Successo per la presentazione del libro di Pier Ferdinando Casini “C’era una volta la politica”

Il titolo del libro è un programma “C’era una volta la politica” una breve frase che evoca, attraverso le tinte della lontananza, una stagione che la memoria ci restituisce irripetibile

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Con un parterre d’altri tempi è stato presentato all’Auditorium di Roma il libro di Pier Ferdinando Casini  “C’era una volta la politica” (ed. Piemme). Moderato dal bravo vicedirettore dell’Huffngton post, Alessandro De angelis, si sono alternati al microfono, (da Bologna) il cardinale Zuppi insieme a Gianni Letta e a Giuliano Amato. Ha concluso l’autore. La grande sala era sorprendentemente gremita in una dimensione inverosimile. Che succede, mi sono chiesto un po’ disorientato? L’antipolitica che, com’è noto, in questa stagione la fa da padrona, ha ormai messo al bando questo tipo di manifestazioni, considerati cascami del passato. Se si considera che l’astensionismo ha raggiunto nelle recenti elezioni politiche il picco storicamente più alto della storia repubblicana, l’evento ha mostrato tratti irreali. C’è un filo conduttore probabilmente episodico, legato al protagonista della serata che guida questa inaspettata inversione di tendenza. In Casini s’annida infatti una doppia natura: quella emiliana, discorsiva e coinvolgente e quella democristiana, flessibile, e sorridente, volta, non a voler piacere a tutti, come capita a Berlusconi, ma, più semplicemente, a non voler scontentare nessuno. Un archetipo antico a cui oggi, diversamente da ieri, molti italiani guardano con malcelato rimpianto. Già il titolo del libro è un programma: “C’era una volta la politica” una breve frase che evoca, attraverso le tinte della lontananza, una stagione che la memoria ci restituisce irripetibile. Ma confesso che anche i contenuti del libro sono niente male. Quindi, a suggellare il successo della manifestazione, gli interventi di quei tre relatori speciali. Insomma tutto, proprio tutto, rimanda a un sentimento che occupandosi del passato e non del futuro, appare in genere controverso quant’altri mai, la nostalgia. La sua presenza appariva così subdola nel corso della serata che quasi tutti quelli che l’hanno avvertita sulla propria pelle, Casini per primo, hanno fatto a gara per negarla, come talvolta, paradossalmente si fa, con le evidenze difficilmente confutabili. Bisogna per onestà aggiungere che il confronto è apparso subito di qualità. Sarà perché negli ultimi anni abbiamo assistito a dibattiti politici, diciamo così, malinconici, per cui la comparazione tra la stagione passata e quella attuale che la nostra mente squaderna meccanicamente sotto i nostri occhi, appare un po’ crudele.

Purtroppo l’abbassamento del livello culturale del Paese ha investito negli ultimi anni tutti i settori della vita associata, per prima la politica. Le cause sono tante. Mi limito solo a ricordarne qualcuna. La scuola, l’antipolitica, i social e in fine le leggi elettorali degli ultimi anni. Le quali, sottraendo al territorio, la scelta dei candidati per consegnarle ai segretari di partito, hanno finito per compiere veri e propri misfatti politici nella società italiana. Nessuna meraviglia dunque se i discorsi esibiti all’Auditorium dal Cardinale Zuppi, da Gianni Letta e Giuliano Amato sembravano piombare nel silenzio della sala da un pianeta lontano. Letta destina l’esordio del suo intervento alla difesa della politica come professione e lo fa partendo dall’esergo del libro. Una frase di Alcide De Gasperi, il leader, secondo il giudizio dello storico Paul Ginsborg, più grande dell’Italia unita: “Ci sono molti che nella politica fanno solo una piccola escursione, come dilettanti, ed altri che la considerano, e tale è per loro, come un accessorio di secondarissima importanza. Ma per me, fin da ragazzo, era la mia carriera, la mia missione”. Impossibile non avvertire un brivido.

Amato, dopo avere, con l’abituale ironia e forte di quell’intelligenza fibrillante che tutti gli riconoscono, annunciato “Casini santo subito” ha parlato di Arnaldo Forlani, che nel libro è molto presente. In particolare ha ricordato una visita che gli fece l’ex segretario della Dc, a qualche mese di distanza dall’insediamento del governo Craxi. Ricordo per le giovani leve che Giuliano Amato, all’epoca in cui il racconto si riferisce, era il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e Forlani il vicepresidente del leader socialista. L’ex segretario della Dc gli diede un consiglio d’antica saggezza democristiana – l’invito era indirettamente rivolto a Bettino Craxi, al suo esordio come capo del governo – cerchiamo di non fare troppi danni perché i governi più virtuosi sono appunto quelli in grado di limitarli.

Alla fine, come da copione, è intervenuto l’autore. Con una certa emozione ha ricordato alcuni episodi presenti nel libro. La visita di Papa Wojtyla in Parlamento che ricordo con nitidezza anch’io, il viaggio di solidarietà a Palermo, intrapreso con l’amico Mastella, in occasione della prima udienza del processo Andreotti. Quindi ha rivelato un episodio sconosciuto all’intera platea dell’Auditorium. Alla vigilia delle elezioni politiche del 2001, trionfalmente vinte dal centrodestra, nel corso di un incontro tra Berlusconi, Fini e lo stesso Casini, quest’ultimo propose di candidare Gianni Letta al Parlamento per destinarlo al ruolo di Presidente della Camera. Una funzione istituzionale terza che si cuciva in forma naturale al personaggio. L’operazione non andò in porto perché Letta respinse quell’offerta politica densa di lusinghe. Una bella serata con le persone, anche quelle in piedi, rimaste in sala fino alla conclusione della manifestazione, come fossimo nel 1948. Talvolta capita

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