L’innocenza di Mimmo Creazzo e lo scandalo delle intercettazioni secretate

Mimmo Creazzo, arrestato appena eletto consigliere regionale di Fratelli d'Italia, è stato assolto dopo tre anni di gogna giudiziaria e mediatica "perchè il fatto non sussiste": era completamente innocente ed è sempre stato dalla parte dello Stato e della legalità

StrettoWeb

Domenico Creazzo è innocente. Assolto perché il fatto non sussiste. Mentre sulle pagine di StrettoWeb lo avevamo sostenuto fin dal primo momento, dopo aver visionato nel 2020 l’ordinanza con la quale il 25 febbraio di quell’anno la Procura della Repubblica di Reggio Calabria fece scattare le manette ai polsi dell’allora sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, si è dovuto attendere tre anni affinché il tribunale potesse mettere nero su bianco quanto per noi era risultato evidente fin da subito. Dipanando le oltre tremila pagine di ordinanza e cercando tra esse la prova del presunto reato di voto di scambio politico mafioso commesso da Creazzo, ci eravamo accorti che questa prova non c’era. Ma non solo non c’era: era evidente come questo fantomatico ‘scambio’ non fosse mai avvenuto.

E allora, fin da subito ci siamo chiesti come potessero essere caduti in errore gli investigatori che si erano occupati del caso. Ce lo siamo chiesti e non riuscivamo a darci una risposta che non risultasse quasi impronunciabile, ai limiti del complottismo. All’epoca Creazzo era stato eletto da poche settimane Consigliere Regionale, ed era presidente f.f. del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Militare della Guardia di Finanza e sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, con il suo impegno costante e la sua competenza era riuscito a diventare una delle figure politiche emergenti più promettenti del territorio. Quell’arresto ingiusto, inaspettato, che ha lasciato increduli coloro che da sempre conoscono l’onestà e le intenzioni da cui è mosso Domenico Creazzo, hanno messo un freno ad un’ascesa politica che si stava concretizzando in ogni sua forma.

E’ facile, dunque, cadere nella tentazione del complottismo. E più volte, nel corso degli ultimi anni, analizzando a fondo l’arresto di Creazzo e di altri membri del consiglio comunale eufemiese – tutti poi risultati scambi di persona – ci si è posti un quesito: il Comune di Sant’Eufemia è stato sciolto sulla base di cosa, precisamente? I commissari prefettizi mandati nella cittadina pre-aspromontana per ‘liberarla dal male’, da chi dovevano salvare gli eufemiesi? Da un’amministrazione che ha fatto della legalità una bandiera fin dal primo momento? Un’amministrazione che, giova sottolinearlo, spesso viene insultata nel corso delle intercettazioni raccolte dagli inquirenti, e definita con l’appellativo di ‘sbirraglia’, da coloro che secondo la Procura facevano affari loschi con l’amministrazione stessa. Eppure – da intercettazioni emerse solo un anno e mezzo dopo dagli arresti e delle quali parleremo in seguito – è evidente come la ‘ndrangheta non vedesse di buon occhio l’amministrazione Creazzo, temendola proprio in quanto composta da ‘sbirri’. I controsensi in questa indagine sono stati numerosi. Si è ascoltato tutto il contrario di tutto e spesso ciò che veniva detto a chiare lettere da chi era intercettato, veniva poi trascritto e interpretato in maniera del tutto fuorviante ed errata.

Per dirla come l’avvocato Pasquale Condello, che insieme al legale Michele Sarno ha difeso proprio Domenico Creazzo, “le intercettazioni, le parole, le chiacchiere, sono diventate il verbo in questo processo” e non, come dovrebbe essere, “il punto di partenza dal quale trovare le prove”. E’ come se gli inquirenti avessero avuto già in mente la narrativa da seguire e avessero così condotto ciò che ascoltavano verso il punto desiderato. E non il contrario. “Non è stata svolta nessuna attività investigativa concreta per trovare riscontri. Le indagini non approfondiscono”, ha spiegato ancora Condello in aula. Ci si è basati, in sostanza, sulle parole e sulle chiacchiere, e non sui fatti.

Le offese a Creazzo da parte di chi, secondo gli inquirenti, faceva fantomatici patti con lui, sono numerosi nelle intercettazioni. Domenico Laurendi, già condannato per associazione mafiosa con rito abbreviato e che secondo la narrativa della Procura avrebbe raccolto voti per Creazzo in cambio della risoluzione di una pratica al genio civile, conferma più volte, nel corso delle intercettazioni, di aver votato per un altro candidato e di aver raccolto per quest’ultimo tredici voti. T-R-E-D-I-C-I voti! Mentre a Creazzo ne vengono contestati ottomila! Ci si chiede come sia potuto sfuggire, agli inquirenti, il fatto che Laurendi dica esplicitamente a chi sono andati i suoi miseri tredici voti. Tanto che in un’intercettazione lo stesso Laurendi dice, dopo le elezioni: “Siamo andati male”. Ne consegue dunque che il suo candidato non ha preso i voti sperati e che, per logica,  il ‘suo’ candidato non sia Creazzo. Che invece le elezioni le aveva stravinte. “Bastava fare l’analisi grammaticale”, ha chiosato ancora Condello in aula nei giorni scorsi, spiegando che a riprova di tutto ciò, dopo la schiacciante vittoria alle regionali, nessuno va da Creazzo per chiedergli di risolvere la famosa pratica del genio civile.

