La legge sui trasmettitori 5G e perché è rischiosa per la salute: da Messina la lettera di un medico

Da Messina la lettera inviata al Sindaco in merito ai rischi per la salute dal giorno dell'entrata in vigore (1 maggio) del rialzo del voltaggio dei trasmettitori 5G

StrettoWeb

E’ di Monica Laneri, Presidente de “I Guardiani del cielo O.d.V”, la firma sulla lettera riguardante la Legge che entrerà in vigore dall’1 maggio sul rialzo del voltaggio dei trasmettitori 5G. In qualità di medico a tutela della salute dei cittadini, ed incaricato dell’associazione “I Guardiani del cielo”, il dottor Salvatore Totaro trasmetterà mediante PEC – al Sindaco di Messina ed agli Assessori della Giunta – il Pdf in allegato per responsabilizzare su tale realtà e per conoscere quanto abbia fatto. E in attesa dell’entrata in vigore della legge, così come previsto, chiedendo di richiedere una moratoria di 5 anni per conoscere risultati di ricerche sui danni alla salute, con studi che dal 2019 non sono stati più effettuati. Di seguito la lettera integrale:

“Egr. Sig. Sindaco,
Le scrivo perché, essendo Lei investito di preminenti funzioni e prerogative in materia di tutela della salute pubblica, mi sento in dovere di mettere in evidenza come l’attuale innalzamento dei limiti di emissione delle antenne SRB da 6V/m a 15V/m, con l’ingannevole variante di calcolo messa in essere, mette a rischio la salute delle persone fisiche sia nel medio che soprattutto nel lungo periodo. Ci si riferisce all’art.10 della Legge n° 214 promulgata il 30 Dicembre 2023 che, richiamata la Legge Quadro del 2001 in tema di esposizione della popolazione all’elettrosmog, istituisce la Conferenza Unificata come tavolo di confronto Governo-Territori nella quale sono chiamati ad esprimersi anche i Sindaci.

“In particolare, Le segnalo che l’Associazione Malattie da Intossicazione Cronica e Ambientale (A.M.I.C.A.) ha avanzato una richiesta di accesso agli atti per sapere se il Governo italiano abbia richiesto il parere sanitario alle agenzie preposte alla tutela della salute pubblica in relazione alle radiazioni del sistema “5G”. Si tratta di un obbligo previsto dalla Legge di Riforma Sanitaria n. 833 del 1978. Tale legge prevede che, in materia di immissione di forme di energia nell’ambiente, il Governo debba richiedere il parere sanitario a due enti, l’Istituto Superiore di Sanità e l’ISPELS (le cui funzioni oggi sono state assunte dall’INAIL), come è stato fatto nel 1997, prima che si procedesse alla commercializzazione delle frequenze della telefonia mobile”.

Ebbene, l’INAIL, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero della Salute, il Consiglio Superiore di Sanità e l’Istituto Superiore di Sanità, tutti, indistintamente, hanno dichiarato che non è stato chiesto, né altrimenti acquisito, alcun parere sanitario. Il Ministero della Salute ha pure comunicato ad A.M.I.C.A. che “non risultano atti che coinvolgano lo scrivente Ufficio e la Direzione generale nell’ambito del processo di concessione delle frequenze per la rete di telecomunicazioni 5G, né l’argomento è stato oggetto di pratiche istruite presso il Consiglio Superiore di Sanità”.

I 3 motivi per cui sarebbe servito un parere

“Il citato parere, non solo sarebbe stato da acquisire sotto il profilo strettamente giuridico ma pure per almeno tre fondamentali motivi:

  1. premesso che l’effetto delle onde elettromagnetiche sugli organismi viventi, la cui biologia si basa molto su fenomeni elettrici, dipende da vari fattori tra cui frequenza, intensità e tempo di esposizione alla radiazione; è perciò importante evidenziare che la normativa pone limiti sui valori medi dell’intensità delle emissioni e non sui valori massimi, questa è una mancanza inaccettabile ed ingiustificabile in termini di rischi per la salute
  2. le radiazioni del “5G” vanno a sommarsi a quelle della telefonia mobile attuale (2G, 3G, 4G, LTE) e quindi, a maggior ragione, sarebbe stato necessario valutare l’impatto sulla salute pubblica, sulla flora e sulla fauna, della sommatoria degli effetti biologici causati dall’esposizione amplificata da tutte queste frequenze nel loro complesso, soprattutto in considerazione del fatto che la ricerca scientifica ha riscontrato effetti biologici potenzialmente responsabili di patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer, patologie ormonali, a danno della fertilità, nonché rischi per la flora e la fauna, anche al di sotto degli attuali limiti di legge
  3. la ricerca sugli effetti biologici delle frequenze “5G”, in particolare sulle onde millimetriche, non è ancora stata ultimata e non ci sono studi epidemiologici completi. Tuttavia si sa già con certezza che le ghiandole sebacee, dalla forma a tubo elicoidale, costituiscono in sostanza una sorta di “antenne riceventi” per le onde millimetriche e ne sono quindi il target fragile primario”.

