Addio Ponte, ma le strade dell’isola sono un colabrodo. Come se ne esce?

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Le opere compensative restano un miraggio: è il fallimento dell’ecologismo sociale

ponte-strettoIl ragionamento era semplice: se liberiamo l’isola dal fardello mediatico del Ponte sullo Stretto, potremmo finalmente parlare delle infrastrutture utili ai siciliani, potremmo cioè mettere in sicurezza le strade e riversare i fondi stanziati per quella cattedrale nel deserto sulle opere compensative. Lo sostenevano a gran voce i movimenti ambientalisti e i leader di una sinistra più o meno arcobaleno, storicamente impegnati in una crociata contro le Grandi Opere, dalla Tav al Mose.

Quanti facevano notare che senza Ponte le opere compensative sarebbero state un miraggio, ché gli investitori non avrebbero avuto più alcun interesse a drenare risorse nel profondo Sud, venivano tacciati d’eresia, trattati come stolti o come servi della Impregilo. Ebbene a Palermo governa Leoluca Orlando, le sorti di Catania sono rette da Enzo Bianco, Messina è nelle mani dell’attivista Renato Accorinti e la Regione è un feudo di Rosario Crocetta. Eppure, nonostante la cabina di regia sia palesemente ispirata ai valori di un ecologismo sociale, continuano a crollare strade e viadotti, da Scorciavacche a Scillato, alla faccia degli interventi mirati. Segno che qualcosa non è andato per il verso giusto e che, accantonato il progetto della gigantesca infrastruttura che avrebbe collegato Messina e Reggio, l’isola si è ritrovata ancora più distante dall’Italia.

La situazione è questa: nel Nord si affrontano i nodi legati all’alta velocità e si discute se sia opportuno o meno bucherellare le montagne per avere vetture d’avanguardia, come nel resto d’Europa. Ci sono, per carità, sacche di resistenza civile, ma si traducono perlopiù nell’opposizione comprensibile delle piccole comunità locali e nel rinnovato attivismo di ex esponenti di Lotta Continua.

BALLOTTAGGI: ACCORINTI (NO PONTE) VINCE A MESSINAIn Sicilia, malgrado la prosopopea di certi amministratori, la rete ferroviaria è vecchia come Matusalemme e la parte occidentale dell’isola è adesso separata da quella orientale. Non spetta a noi imbastire processi all’ANAS, siamo certi che l’autorità giudiziaria cercherà di far luce su quanto avvenuto. Il problema, però, è politico. Perché se il Ponte è una pessima idea, bislacca sotto ogni punto di vista, le linee guida della programmazione che sono subentrate ad esso fanno acqua da tutte le parti. E proprio Messina rischia di pagare uno scotto pesante in questa direzione, se è vero che i tir in città potrebbero aumentare esponenzialmente con buona pace delle ordinanze restrittive.

Il progetto #ItaliaSicura, voluto dal premier Matteo Renzi, si ferma a Villa. Lo ha fatto capire Erasmo D’Angelis, contestando la sciatteria degli amministratori che “potevano e dovevano intervenire” per tempo. A questo punto chiedersi che fine abbiano fatto i dettami della prevenzione e dove siano finiti i Soloni che spiegavano in lungo e largo quale fosse l’ordine di priorità nel miglioramento delle reti stradali appare un’operazione obbligata. Di più: chi regge le sorti degli Enti locali deve chiarire come intende procedere per scongiurare nuove emergenze, quali prospettive di sviluppo seguire e dove si possono reperire i fondi necessari. Possibilmente senza citare fantomatici fondi ministeriali o la sempreverde lotta all’evasione. Il resto è fuffa, destinata a finire sotto le macerie. In senso letterale, purtroppo.

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