Attacco a base italiana in Afghanistan, muore militare italiano

StrettoWeb

Un militare italiano è morto in un attacco a colpi di mortaio in Afghanistan. Altri 5 sono rimasti feriti, tra cui una soldatessa in condizioni gravissime. Il militare ucciso si chiamava Michele Silvestri, aveva 33 anni e abitava a Monte di Procida del 21/o Genio Guastatori di Caserta. Era sposato e aveva un figlio di 8 anni. L’attacco è stato portato contro la Fob (Forward Operative Base) “Ice” in Gulistan, nel settore controllato dal primo Reggimento Bersaglieri della Brigata Garibaldi. Con il sergente Michele Silvestri l’elenco delle vittime sale a cinquanta, mentre i Servizi segreti avvertono che, di questo passo, il processo di transizione rischia di fallire. L’Idv e il Prc tornano a chiedere il ritiro del contingente, mentre per il Pd occorre “ricalibrare gli obiettivi della missione”.

La ‘Fob’ (Forward operative base) ‘Ice’ è una base avanzata italiana incastrata tra il deserto e le montagne del Gulistan, nella provincia di Farah, a ridosso del profondo sud ‘talebano’. Siamo nel settore sud-est dell’area occidentale del Paese, dove sono schierati i 4.200 militari italiani della missione Isaf. Nei prossimi giorni ci sarà l’avvicendamento al comando tra la brigata Sassari, che torna a casa, e i bersaglieri della Garibaldi, che già da alcuni giorni presidiano il Gulistan e Bakwa con la task force south-east.

‘Ice’ e ‘Snow’, l’avamposto lì vicino (dove venne ucciso l’alpino Miotto), sono due fortini che quasi ogni giorno vengono presi di mira dagli ‘insorti’. Stavolta l’attacco comincia di buon ora. Sparano colpi di mortaio, ma nessuno centra l’obiettivo. Sembra tutto finito, ma nel pomeriggio (sono le 18, le 14.30 in Italia), si ricomincia. Ora la mira è più precisa ed una o più bombe cadono nel perimetro della base. Si alzano in volo gli elicotteri d’attacco Mangusta e la minaccia viene “neutralizzata”. Ma la tragedia si è già consumata.

Il sergente Michele Silvestri – campano di 33 anni, sposato, un bambino piccolo, in servizio presso il 21/o reggimento Genio Guastatori di Caserta – era arrivato solo da 10 giorni in Afghanistan. E’ lui ad avere la peggio. Viene subito soccorso, ma le schegge lo hanno dilaniato. Per lui non c’è niente da fare. Cinque i feriti (tre del 1/o reggimento bersaglieri di Cosenza, uno del 41/o reggimento artiglieria ‘Cordenons’ e il quinto pure lui del 21/o, come Silvestri). A parte uno, medicato sul posto, gli altri vengono trasportati in elicottero nella base della coalizione più vicina, quella americana di Delaram, dove c’è il quartier generale del Regional command south-west. Le condizioni di due di loro sono critiche: uno è stato stabilizzato, mentre il secondo lotta tuttora tra la vita e la morte. Gli altri due, riferisce la Difesa, hanno riportato ferite superficiali. Con Silvestri salgono a cinquanta le vittime italiane dal 2004.

Tra i cinque militari italiani rimasti feriti oggi in Afghanistan dai colpi di mortaio che hanno ucciso il sergente Michele Silvestri vi è una soldatessa, in forza al 1/o Reggimento Bersaglieri di Cosenza. La donna è una volontaria di truppa e le sue condizioni – da quanto si è appreso – sono gravissime. La soldatessa ferita si chiama Monica Graziano: lo si rileva da una nota di mons. Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza, città dove ha sede il primo reggimento Bersaglieri. L’arcivescovo ha espresso “vicinanza” alla soldatessa e a due altri militari del reggimento rimasti feriti, che si chiamano Nicola Storniolo e Salvatore De Luca. “Secondo le prime notizie – è scritto nella nota – i primi due militari sarebbero in serie condizioni, mentre De Luca avrebbe riportato ferite di media gravità”. Monsignor Salvatore Nunnari, appena appresa la notizia dell’attentato ai militari in Afghanistan, si è immediatamente ritirato in preghiera ed ha espresso vicinanza al 1/o Reggimento Bersaglieri. L’Arcivescovo di Cosenza si è detto “addolorato – prosegue la nota – ed ha espresso la sua apprensione per i giovani militari che operano nell’area ad alto rischio per il ristabilimento della pace e per garantire la libertà al popolo afgano”.

In alcuni casi si tratta di incidenti, malori, ma il gran numero dei caduti è legato ad attacchi a fuoco e attentati con ordigni esplosivi. Contro quest’ultimo tipo di minaccia – i famigerati ‘Ied’ – si è rivelato particolarmente efficace il blindato ‘Lince’ che ha retto a diverse esplosioni e salvato molte vite, anche se adesso qualcuno ne mette in discussione la stabilità: una decina le vittime in vari ribaltamenti, specie dopo che il mezzo è stato dotato di una pesante ed alta torretta blindata per aumentare la protezione del mitragliere sulla ‘ralla’. Proprio ieri si è saputo che la procura di Civitavecchia ha ordinato il sequestro di un Lince per accertarne la pericolosità, dopo la morte di un soldato in un incidente stradale a Tarquinia. In Afghanistan, di questi mezzi, ce ne sono 500.

Nell’ultima relazione al Parlamento, i Servizi segreti avevano messo in guardia dai pericoli per i militari italiani in Afghanistan, dove “la cornice di sicurezza si è mantenuta estremamente precaria” e “resta elevato il livello della minaccia” per i nostri soldati. Secondo gli 007 dell’Aise, inoltre, “gli elementi di criticità del 2011 sembrano destinati a perdurare nel breve-medio termine” e ciò interessa il processo di transizione, che “rischia di fallire in assenza di adeguati progressi in tema di governance e sviluppo socio-economico”.

Molte le espressioni di cordoglio, a partire da quella del presidente Napolitano che ha appreso “con profonda commozione” la notizia dell’attentato ai militari italiani, “colpiti mentre assolvevano con onore il proprio compito”. Le condoglianze e la vicinanza sono bipartisan, anche se c’è chi torna a chiedere il ritiro delle truppe italiane, come l’Idv (“basta martiri, è una guerra che non ci appartiene”, ha detto Di Pietro), il Prc e i Verdi, mentre il Pd chiede al governo di riferire “al più presto” in Parlamento sulle circostanze di questa nuova tragedia e di “riflettere su come ricalibrare gli obiettivi della missione”.

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