La strada tortuosa per il Quirinale

StrettoWeb

Il punto personale sulla partita del nuovo Capo dello Stato e sulla guida del prossimo Governo

di Ercole Pietro Pellicanò – Mario Draghi al Colle e Giuliano Amato alla Presidenza del Consiglio rappresentano il ticket più valido nell’attuale situazione politica del Paese.  In verità, le posizioni potrebbero essere invertite, se si considera il prestigio, la capacità tecnica, politica e l’esperienza degli illustri proposti.

La storia passata e recente di Draghi e Amato è ben nota, per essere da me ripresa. Mi limito a dire che essa non è divisiva, a meno che per Amato qualche rancoroso non voglia tornare, distorcendole, alle decisioni coraggiose da lui prese nella crisi del ’92, condensando la critica nel “taglio” dei conti correnti, e per Draghi non ci si voglia rifare alla sua passata esperienza nel contesto finanziario internazionale, trascurando tutto il resto.

È il quadro di partenza, però, che deve trovarci attenti, in quanto, a seguito di alcune oggettive valutazioni, sembrano mancare i pilastri di sensibilità e di opportunità che dovrebbero essere alla base delle prossime decisioni. Mi riferisco soprattutto ai partiti per i quali Stefano Folli (la Repubblica, 12/01/2022 pag 27) così si esprime: “La salita che porta al Quirinale non è mai stata così contorta come quest’anno. Si può dire che non ci sono precedenti. Mai si era visto un sistema politico così sconnesso – salvo le mascherature di facciata – e dei partiti che spesso sono solo delle sigle sotto le quali si nascondono clan e fazioni in conflitto tra di loro.” Come dargli torto!

Un seguito a questa valutazione può essere trovata nell’articolo di Michele Ainis (la Repubblica 12/01/2022 pag. 24.) Egli, con chiarezza e lucidità, si sofferma sulla legittimità dell’attuale Parlamento ad eleggere il Capo dello Stato.

Mi rammarico di non aver trovato commenti a questo articolo, che, invece, secondo me, meriterebbe particolare attenzione, per stimolare confacenti riflessioni, trascurate probabilmente a causa della cappa del Covid e per pavidità politica.

L’assunto di partenza è che, in democrazia, l’eletto rappresenta gli elettori. Ma, oggi, nell’attuale composizione del Parlamento, siamo proprio sicuri che ciò avvenga e che ciò che i membri esprimono e votano raccolga la volontà di chi li ha portati, generosamente e magari incautamente, in Parlamento nel 2018?

Dall’avvio della Legislatura ben 276 parlamentari hanno cambiato casacca, di cui 126 nello scorso anno. Ergo: un’alta percentuale, prossima al 30% dei grandi elettori,  ha tradito le proprie idee ed i programmi elettorali che avevano consentito il miracolo della loro elezione. Un tale scandaloso sommovimento tellurico non si era mai registrato nella storia Repubblicana, tanto da far esprimere dubbi, se non altro di opportunità, sulla legittimità dell’attuale compagine parlamentare ad eleggere il Capo dello Stato e sulla forza morale ad agire nell’interesse del Paese.

L’incipit è che l’eletto sia il megafono degli elettori. Oggi, non lo è più, per cui il nuovo Capo dello Stato, come sostiene Ainis, dovrà rinnegare, in buona misura, i suoi elettori, dimenticarli, allontanarli.

A questa realtà va sommato il taglio dei parlamentari. La relativa riforma del 2020, sventolata dai Grillini come bandiera di un proprio successo,  ha portato da 945 a 660 il numero dei membri della Camera dei Deputati e del Senato. Di conseguenza, il Presidente sarà eletto, tra gli altri, da 345 “abusivi” (copyright di Tommaso Labbate), di cui si conserverà non certo un indelebile ricordo. Niente da osservare sul piano giuridico poiché la validità dell’elezione presidenziale dipende dalla normativa vigente. La valutazione va resettata alla luce della decenza e della opportunità costituzionale.

Altro punto è la distanza tra il vecchio e il nuovo. Se facciamo un confronto tra il clima, alimentato da comicità e paradossi che, nel 2018, toccavano ed orientavano lo scontento popolare, ed il malumore di oggi, dobbiamo riconoscere che è tutto cambiato, con un partito che, miracolato nel 2018, non ha saputo resistere agli strali della realtà ed alla smodata voglia di leadership, precipitando nella gerarchia dei consensi e perdendo, oggi solo virtualmente, buona parte dei 339 seggi a suo tempo guadagnati.

Questi richiami non vanno fraintesi. Non c’è da parte mia un accanimento verso questo movimento, divenuto partito, che, in effetti, ho seguito nei primi anni con simpatia per come si può seguire l’impegno di stagisti alla ricerca di buona sorte, bensì la individuazione di elementi che possano aiutare a capire un periodo storico ove l’ignoranza al potere ha generato confusione, danni ed ingiustificate ambizioni di cui continuiamo a patirne le conseguenze.

Ancora una volta è da chiedersi: è eticamente legittimo un tale Parlamento, che dovrà eleggere il Capo dello Stato, e che sarà sottoposto alle ignobili manovre della caccia dei voti e  dei cambiamenti di casacca dell’ultima ora, affinchè qualcuno o tanti possano godere, dopo i digiuni di gioventù e le gioie dell’età più fortunata, di uno stipendio, da qualsiasi parte, ergo partito aut fazione, esso derivi?

La espressa situazione, unitamente alla particolarità causata dal Covid – che, necessariamente, se non altro a causa della rapidità delle decisioni da prendere, ha conferito primato all’eccezione rispetto alla regola, e quindi un predominio del potere esecutivo rispetto a quello legislativo – ci può spingere a dire che la più alta carica dello Sato partirà da una situazione straordinaria, se non anomala.

L’inedito quadro istituzionale e costituzionale, di cui abbiamo richiamato alcuni aspetti, rappresenta, oggi, la leva più potente in favore di un Mattarella bis.

Esso,  al di là di una auspicabile stabilità e continuità, porterebbe il beneficio di stendere un velo pietoso  sulle eccezionalità espresse, eccezionalità che dobbiamo con onestà fare risalire, in buona misura, ed al di sopra delle scarse competenze individuali, alla formazione di due Governi pasticciati, privi di carisma, e di una forte leadership, e senza il sostegno, prescindendo dalle dichiarazioni ufficiali, di un compatto e coerente supporto della classe politica dominante.

Se il Presidente continua a negarsi, prendiamone atto e, con rammarico, rispettiamone la volontà. A questo punto bisogna pervenire ad un nuovo orientamento che può essere rappresentato dal ticket al quale, con modestia ma con buon senso, mi sono permesso di avanzare all’inizio: Draghi – Amato aut Amato – Draghi.

Manca poco tempo e non si può più attendere, facendoci tentare da soluzioni meno nette, in chiaroscuro e non facilmente condivisibili.   Più scorrono le ore verso un orientamento decisivo e più si dà spazio a rancorosi e sopravvissuti, per esprimere idee conseguenti più da rivalsa che non da lucidi ragionamenti e da civica responsabilità, intorbidando ulteriormente le acque. Chi deve fare un passo indietro lo faccia; chi deve fare un passo in avanti lo faccia. Non c’è più tempo per le tattiche e  manovre furbe, e magari reputate intelligenti, di corridoio. Gli Italiani e il mondo attendono, con sofferta e stoica pazienza! Ma quanto durerà?

L’articolo è pubblicato come podcast su www.tfnews.it.

Condividi