Lusi, Interrogatorio fiume. L’ex tesoriere sottolinea “i dirigenti del partito sapevano tutto”

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Nel primo pomeriggio di ieri Luigi Lusi era arrivato a piazzale Clodio con l’avvocato Luca Petrucci: «Voglio parlare con i magistrati ». Nella stanza del procuratore aggiunto Alberto Caperna lo aspettavano anche il nuovo procuratore capo Giuseppe Pignatone e il pm Stefano Pesci.

Un interrogatorio fiume durante il quale l’ex tesoriere, oltre che ammettere le proprie responsabilità per gli oltre 21 milioni del partito di cui è accusato di essersi appropriato, ha fornito agli inquirenti indicazioni utili all’inchiesta, levandosi anche qualche sassolino dalle scarpe nei confronti degli ex compagni della Margherita «I dirigenti del partito sapevano tutto. Erano a conoscenza del fatto che utilizzavo i soldi della Margherita anche per me» ha ribadito.

Un lungo faccia a faccia col pm, non per cercare di chiudere rapidamente la partita giudiziaria ammettendo di essersi appropriato di parte dei soldi (in un primo momento di soli 13 milioni) offrendo la restituzione di 5 milioni in cambio del patteggiamento, come è accaduto a gennaio nel corso del primo sbrigativo confronto con i magistrati, ma per cercare di sottrarsi all’arresto.

Perché da allora l’inchiesta ne ha fatta di strada e la storia della ruberia per scopi personali ha cominciato a non stare più in piedi, sfociando in uno scambio di accuse reciproche con gli ex colleghi sulla reale destinazione dei soldi di un partito che in Parlamento non esiste più e che ha continuato a percepire i rimborsi elettorali.

Il senatore si è mostrato molto collaborativo e ha aiutato i pm a ricostruire i flussi di denaro fuoriuscito negli anni dalle casse della Margherita, anche di quello sfuggito ai sequestri disposti dalla magistratura e finito presumibilmente in Canada attraverso le due società a lui riconducibili, la Luigia ltd e la Filor ltd, quest’ultima utilizzata per far tornare in Italia con lo scudo fiscale complessivamente un milione e 800mila euro.

Da quando Lusi è indagato anche di trasferimento fraudolento (non più soltanto di appropriazione indebita) e i suoi familiari di riciclaggio, l’indagine ha preso tutta un’altra piega. Al punto che il gip Simonetta D’alessandro nel provvedimento con il quale ha convalidato i sequestri disposti dalla Procura ha scritto che c’erano le condizioni per la custodia cautelare in carcere.

La prossima mossa del senatore sarà quella di rinunciare al riesame fissato per il prossimo 5 aprile. Anche la procura, dal canto suo, dovrà valutare rapidamente il da farsi. L’interrogatorio di ieri era stato fissato per evitare la richiesta di arresto ormai imminente. Nelle scorse settimane infatti, dopo le fughe di notizie circa i finanziamenti ad alcune fondazioni ambientaliste vicine all’ex presidente della Margherita Francesco Rutelli, la procura aveva seriamente valutato l’ipotesi di chiedere l’autorizzazione all’arresto al Senato. A frenare le valutazioni dei magistrati, il rischio che il dibattito di palazzo Madama sull’eventuale arresto finisse per rallentare ulteriormente l’indagine. La valutazione sarà affrontata ancora in queste ore.

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