Lampedusa, riprendono gli sbarchi degli immigrati: il sindaco chiede la riapertura del Cpa

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L’arrivo a Lampedusa di 276 profughi, in poco meno di 24 ore, riaccende la paura degli isolani, che temono un altro effetto devastante per l’economia che l’anno scorso ha subito un calo del 70% di presenze di turisti. Gli immigrati, soccorsi tutti a oltre settanta miglia dall’isola, di orgini subsahariane, sono stati trasferiti in parte in un residence di Cala Creta e i restanti 108 sistemati, ma solo temporaneamente, all’Area Marina protetta, dove non ci sono letti ma solo materassi. Il Centro d’accoglienza, dopo l’incendio appiccato nel settembre scorso da un gruppo di tunisini che protestavano contro il rimpatrio, e’ ancora chiuso perche’ inagibile. Anche se oggi il sindaco di Lampedusa, Bernardino de Rubeis, chiede a gran voce di riaprirlo ”entro le prossime 24-48 pre” per evitare ”effetti devastanti sull’isola”. ”Ho chiesto al ministero dell’Interno di riaprire, immediatamente, nelle prossime 24 ore, il centro di accoglienza per tornare al famoso ‘modello Lampedusa’ e trasferire entro le prime 24-48 ore i profughi che arrivano”, ha spiegato De Rubeis all’ADNKRONOS mentre assiste al trasbordo sulla terraferma di 108 migranti tenuti per piu’ di 24 ore sul rimorchiatore ‘Asso 30′, dopo essere stati soccorsi nel Canale di Sicilia. “Non possiamo continuare ad assistere all’arrivo di altri profughi che vengono portati all’area marina protetta o in altri luoghi non idonei – ha aggiunto il sindaco di Lampedusa- non c’e’ neanche coordinamento, se non via telefonica con la Prefettura di Agrigento. Serve la presenza della Protezione civile. Ho cercato anche di parlare con il capo del dipartimento, Franco Gabrielli”. “Tra l’altro -ha aggiunto ancora De Rubeis- all’Area marina protetta tra pochi giorni iniziano i lavori di ristrutturazione e se continuano ad arrivare altri profughi non sappiamo dove sistemarli. Ecco perche’ chiediamo la riapertura del centro d’accoglienza. Non vogliamo che accada quello che e’ successo l’anno scorso perche’ non possiamo rischiare di perdere anche questa stagione turistica”. Dopo l’incendio del Cpa, l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni aveva deciso di dichiarare Lampedusa ‘porto non sicuro’, cioe’ in altre parole i migranti non si potevano piu’ portare sull’isola. Ma per effettuare i soccorsi in mare dei 276 immigrati che si trovavano sui tre barconi in difficolta’ a oltre settanta miglia dall’isola di Lampedusa la Capitaneria di porto ha dovuto derogare alla dichiarazione di ‘porto non sicuro’ firmata il 27 settembre del 2011 da Maroni. Come conferma il comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa, tenente di vascello Giuseppe Cannarile, da pochi mesi sull’isola. “E l’isola ‘restera’ porto non sicuro’ finche’ il centro di accoglienza non sara’ ricostruito”. “Questo significa che altri migranti che dovessero arrivare saranno portati in altri centri”, aveva detto l’ex ministro durante un’audizione in Commissione Parlamentare Infanzia sui minori stranieri non accompagnati. “Ma quando ci sono immigranti in pericolo di vita, come e’ accaduto ieri – ha spiegato Cannarile – non c’e’ il tempo per trasferire direttamente i profughi in strutture sulla terraferma. Quindi abbiamo dovuto chiedere la deroga della dichiarazioni di ‘porto non sicuro’. Di fronte a uno stato di necessita’ ogni ordine viene meno”. Intanto si rivedono al porto le stesse scene di un anno fa. I 108 profughi sull’Asso 30 vengono fatti scendere, uno ad uno, e portati all’Area Marina protetta. Uno di loro, Mose si ferma a parlare con l’ADNKRONOS e racconta la sua odissea: ”C’e’ stato un guasto, si e’ spento il motore e abbiamo iniziato ad imbarcare acqua. Siamo rimasti in balia delle onde per giorni. Per fortuna ieri siamo stati tratti in salvo”. Mentre parla Mose, un somalo di 25 anni, che si trovava sull’imbarcazione soccorsa ieri a 70 miglia dall’isola insieme con altri 107 profughi, ha ancora la voce tremante. Mose e’ stremato. Il rimorchiatore e’ rimasto in rada per piu’ di 24 ore e solo nel primo pomeriggio i 108 extracomunitari, tra cui 93 uomini, 11 donne e 4 minori sono stati fatti scendere al porto vecchio di Lampedusa con l’ausilio di Carabinieri, Guardia costiera e Guardia di finanza. Molti dei 108 profughi non sanno parlare ne’ l’inglese ne’ il francese. Un altro giovane, Faud, somale anche lui, 23 anni, racconta in un inglese stentato di essere scappato 3 mesi fa dalla Somalia e di avere percorso il Sahara fino ad arrivare due mesi fa in Libia. “Sono scappato dalla Somalia -racconta ancora visibilmente scosso- perche’ li’ non potevamo piu’ continuare a vivere. Ho lasciato la mia famiglia in Somalia e sono scappato perche’ spero di potere trovare un futuro migliore. Vorrei studiare e cominciare a lavorare, ma soprattutto vivere in un paese libero”. Anche Faud racconta la stessa