Addio allo Smart Working per come lo abbiamo conosciuto durante il Covid: cosa cambia

Da oggi si cambia: niente più smart working per come lo abbiamo conosciuto durante il Covid. La nuova forma

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Insieme alle varie Covid, lockdown e simili, uno dei termini più ascoltati negli anni della pandemia è stato “Smart Working”, in italiano “lavoro agile”, una forma di telelavoro che ha permesso ai dipendenti di lavorare da casa, o comunque non dal posto di lavoro. Questa modalità, già esistente, si è fortemente sviluppata con il Covid, rimanendo anche dopo la fine della pandemia. Ora, lo Smart Working concepito durante la pandemia, non ci sarà più. Da oggi finisce quello garantito dalle procedure semplificate attivate in pandemia per chi era affetto, ad esempio, da alcune patologie.

L’analisi di Francesco Rotondi

Si cambia: sarà possibile soltanto affidarsi agli accordi individuali tra azienda e lavoratori e scade contestualmente la proroga dello smart working nel privato per i genitori di minori under 14. Si apre una nuova fase, che in realtà è una vecchia fase: in questo scenario infatti “si torna quindi al modello stabilito nel 2017. Il Covid aveva comportato un utilizzo massivo dello strumento, che dall’innovazione organizzativa è migrato verso una finalità emergenziale. Ciò ha generato due effetti di sistema: da un lato sganciando lo smart working dalla finalità propriamente imprenditoriale, ma dall’altro ha dimostrato la sua ampia praticabilità e i suoi benefici anche sul piano sociale”, osserva il giuslavorista Francesco Rotondi, consigliere del Cnel e fondatore dello studio LabLaw.

“Alla prima fase di scetticismo, è seguita una fase di ottimismo eccessivo, che ha per certi aspetti sottovalutato la necessità di coniugare lo smart working con lo ‘stile organizzativo’ delle imprese”, sottolinea Rotondi. Per questo “si discute della necessità di un restyling normativo delle legge del 2017, anche se la criticità maggiore pare essere quella che riguarda l’adattamento dell’organizzazione aziendale allo strumento. Perché è emersa con prepotenza una istanza sociale che individua nello smart working uno strumento assai efficace di conciliazione dei tempi di lavoro, di cura e di vita, che si spinge fino a invocare un ‘diritto’ allo smart working”, conclude.

Una nuova fase per un fenomeno in crescita: dopo i picchi della pandemia e una graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro Paese si assestano a 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, ma ben il 541% in più rispetto al pre Covid. Nel 2024 si stima saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia, come rilevava l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

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