L’avvocato Condello ha anche posto l’accento sulla “violenza verbale inaudita” con la quale il pm Stefano Musolino si è espresso nel corso della sua requisitoria parlando proprio di Creazzo. Violenza verbale che non fa altro che inasprire tre anni di accuse ingiuste, di errori, di inesattezze fatte passare per verità assolute. Gli arresti di Cosimo Idà, Angelo Alati e Domenico Forgione, che all’epoca erano rispettivamente vicesindaco, presidente del consiglio comunale e consigliere di minoranza, si sono basati su tre scambi di persona, a causa dei quali il comune è stato sciolto. Sciolto, dunque, sulla base del nulla.

Domenico Creazzo, nel corso di questi tre anni, è stato anche accusato da diversi media,  incalzati dalle interpretazioni degli inquirenti, di essere politicamente spregiudicato, per il semplice fatto di aver deciso di passare dal Pd a Fratelli d’Italia. Molti giornali che fanno del giustizialismo la loro bandiera, passando come dei bulldozer sulle vite delle persone e devastando intere famiglie, hanno incentrato numerosi titoloni sulla figura di Creazzo, reo di aver cambiato partito. Come se questo semplice fatto costituisse reato. Ma come ha ben spiegato nel corso del dibattimento l’avvocato Giuseppe Milicia, legale di Nino Creazzo, “Domenico Creazzo interpreta il ruolo politico con modernità. Lavora per il bene di una comunità a prescindere dal partito politico”. Una verità così lapalissiana da risultare quasi imbarazzante il fatto che gli unici a non averla compresa, facendola passare per spregiudicatezza sfociante nel reato, siano stati proprio gli inquirenti.

E sempre Milicia, nelle scorse settimane, ha posto l’accento su un fatto rilevante, che è stato la vera svolta per questo processo. Dopo un anno e mezzo dagli arresti, infatti, i legali sono venuti in possesso in maniera quasi casuale di una vasta mole di intercettazioni che gli inquirenti avevano deciso di secretare. Intercettazioni che, però, sono indispensabili per interpretare al meglio diversi punti affrontati nell’ordinanza e che, in molti casi, provano l’innocenza di imputati per i quali sono stati chiesti fino a 18 anni di reclusione. E in alcuni casi svelano ben altri colpevoli, che nemmeno siedono tra i banchi degli imputati. Intercettazioni, insomma, che in molti casi ribaltano completamente la narrativa degli inquirenti. Una vergogna nella vergogna, dunque, considerando che parliamo di vite umane reali e non di una fiction. Milicia fa notare come lo “sghignazzare” in aula del pm mentre parla delle intercettazioni secretate quasi come fossero una barzelletta, sia irrispettoso. E si fa sempre più concreto il sospetto che si sia volutamente inquinata un’indagine o quanto meno, ha precisato l’avvocato, che le indagini preliminari fossero fuori controllo. Le intercettazioni secretate, si è detto in seguito alla loro scoperta, dovevano essere inviate a Catanzaro ma “la realtà – ha chiosato Miliciaè che l’ufficio di procura ha scoperto queste cose fuori tempo massimo”.

Emblematico, in tal senso, è il caso di Cosimo Idà. L’ex vicesindaco e maresciallo dell’Esercito, accusato di essere un capo frangia nominato ‘u Diavulu‘, è una figura chiave di questa indagine, in quanto il suo scambio di persona ha fatto da ‘apripista’ ad altri errori investigativi e ad altre illazioni del tutto infondate. Come spiega bene il legale di Idà, Girolamo La Rosa, “è stata un’Odissea. Vi sono omissioni nelle intercettazioni tutte le volte in cui queste portano verso una direzione opposta a quello che era il disegno e la costruzione delle accuse nei confronti di Cosimo Idá”.

Nel caso dei fratelli Creazzo, per fare un altro esempio, ci sono intercettazioni tra quelle secretate che inchiodano ben altri soggetti con tanto di nome e cognome – e che nulla hanno a che vedere con Sant’Eufemia – per reati ascritti erroneamente a Nino Creazzo, ritenuto in fase di indagine un tramite del fratello Mimmo.

Tutto falso, dunque. E ora ci si chiede, dopo tre anni in cui la figura di Domenico Creazzo è stata bistrattata, descritta in maniera del tutto fuorviante e non corrispondente a verità, vilipesa e calunniata, chi restituirà al militare della Guardia di Finanza, ai suoi tre figli, alla moglie e a tutti i suoi cari, la serenità perduta di una famiglia per bene, fatta da gente onesta che nulla ha, o ha mai avuto a che spartire, con la criminalità organizzata.

E ci si chiede anche chi restituirà agli oltre ottomila calabresi che avevano votato Creazzo senza alcuna costrizione da parte di chicchessia e dandogli piena fiducia, il proprio consigliere regionale, al quale è stato impedito di essere espressione popolare, come esplicitamente chiesto dal popolo stesso attraverso il voto. In piena legalità.

Condividi