Olimpiadi, “no” del governo a Roma 2020. Ovvero come martellarsi le palle. L’Italia è ormai sulla via del suicidio

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L’importante non è vincere ma partecipare“. De Coubertin, il padre delle olimpiadi moderne la cui prima edizione si svolse nel 1896 ad Atene richiamando i “giochi olimpici” dell’antica Grecia, con questo motto diede vita alla manifestazione sportiva mondiale più importante in assoluto. E l’Italia, oggi, ha deciso di non partecipare neanche alla candidatura di Roma ai giochi del 2020: il premier Monti ha detto “no” alla possibilità di organizzare l’Olimpiade nella Capitale, poche ore dalla scadenza prevista dal Cio per la formalizzazione della candidatura
Monti ha spiegato le motivazioni del suo “no” in conferenza stampa: “Dopo una valutazione sofferta – ha detto – siamo arrivati alla conclusione unanime che il governo ritiene che non sarebbe responsabile nelle condizioni dell’Italia assumere questa condizione di garanzia. Non ce la sentiamo di prendere un impegno finanziario che potrebbe gravare sulle finanze dell’Italia nei prossimi anni. In un altro momento storico avremmo potuto correre il rischio, ora no. Noi pensiamo ai giovani, ben oltre i prossimi mesi, e sappiamo che la traiettoria dell’Italia per numerosi anni a venire può dipendere dal successo o insuccesso della fase di decollo. Siamo nei mesi in cui è prematuro sganciare la cintura di sicurezza“.
Una sconfitta senza neanche giocare. Roma aveva già sfiorato l’assegnazione di un’olimpiade nel 2004, pochi anni fa: ma le fu preferita Atene. Quest’anno le Olimpiadi si svolgeranno a Londra, tra 4 anni, nel 2016, a Rio de Janeiro, in Brasile e per il 2020 la nostra città-simbolo avrebbe avuto pochi rivali e molte possibilità di vittoria. Ma il governo ha deciso di “no”. Già, il governo Italiano e non quello di un Paese “competitor”. L’Italia neanche ci prova, mentre tutto il mondo fa a gara per sfruttare una così grande opportunità di crescita e sviluppo. Il mondo dello sport è triste e amareggiato, ma non solo: le Olimpiadi, simbolo di unione tra popoli (basti pensare al loro simbolo, i cinque cerchi della bandiera che raffigura cinque anelli, di diverso colore, intrecciati in campo bianco con riferimento ai cinque continenti, Europa, Asia, Africa, America e Oceania, per testimoniare l’universalità dello spirito olimpico), sarebbero state un grande evento in grado di rilanciare il Paese all’insegna dello sport.
Ma a dire di “no” non è stato solo Monti. La stragrande maggioranza dei cittadini Italiani, nei sondaggi che tutte le principali testate giornalistiche hanno realizzato sul web, concorda con la scelta del governo e si fa davvero fatica a trovare una riflessione di commento e di opinione che sia contraria al “no” dettato oggi dal premier, in una stampa sempre più piatta e omologata su posizioni istituzionali. Addirittura Massimo Teodori sull’Espresso scrive: “menomale!!! Avremmo fatto la fine della Grecia, che è in crisi proprio per colpa delle olimpiadi di Atene del 2004“. Già, la Grecia è in crisi per le Olimpiadi che 8 anni fa si sono svolte ad Atene, non per altro! Come se la crisi fosse legata al mondo dello stato e dello sport, e non – com’è lapalissiano – alla finanza privata, alle banche e alla borsa.
Per non parlare della politica. Solo il Pdl ha espresso perplessità sulla scelta del governo. Ma gli altri sono tutti contenti, appiattiti su una monotonia da prima repubblica eccezion fatta, ovviamente, per la Lega che è sempre stata contraria e ha remato contro a questa candidatura solo perchè in gioco c’era Roma e non Venezia.
Oggi l’Italia ha toccato il fondo. In molti dimenticano che le Olimpiadi non sono una spesa, ma un investimento che tutti i Paesi del mondo si contendono con grandissima competizione. E se l’ottengono, fanno festa grande. Tranne che per l’Italia, che da oggi ha un nuovo record planetario: il primo, l’unico e presumibilmente ultimo Paese del mondo che si dice “no” da solo. E’ la vittoria degli “anti-Italiani” di casa nostra
Chapeau, mr. Monti!
Chapeau, italians!
I nostri padri latini (veri fondatori dell’Italia dal punto di vista culturale; altro che Garibaldi!) avrebbero voluto vedere una terra che potesse sempre crescere. Che potesse sempre guardare avanti, come dicevano e scrivevano duemila anni fa, “ad maiora“. Ma dall’alto dei cieli si staranno mettendo le mani nei capelli…

