Reggio Calabria: Giuseppe Bonaparte, un sovrano illuminato

Domenica, venerdì 5 maggio, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, sarà disponibile la ventunesima edizione, la giornata di studi sul periodo napoleonico, denominata “5 maggio”, avente come tema “Giuseppe Bonaparte, un sovrano illuminato”

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Il prossimo 5 maggio sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, sarà disponibile la conversazione, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro studi “Gioacchino e Napoleone”, denominata “5 maggio”, giunta alla ventunesima edizione. Giunge alla ventunesima edizione, la giornata di studi sul periodo napoleonico, denominata “5 maggio”, avente come tema “Giuseppe Bonaparte, un sovrano illuminato”.

La manifestazione, storicamente e da sempre organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro Studi “Gioacchino e Napoleone”, ha il merito di analizzare ed accendere i riflettori su vari aspetti del periodo storico in argomento. Il nuovo incontro, predisposto dalle due co-associazioni reggine, ha registrato le presenze della ricercatrice toscana Elena Pierotti e di Gianni Aiello, Presidente dei due sodalizi organizzatori.

Il primo argomento della nuova edizione, è stato quello affrontato dalla gradita ospite Elena Pierotti, su“Giuseppe Bonaparte, un re Mediterraneo”. Del fratello maggiore della famiglia Bonaparte, Giuseppe, conosciamo di fatto poco. Bonaparte nacque ad Ajaccio il 7 gennaio del 1768 e quindi per un anno fu di nazionalità genovese. Infatti solo l’anno successivo la Corsica passerà alla Francia e per tale motivo Napoleone il grande, nato il 15 agosto del 1769, fu di nazionalità francese a differenza del fratello.

Contrariamente alle consuetudini del tempo, il secondogenito Napoleone fu avviato alla carriera militare, mentre Giuseppe, per il suo buon carattere e l’attitudine per la cultura, fu avviato alla carriera ecclesiastica. A dieci anni, nel 1778, entrò nel collegio di Autun, grazie a una borsa di studio, dove si segnalò per l’impegno negli studi e i buoni risultati. Successivamente studiò legge a Pisa, seguendo il percorso del genitore Carlo, e nel 1788 divenne avvocato a Bastia. Genova cedette la Corsica alla Francia, con un trattato firmato a Versailles nel 1768, l’isola era indipendente, sotto la guida di Pasquale Paoli, dal 1755.

I funzionari genovesi si erano dimostrati incapaci di tenere a bada i sentimenti ribelli dell’isola e il governo del Doge aveva più volte invocato l’intervento militare dei francesi per reprimere le rivolte dei suoi sudditi riluttanti. La piccola nobiltà corsa e i ceti borghesi di Ajaccio e Bastia parlavano italiano, si servivano dell’italiano per gli atti pubblici delle amministrazioni locali e mandavano i figli a studiare nelle scuole di Pisa e Livorno. Ma sarebbero stati altrettanto ingovernabili se l’isola fosse appartenuta al governo di Toscana. Sull’italianità culturale della Corsica esistono pagine molto belle di Pasquale Paoli, l’uomo che proclamò l’indipendenza dell’isola e fu sino alla Rivoluzione francese il beniamino di molti intellettuali europei.

In base al trattato la Repubblica di Genova cedeva la sovranità sull’Isola di Corsica al re di Francia Luigi XV, il quale aveva già inviato proprie truppe nella medesima isola a sostegno di Genova contro i Còrsi in rivolta. Ciò avveniva in cambio di un sussidio di due milioni di lire, di un accomodamento sui debiti antecedenti al 1763 e della definitiva restituzione entro tre anni dell’isola di Capraia, in quel momento occupata dai ribelli corsi. Secondo l’art.4, Genova avrebbe potuto chiedere la restituzione dell’isola se in grado di ripagare le spese affrontate dal re di Francia per l’occupazione della stessa.

Di fatto Genova, già in bancarotta, non era assolutamente in grado di onorare i suoi debiti, e la Francia non avrebbe permesso di ottenere la restituzione dell’isola. Ciononostante il definitivo decreto di riunione della Corsica alla Francia fu firmato solo vent’anni più tardi, nel 1789, a seguito di una duplice petizione presentata congiuntamente dal comune di Bastia e dagli abitanti di Ajaccio; fino a quel momento l’isola fu amministrata in via transitoria come “patrimonio personale” del re di Francia.

