Colpo di stato in Mali: si concretizzano i timori del cosiddetto “effetto Libia” con la somalizzazione del Sahara

StrettoWeb

di Daniele Ingemi – Dopo la fine della guerra civile libica, che sta generando un processo di frantumazione del paese nord-africano in due macro-regioni, la Tripolitania e la Cirenaica (che ha già dichiarato la propria indipendenza), le ondate di violenze che stanno martoriando l’area sahariana non accennano a placarsi. Proprio ieri un colpo di stato ha scosso il Mali. Dcine di militari in rivolta hanno difatti assaltato il palazzo presidenziale nella capitale Bamako, ingaggiando una dura battaglia con la Guardia Presidenziale, fedele al presidente malitiano. La scintilla è scoppiata nel campo militare di Kati, a una quindicina di chilometri dalla capitale Bamako, con la visita del ministro della Difesa, Sadio Gassama, che voleva rassicurare i soldati sull’impegno del governo nella lotta alla ribellione dei Tuareg e dei gruppi terroristici della galassia di Al-Qaida che infiamma il nord del Paese, una regione considerata peraltro una delle principali roccaforti dell’Aqmi, il braccio armato di al Qaida nel Maghreb. Gassama voleva in qualche modo rassicurare i militari, ma la visita al campo di Kati si è presto trasformata in vera e propria fuga, con il ministro e il suo Stato maggiore inseguito da una pioggia di pietre. I militari maliani si sentono frustrati perché costretti a combattere con armi obsolete contro miliziani fortemente motivati e, soprattutto, ben equipaggiati con le armi e l’artiglieria proveniente dal fronte libico. Nel nord del Mali, i tuareg del Fronte di liberazione nazionale dell’Azawad, con molti rientrati in Mali dopo aver combattuto in Libia per Muammar Gheddafi , e i jihadisti di Ansar Din, stanno stringendo come in una tenaglia le fragili armate di Bamako. Infuriati dopo le promesse del ministro Gassama, i soldati di Kati sono usciti dalla base e, armi in pugno, hanno raggiunto il centro di Bamako dove hanno assediato il palazzo della televisione di Stato, esplodendo raffiche di mitra e colpi di fucile in aria e costringendo molti dei suoi occupanti a fuggire, indenni, ma terrorizzati. Poi si sono diretti verso il palazzo presidenziale. Testimoni e fonti diplomatiche parlano di scontri con armi pesanti. Nell’area il governo ha dispiegato i corpi d’elite malitiani dei paracadutisti, i berretti rossi, che difendono la residenza del presidente Amadou Toumani Tourè, utilizzando anche i mezzi blindati. La situazione è delicatissima, a poco più di un mese dalle elezioni presidenziali, previste il prossimo 29 Aprile, tanto che alcuni partiti chiedono una concertazione quanto più larga possibile che possa tracciare un percorso che porti il Paese fuori dalla crisi. La Francia, che ha parecchi interessi economici nella regione, mostra una grande preoccupazione per i gravi episodi di violenza, frutto della graduale somalizzazione di una vasta fetta del Sahara occidentale, con la morte del colonnello Gheddafi.  Parigi invita alla calma e chiede il rispetto della Costituzione e assieme a Washington fa pressioni per fermare l’escalation di violenza. Ma siamo certi che queste rassicurazioni non bastino e che con il vuoto di potere che si è creato nei grandi stati islamici come l’Egitto e la Libia, una volta moderati e alleati dell’Occidente, la situazione in tutta la fascia sahariana rischia di degenerare, a vantaggio dei gruppi affiliati ad Al-Qaida e degli integralisti islamici che ora possono appoggiare sulle milizie degli Shebab somali e della Boko Haram nigeriana, che giorno dopo giorno continua a crescere grazie all’enorme quantità di armamenti provenienti dal fronte libico, fra cui i micidiali missili Grad e parecchia artiglieria pesante trafugata dalle vecchie caserme dei soldati libici fedellissimi di Gheddafi.

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