Orrore in Sicilia: sevizie e frustate ad un bimbo di cinque anni, madre e zia in manette

Il bambino, di solo cinque anni, riceveva frustate e sevizie "per le sue monellerie": a denunciare è stata la dirigente scolastica

StrettoWeb

E’ un’altra storia orribile quella che arriva dalla Sicilia, dove un bambino di cinque anni sarebbe stato picchiato e frustato alla schiena e sulle gambe per le sue ‘monellerie’. E’ quanto emerso da un’inchiesta della Procura di Catania che ha portato al fermo della mamma 28enne e di una ‘zia’ 23enne del piccolo. Il provvedimento, convalidato dal gip che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per le due donne, è stato eseguito dalla Squadra mobile della Questura. I reati contestati alle due donne sono per maltrattamenti e lesioni personali pluriaggravate. Le indagini della Polizia sono state avviate dopo la denuncia della dirigente della scuola frequentata dal piccolo.

Come si legge in una nota, le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale di Catania ed eseguite dalla sezione Reati contro la persona della Squadra mobile della Questura, hanno permesso di “acquisire, allo stato degli atti, elementi che dimostrerebbero come le cittadine extra comunitarie fermate sarebbero le autrici di gravissime condotte illecite perpetrate ai danni di un minore di soli 5 anni di età“.

La denuncia della dirigente e le indagini

La segnalazione alla sala operativa della Questura di Catania era giunta il 14 febbraio scorso da parte della dirigente scolastica di un istituto del capoluogo etneo che parlava di “bambino di anni 5 con evidenti frustate nella schiena e nelle gambe“. Il minorenne, immediatamente identificato, ricostruisce la Procura, “presentava incontrovertibili segni di reiterate violenze“. Trasportato nel pronto soccorso pediatrico dell’ospedale Garibaldi-Nesima di Catania il bimbo che ha ricevuto le cure del caso, una prognosi di 15 giorni, con i medici che hanno riscontrato “presenza di numerose escoriazioni profonde a forma di ‘U’, da verosimili frustate“.

Dalle indagini della Polizia, ricostruisce la Procura, è “emerso che un allarmante quadro dal quale poteva desumersi che i segni di violenza impressi sul corpo del bambino sarebbero stati inferti dall’indagata ventitreenne con dei cavi elettrici e ciò in seguito a banali capricci e non meglio specificate monellerie attribuite al minorenne“. Le sevizie della ‘zia’, che in realtà non avrebbe legami di parentela col piccolo, sarebbero avvenute anche alla presenza della madre che “non si adoperava per evitarle, per impedirle o per segnalarle ai preposti organi istituzionali al fine di scongiurarne ogni possibile reiterazione“.

Il racconto del bimbo: “zia mi frusta perché non obbedisco”

Il piccolo avrebbe detto di “di essere stato percosso dalla zia (…) diverse volte tramite un cavo nero (…) di ricarica della bicicletta elettrica di proprietà della madre (…) raccontando più volte che questi segni sarebbero stati provocati dalla zia dinnanzi a disobbedienze“. Il bambino lo ha raccontato ai medici dell’ospedale Garibaldi Nesima di Catania e agli agenti della squadra mobile della Questura.

I medici, all’esame obiettivo, hanno riscontrato “presenza di numerose escoriazioni profonde a forma di ‘U’, da verosimili frustate Rilevate anche “evidenti, numerose cicatrici e lesioni pregresse in via di risoluzione, diffuse sul tronco, arti superiori e inferiori, torace e addome“. “Le lesioni più recenti – hanno certificato i medici – presentano invece croste sovrastanti ormai asciutte, con visibile cute rosea, di nuova formazione, sottostante. Medesime escoriazioni recenti si repertano a livello della zona mediale, delle cosce bilateralmente a livello delle spalle e delle braccia“.

Dai tempestivi approfondimenti svolti dagli investigatori, principalmente consistenti in attività di escussione testimoniale e di audizione protetta del citato minore, emergeva un allarmante“, scrive la Procura nel disporre il fermo delle due donne.

Le due donne, entrambe nigeriane con regolare permesso di soggiorno, dopo il fermo eseguito da personale della Squadra Mobile sono state condotte nella casa circondariale di Catania. Il gip, accogliendo la richiesta della Procura, ha convalidato il provvedimento applicato la misura cautelare della custodia in carcere.

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