati con strutture sociali arcaiche e caratterizzati da modi di fare trogloditi.

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