Il malessere della Calabria espresso nel ‘No Tav’

StrettoWeb

di Giovanni Alvaro – La vicenda della Tav in Val di Susa, con le conseguenti, indecorose e non tollerabili mobilita zioni contro l’opera, quando sono intrise di illegalità e violenza, ha dato la stura ad un confronto, a distanza, tra un ‘nemico’ dichiarato del Mezzogiorno, e della Calabria in particolare, qual’è stato ed è tutt’ora Eugenio Scalfari, e un nuovo ‘amico’ del profondo Sud, qual è il Direttore di Calabria Ora, Piero Sansonetti. Il primo, con il solito delirio antimeridionale, non trovando di meglio per parlare a favore della TAV punta a crocifiggere gli studenti dell’Università della Calabria, accusati di perdere tempo a lottare contro l’Alta Velocità avendo ben altro di cui occuparsi in una Regione che ha mille problemi da risolvere a partire dalla presenza asfissiante della ‘ndrangheta. E solo dopo, dopo esser rientrati nella ‘civiltà’, bontà di Barbapapà, conquisterebbero il diritto di dire la loro sui problemi del Paese e, quindi, anche della stessa TAV.

Sansonetti, a muso duro e senza alcun condizionamento per la veneranda età dell’interlocutore, lo accusa, per le tesi espresse, di razzismo, anche se di ‘velluto’ “assai più raffinato di quello dei Gentilini e dei Borghezio ma sicuramente per niente diverso”. La foga della polemica, però, lo ha portato ad uno scivolone contro l’opera, anche se nel post scriptum, affermando l’inutilità dell’opera in Val di Susa per i ridicoli risparmi di tempo che si realizzerebbero (solo 12’) e per l’enorme costo che l’opera potrebbe comportare a partire dai 23 miliardi iniziali.

Nessuno dei due, però, ha cercato di capire la protesta degli universitari calabresi che va ricondotta a due motivazioni di fondo. La stessa che ha mosso o sta muovendo altri giovani, in parti diverse del paese, che hanno scelto la Tav come occasione per scatenarsi contro il ‘potere’. La Tav non interessa minimamente, ma è solo un pretesto. Nel fiume carsico della protesta c’è la ‘frattura’ con l’Europa dei tecnocrati, quella contro i poteri forti che dominano le scene europee ed italiane, e quella, inedita, di ‘marciare’ contro chi li ha ‘educati ed allevati’ allo scontro ed alla contrapposizione, per poi abbandonarli sull’altare della ragion di stato dettata da Napolitano.

A tutto ciò, in Calabria, si aggiunge l’insofferenza per un canovaccio che punta a sostenere mediaticamente, come l’articolo di Scalfari dimostra, ogni iniziativa che interessi il Nord del Paese e il suo sviluppo, chiamasi Tav, Mose, variante di valico, Brebemi, corridoio dei due mari Genova-Rotterdam e quant’altro, mentre al Sud e in Calabria bisogna accontentarsi di annunci che poi dormono sonni tranquilli come ad esempio il corridoio 1 Berlino-Palermo, e con esso l’alta velocità ferma incredibilmente a Salerno.

Per non parlare del Ponte sullo Stretto che vede i miserabili impegni del Cipe venir decisi per poi essere depennati con un semplice tratto di penna. Per Scalfari gli 8 miliardi che servono al Ponte sarebbero uno sperpero a uso e consumo della mafia, mentre le opere al Nord sono opere di civiltà e di progresso. Dimentica il nostro che l’impegno dello Stato italiano, per il Ponte, sarebbe poco meno di 2 miliardi di euro dato che, per la restante somma, ci si rivolge al mercato finanziario internazionale col meccanismo del project financing. Forse il Nostro non lo sa, ma la Cina si è dichiarata disponibile al finanziamento.

Ma con il razzismo brutale, o di ‘velluto’ che sia, non c’è niente da fare perché ‘ipse dixit’. Ma stupirsi per la mobilitazione degli studenti dell’Università della Calabria ci sembra un’esagerazione. Non ne vediamo la ragione, semmai gli studenti dell’Unical sono il campanello d’allarme del “quousque tandem abuteris patientia nostra”. I forconi sono pronti.

P.S.: Il corridoio 5 è un’opera indispensabile per accorciare i tempi di percorrenza per il trasporto delle merci, e per liberare zone importanti e delicate del paese dalla tirannia dei Tir che immettono nell’atmosfera e tonnellate di tonnellate di CO2 tanto combattuta dagli ambientalisti che sostengono la fandonia del surriscaldamento del pianeta. Il trasporto merci, nella tratta Lione-Torino, con il mezzo ferroviario, è passato, in 10 anni, dai 10 milioni di tonnellate ad appena 4,8 stante, prima, l’impossibilità  di far viaggiare i container nella vecchia galleria (costruita nel 1857) e, dopo averla risagomata, stante la necessità di poterla utilizzarla solo a senso unico alternato.

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