Giuseppe fu nominato da Napoleone Bonaparte Re di Napoli in data 11 marzo del 1806 e qui rimase fino al 1808 quando fu sostituito nel ruolo da Gioacchino Murat, cognato di Napoleone e dello stesso Giuseppe. Nell’arco di tempo che va dal 1806 al 1808 Giuseppe Bonaparte fu il Sovrano del Regno di Napoli e, dal 30 marzo ebbe inizio il suo mandato reale. Dalla fine di marzo si susseguirono provvedimenti che investirono tutti i campi dell’amministrazione, avviando una profonda trasformazione dello Stato e della società.

Nella capitale, i ministeri di Polizia generale, Interni, Finanze, Giustizia, Esteri e Guerra, formarono gli organi centrali dell’apparato governativo. Momento essenziale della modernizzazione dello Stato fu l’eversione della feudalità, che eliminò privilegi e differenze tra i cittadini nel campo giudiziario e fiscale, e fece della borghesia la classe dirigente.

Il territorio fu diviso in 14 province, rette ciascuna da un intendente, che esercitava uno stretto controllo sui Comuni. Nominato il 7 luglio 1808 re di Spagna e delle Indie, Giuseppe Bonaparte promulgò da Baiona il giorno stesso una costituzione che decretò la fine dell’antico regime in Spagna. La storiografia presenta Giuseppe come un uomo meno dotato su piano politico. La Spagna, da sempre proiettata verso il nuovo Mondo, si trovò in casa un Re che svecchiò il precedente sistema politico così come era capitato alla realtà partenopea. È stata la volta di Gianni Aiello (Presidente del Circolo Culturale “L’Agorà” e del Centro Studi “Gioacchino e Napoleone”, che ha trattato il tema “Il ruolo del calabrese Giuseppe Raffaelli nel Regno di Napoli”. Nacque a Catanzaro il 20 febbraio 1750 (o come altri riportano, nel 1747) da Francesco, avvocato, e da Elisabetta Calabretti.

Compì gli studi presso il collegio dei gesuiti di Catanzaro, dove frequentò i corsi liceali fino al 1766. Conclusi gli studi umanistici, per dedicarsi a quelli giuridici si trasferì a Napoli dove pare che abbia anche avuto modo di seguire le lezioni di Antonio Genovesi e di Ferdinando Galiani; unì, inoltre, allo studio del diritto quello dell’anatomia frequentando i corsi del medico Domenico Cotugno. Nel 1771, poco più che ventenne, Raffaelli acquistò fama, nel principale foro del Regno di Napoli, poiché, nel difendere una giovane donna accusata di aver svolto pratiche da fattucchiera, la sua arringa divenne celebre a tal punto che si decise di abolire il reato di stregoneria.

Dopo la Rivoluzione napoletana del 1799, in cui aveva presieduto il Tribunale di Stato, fu costretto ad esiliare prima in Francia, poi a Torino e in Lombardia; qui divenne professore di diritto pubblico a Milano, occupando la cattedra lasciata libera da Cesare Beccaria. Ritornato a Napoli durante il decennio francese, prese parte ai lavori di stesura del codice di procedura penale del Regno italico. Dal 1808 fu chiamato, assieme a David Winspeare e a Giacinto Dragonetti, a comporre la Commissione Feudale. Nello stesso anno Gioacchino Murat lo volle anche riordinatore della Corte di cassazione (insediatasi il 7 gennaio 1809), della quale fu il primo procuratore generale, carica questa che mantenne sino al 1817.

Dal 1815 fece anche parte della seconda commissione reale incaricata dello studio dei nuovi codici borbonici (ultimati nel 1819), contribuendo, in particolare, alla stesura del codice penale e di quello di procedura penale. Queste alcune delle cifre che saranno oggetto di analisi,nel corso della ventunesima edizione, della giornata di studi sul periodo napoleonico, denominata “5 maggio”, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro Studi “Gioacchino e Napoleone”. La conversazione, organizzata dalle due co-associazioni culturali reggine, sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data da domenica cinque maggio.

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