“Fino ad oggi le onde millimetriche, che creano una sensazione di riscaldamento intenso, sono state usate in ambito militare per i sistemi di dispersione delle folle (active denial system). Eppure, a far data dal 2008, alcune ricerche avevano evidenziato che le onde millimetriche, essendo usate in modo fortemente polarizzato, potrebbero creare punti di accumulo e sovra riscaldamento pur rispettando gli attuali standard di sicurezza 3 (si pensi, ad esempio, ai portatori di Pace Maker, ai portatori di impianti cocleari e simili). È estremamente critico l’effetto delle onde elettromagnetiche sul funzionamento del cervello come evidenziato da recenti studi; non solo quindi l’aumento di esposizione è un rischio non prevedibile ma forse già le emissioni attuali hanno un subdolo fattore patologico o di alterazione funzionale”.

“Non esistono prove che il 5G possa considerarsi sicuro”

“In sostanza, secondo tutte le fonti pubbliche disponibili, non esistono prove che l’uso del “5G” si possa considerare sicuro o tollerabile per la salute umana e, dunque, è verosimile che queste frequenze siano state concesse all’industria senza che il Governo si sia preoccupato dei rischi per la salute pubblica e per l’ambiente, esponendo la vita umana e animale a una vera e propria sperimentazione; la mancanza di studi scientifici che provino l’assenza di danno derivante dall’utilizzo delle varie frequenze “5G”, dei relativi “protocolli” di trasmissione dei dati, nonché dal nuovo sistema di funzionamento delle antenne “5G”, basato su “Massive MIMO” e “Beam-Forming” dei lobi di trasmissione, non esclude, perciò, la possibilità che lo standard “5G” possa alterare il normale funzionamento delle cellule”.

“Le amministrazioni comunali dispongono oggi di evidenze certe (l’evoluzione scientifica sotto riportata, l’appello del “Rapporto Bioinitiative” del 2007 e del 2012, la Raccomandazione del “Consiglio d’Europa” del 2011) che gli attuali limiti massimi di campo elettromagnetico da radiofrequenze non siano, in generale, ben compatibili colla salute umana e che, dunque, debbano essere fortemente ridimensionati”.

“Ciò implica che, in base al principio di precauzione, i livelli di esposizione di 6V/m non debbano essere per alcuna ragione aumentati né oltrepassati, contrariamente a quanto deciso dal Parlamento Italiano, in data 30 dicembre 2023, il quale, all’articolo n. 10 del D.D.L. Concorrenza n. 214, ha deliberato, addirittura, l’innalzamento dal limite di 6 V/m all’irragionevole limite di 15 V/m e ciò varrebbe per tutte le tecnologie di trasmissione in uso, quali “2G”, “3G”, “4G” e “4.5G” cui è già esposta la popolazione e che, come detto, resteranno in vigore per le diverse funzioni e finalità che assolvono e alle quali dovrebbe aggiungersi il contributo dell’elettrosmog da standard “5G”. Tutto questo, fatto salvo il parere dei Sindaci dei comuni italiani, i quali hanno ora un periodo di tempo di 120 giorni per presentare le loro osservazioni e richieste in rapporto ai possibili danni provocati alla cittadinanza, sia per innalzamento termico epidermico che per malfunzionamento del metabolismo cellulare, non solo dovuto all’innalzamento dei limiti di emissione, ma anche all’adozione di frequenze di trasmissione fino a 26 GHz, previste per il “5G” in futuro”.

“E’ oltretutto necessario che i tempi di misura delle emissioni siano riportati al valore di media nei 6 minuti, tutt’ora in uso nei paesi membri dell’UE e in uso anche in Italia prima delle modifiche introdotte nel 2012 dal governo Monti, il quale ha disposto che la media venga calcolata nell’assurdo periodo delle 24 ore. Per effetto di questo nuovo periodo di calcolo della media si può arrivare a picchi di emissione di 40-50V/m durante il giorno, mantenendo livelli molto inferiori durante la notte, in modo tale che la media risultante nelle 24 ore resti sotto il limite previsto”.