LE OLIMPIADI A ROMA – COSA SAREBBE STATO  – LA SCHEDA

Un investimento per il Paese, con effetti benefici sulla crescita e sull’occupazione, praticamente a costo zero. Non lascia dubbi la relazione della Commissione di compatibilità economica presieduta da Marco Fortis sulla valutazione della candidatura alle Olimpiadi e Paralimpiadi di Roma 2020. Lo studio, di quasi cento pagine, è stato sottoposto il mese scorso al presidente del Consiglio, Mario Monti, ai presidenti di Camera e Senato, e infine presentato in una conferenza stampa in Campidoglio, a Roma.

Aumento del Pil. I dati economici sono chiari: le Olimpiadi a Roma determinerebbero una crescita cumulata del Pil nazionale pari a 17,7 miliardi di euro nell’arco temporale 2012-2025, che equivale ad un aumento dell’1,4% del Prodotto interno lordo nazionale rispetto al 2011. La crescita del Pil – secondo lo studio – coinvolgerebbe tutte le regioni d’Italia, ovviamente con maggiore concentrazione al Centro, dove l’aumento cumulato sfiorerebbe il 4%, ma con benefici sensibili anche al Nord (0,5%) e al Sud (1%). Sul fronte del lavoro, la media annua di nuovi occupati sarebbe di 12mila unità, con un picco di 29mila nell’anno 2020, per un totale di 170mila unità per anno di lavoro. La crescita in termini di unità di lavoro medie nel periodo 2015-2025 sarebbe pari allo 0,7% a livello nazionale, con un picco del 2,2% al Centro.

Vantaggi a costo zero. La relazione della Commissione Fortis sottolinea soprattutto che tali vantaggi in termini di crescita di Pil e di livelli occupazionali risulterebbero praticamente a costo zero per il Paese. L’intero volume di spesa per le Olimpiadi a Roma sarebbe di 8,2 miliardi di euro, a fronte di un introito di 3,5 miliardi tra proventi del Comitato Olimpico Internazionale (Cio) per diritti sponsor e tv, biglietti, sponsor locali e lotterie e ricavi da valorizzazione immobiliare. I restanti 4,7 miliardi, che dovrebbero essere garantiti dallo Stato come spesa pubblica, genererebbero tuttavia un maggiore gettito erariale per il Paese pari a 4,6 miliardi di euro. In pratica, l’operazione diverrebbe un volano per l’intera economia nazionale a un costo finale di 100 milioni di euro.

Infrastrutture. Nei particolari, i costi per l’organizzazione ammonterebbero a 2,5 miliardi, quelli per la realizzazione e l’adeguamento degli impianti sportivi a 1,4 miliardi, la stessa cifra necessaria per costruire il villaggio olimpico da 18.000 posti e il Centro Stampa da 5.000. La candidatura di Roma massimizza l’utilizzo di strutture esistenti e di impianti temporanei. Sarebbero stati da completare l’impianto polifunzionale Calatrava a Tor Vergata (500 milioni) e sarebbero andate realizzate in toto solo due nuove opere: un bacino remiero da 95 milioni e un velodromo da 55 milioni. Altri 2,8 miliardi sarebbero stati da destinare alle infrastrutture urbane e di mobilità, un investimento per la capitale e l’intero Paese; ma sono già previsti dal piano strategico di Roma Capitale e necessari anche per il Giubileo del 2025. A questa cifra vanno aggiunti anche i lavori di adeguamento dell’aeroporto di Fiumicino (1,6 mld), interamente a carico dei privati.

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