versione di Mose: “all’inizio l’imbarcazione andava spedita -spiega- poi c’e’ stato un improvviso guasto e la barca si e’ fermata. Ieri abbiamo anche visto un elicottero, ci siamo tutti sbracciati per chiedere aiuto. Per fortuna siamo stati poi salvati. Altrimenti adesso non sarei qui a raccontare quello che e’ successo”. Tra le 11 donne trasbordate c’e’ anche Fatima, un’etiope di 24 anni. Occhi neri carbone, sguardo fiero, corporatura sottile e un grande scialle color fucsia a coprire la testa e le spalle. “Sono scappata dall’Etiopia -racconta in lacrime- perche’ voglio una vita migliore, voglio avere figli e crearmi una famiglia”. I 108 profughi sono stati portati, a bordo di due pullman della cooperativa ‘Lampedusa accoglienza’ all’Area Marina Protetta. Si tratta di una struttura non attrezzata per accogliere molti profughi ma, considerata la chiusura del centro d’accoglienza, dopo l’incendio appiccato l’anno scorso dai tunisini, e il residence di Cala Creta gia’ occupato da altri extracomunitari, e’ l’unico posto disponibile dove portare i profughi”. Ma la gente di Lampedusa e’ arrabbiata e non vuole rivivere le stesse scene dell’anno scorso. ”Questa volta lo Stato non ci abbandoni, ci stia vicino perche’ non possiamo essere nuovamente martirizzati. Non ce lo meritiamo. Siamo pronti ad agire”. Rosetta Greco, bionda, occhi chiari e’ una donna forte. Insieme con il marito gestisce il ristorante ‘Nautic’ e due alberghi a lampedusa. L’arrivo degli oltre 270 profughi nelle ultime 24 ore la preoccupa molto. Anche se non vuole parlare di ”emergenza”. ”Prima vediamo come evolvera’ la situazione – spiega – ma questa volta vogliamo essere tutelati. L’anno scorso, con l’arrivo di oltre sessantamila migranti, siamo stati abbandonati dalla politica che e’ venuta qui solo per fare passerella. Ora diciamo basta. Non vogliamo che succeda un’altra volta quello che e’ accaduto il 21 settembre. Tremo ancora al pensiero”. Lo scorso 21 settembre un gruppo di tunisini che protestava contro il rimpatrio forzato, prima ha dato alle fiamme uno degli edifici del Centroo d’accoglienza che da allora e’ inagibile, poi ha rubato due bombole a gas da un ristorante minacciando di farle saltare in aria con un accendino, a due passi da un distributore di benzina e davanti a migliaia di lampedusani impazziti dalla paura.  ”Questa volta vogliamo delle risposte concrete – dice ancora Rosetta – basta promesse o passerelle” all’arrivo dei 108 profughi soccorsi a oltre 70 miglia dall’isola. Mentre gli altri lampedusani appena vedono i giornalisti iniziano ad inveire contro di loro, ”colpevoli” a loro dire di ”creare allarmismi inutili”, Mandracchia cerca di calmarli e spiega: ”L’anno scorso siamo stati ridotti sul lastrico, abbiamo subito una perdita netta di oltre il settanta per cento. Se succede di nuovo quest’anno i lampedusani possono emigrare altrove”. “Chiediamo alla stampa di non usare, per favore, toni allarmistici. Non c’e’ alcuna ‘nuova emergenza’, come dicono in televisione, non c’e’ una ‘nuova ondata’ ne’ si tratta di sbarchi, ma queste persone vengono soccorse in alto mare, a due passi dalla Libia per essere salvate. Quindi, non sono sbarchi”. Stella Migliosini e’ una commerciante. L’anno scorso era tra i piu’ agguerriti per chiedere aiuto allo Stato. ”Noi non siamo affatto razzisti – spiega – e’ giusto che i profughi vengano aiutati ma mi chiedo perche’ debbano essere portati solo a Lampedusa? Perche’ non li accompagnano a Pantelleria, ad esempio? Li’ hanno un ospedale vero e non un Poliambulatorio come noi. E ricorda la recente visita dei ministri Annamaria Cancelleri e Andrea Riccardi sull’isola: ”Se sapevano che sarebbero arrivati altri profughi perche’ non hanno riaperto il centro d’accoglienza?”. Sul molo di Lampedusa c’e’ anche un economista, il professor Pietro Busetta, ex assessore comunale di Lampedusa: ”Si ricomincia a scaricare su un’isola incolpevole un prezzo che invece dovrebbe pagare l’Italia e l’Europa. Recuperano degli extracomunitari anche a 120 miglia dall’isola, cioe’ quasi in Libia per portarli a lampedusa, massacrando cosi’ l’immagine di una realta’ che vorrebbe vivere di turismo”. “Le soluzioni alternative esistono -prosegue-, e’ giusto che si sappia, ma uno Stato disattento non vuole percorrerle. Come e’ stato gia’ dimostrato in passato quando i profughi venivano portati direttamente a Porto Empedocle o imbarcati sulle navi in mare. L’isola non e’ nelle condizioni di affrontare un’altra estate come quella del 2011, la sua economia crollerebbe questa volta definitivamente”. Su Lampedusa scende la sera. L’isola e’ deserta. Solo in pochi fanno una breve passeggiata, ma neppure sul corso perche’ in via Roma ci sono in corso dei lavori ed e’ un cantiere aperto. Un vecchio pescatore, don Pietro, come lo chiamano qui, scruta l’orizzonte e sussurra tra se: ”Chissa’ che cosa ci aspetta il futuro…”.

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