“Il Parlamento ha motivato la decisione di innalzamento dei limiti di emissione con la scusa dell’adeguamento alle imposizioni europee, ma ciò è falso, poiché l’UE ha stabilito soltanto i limiti massimi di 61V/m come NON SUPERABILI, senza fornire alcuna prescrizione o obbligo che riguardasse l’innalzamento dei limiti attualmente in vigore negli stati membri. Peraltro i limiti massimi previsti dall’UE sono stati definiti come valore precauzionale ma soltanto in riferimento ai danni di tipo termico (aumento della temperatura dell’epidermide), senza alcun tipo di riferimento ai danni arrecabili al metabolismo cellulare, l’esistenza dei quali è invece stata confermata dagli studi effettuati presso l’istituto Ramazzini, già in presenza di emissioni a 25V/m. Si ribadisce altresì che è fondamentale che vengano posti limiti sui massimi istantanei di intensità di emissione che, in assenza di regolamentazione, restano arbitrari”.

“Il quadro viola diversi principi normativi”

“Il quadro, per come ora delineato, vìola diversi principi normativi nazionali, fra cui segnaliamo la L. n. 36/2001 finalizzata, come dal nome stesso della norma, alla “protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, e comunitari, a partire dal principio di precauzione sancito dall’articolo n. 191 del “Trattato sull’Unione Europea” (già art. n. 174 del T.C.E.), di diretta applicazione e frequentemente richiamato nel diritto nazionale”.

“Tale principio generale è fatto proprio nella giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, secondo cui “la protezione della salute ha la precedenza sulle considerazioni economiche” e, in diverse occasioni, anche il governo dell’Unione Europea ha affermato che, quando un’attività o una tecnologia susciti il forte dubbio di essere dannosa per la salute e per l’ambiente, occorre prendere le necessarie misure precauzionali anche in assenza di una chiara relazione causa-effetto dimostrata su base scientifica fra quell’attività e il danno che potrebbe derivare [cfr. fra le altre la Comunicazione della Commissione Europea sul ricorso al principio di precauzione (COM(2000) 1 final. del 2 febbraio 2000)]. La invito, inoltre, a considerare che qualsiasi sperimentazione sull’uomo senza consenso rappresenta una violazione del Codice di Norimberga, e non mi risulta che siano già stati depositati esposti basati su tale ultima considerazione presso le competenti autorità sovranazionali proprio in ambito di inquinamento da standard “5G”.

Dove approfondire

“Per un approfondimento sui rischi correlati alle radiazioni da radiofrequenza e, in particolare del “5G”, La invito a leggere:

  • l’Appello degli Scienziati per la Moratoria del “5G” alla Commissione Europea, sottoscritta da 164 scienziati e medici e da 95 organizzazioni non governative, secondo i quali il “5G” aumenterà l’esposizione a radiazioni da radiofrequenza, oltre a quelle già in uso del “2G”, “3G”, “4G”, Wi-Fi, con un conseguente rischio per la salute umana e per l’ambiente;5
  • la petizione “EMF Call”, sostenuta da 247 scienziati il 30 Ottobre 2018, secondo la quale servono nuove linee guida più stringenti sui campi elettromagnetici;6
  • lo studio sul “5G” del Dott. Agostino Di Ciaula di ISDE Italia;7
  • il parere del Comitato Scientifico sui Rischi Sanitari Ambientali ed Emergenti (SCHEER)
  • il parere della Comunità Europea del 14 gennaio 2019, nel quale si evidenzia che non ci sono ancora certezze sulla innocuità sulla telefonia “2G”, “3G” e “4G”, e le incertezze sono persino superiori sul “5G” per il quale ci sono pochissimi studi;
  • lo studio pubblicato nel 2014 su Pathophysiology di Lennart Hardell, epidemiologo svedese esperto di cancerogenesi dei cellulari, secondo il quale la radiofrequenza rientra nei parametri di classificazione dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come cancerogeno certo per l’uomo (Classe 1);
  • gli studi dell’Istituto Ramazzini di Bologna10 e del National Toxicology Programme degli Stati Uniti,11 condotti entrambi su topi e ratti irradiati a radiofrequenza, concludono entrambi che c’è un rischio di sviluppare tumori delle cellule nervose, colmando la lacuna degli studi su animali che aveva fatto propendere nel 2011 la IARC per una classificazione come possibile cancerogeno (Classe 2B), invece di probabile (Classe 2A)”.

“Per quanto sopra esposto, La invito a richiedere una moratoria di almeno 5 anni nell’attuazione di quanto previsto dall’articolo 10 della Legge n.214 del 30/12/23 e la corrispettiva immediata implementazione di seri studi di ricerca scientifica. Nella certezza che prenderà in considerazione questa mia richiesta, nel mio interesse, nell’interesse della salute dei cittadini e della salvaguardia della flora e della fauna del nostro territorio, Le porgo i più cordiali saluti”.

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