Reggina, stai attenta: cosa dice la storia tutte le volte che sei partita favorita. Le parole di un anno fa e quella solita presunzione…

Lo scoramento di luglio, l'entusiasmo ritrovato ad agosto e le nuove certezze perse dopo il match contro la Vibonese: Reggina, occhio a ciò che insegna la storia

“Vinceremo”. “L’obiettivo è vincere il campionato”. “La squadra è forte e vogliamo vincere il torneo”. “Sono sicuro che vinceremo, siamo i più forti”. Sono più o meno di questo tenore le frasi pronunciate a Reggio Calabria, in merito alla Reggina, in queste settimane. Arrivano da tanti tifosi ma anche dalla proprietà, dalla dirigenza. Dopo lo scoramento di luglio, insomma, è bastato qualche nuovo arrivo per far cambiare idea a quella parte di piazza indecisa, dubbiosa, scettica. Quella stessa abile a cambiare versione dopo un 4-0 facile contro la squadretta di turno e abile a cambiarla una settimana dopo per qualche 1-0 scialbo (riferimento agli ultimi due anni). La proprietà, invece, non ha cambiato musica: come accade da due anni a questa parte, c’è sempre la solita convinzione – che è più che altro presunzione – che la Reggina sia la più forte di tutte, della Serie D, della Serie C, dell’Italia, dell’Europa, del Mondo e dell’Universo, se soltanto si partecipasse al torneo dei pianeti.

La partita contro la Vibonese ha aperto a dubbi e riflessioni

Ma anche in questo caso è bastata una partita, una sola partita, per far tornare sulla terra chi cambia bandiera con facilità: la prestazione contro la Vibonese non è piaciuta a nessuno, tra difficoltà degli under e giro palla fiacco e senza idee. Per cui, tutta quella convinzione di “squadra ammazza-campionato”, si è già disciolta come neve al sole. Sicuramente, al prossimo 4-0 al Messina di turno (ma solo per l’attuale condizione dei biancoscudati), di nuovo tutti felici e contenti.

La partita di domenica a Palmi di Coppa, in realtà, ha aperto a delle riflessioni mai banali nel calcio. La prima, la più classica, è che a comandare è sempre il campo. Il PSG, tanto caro al sindaco Falcomatà (e gli è andata anche male), ci ha messo anni, dopo stagioni di “figurine” e Ligue 1, a vincere una Champions League, proprio quando ha cominciato ad acquistare con logica. Eppure la capitale francese ha visto passare grandi campioni per anni.

Ma torniamo alla Reggina. L’entusiasmo per “lo squadrone”, quello che gli ultrà avevano chiesto e su cui ci sembra di capire siano stati accontentati (considerando l’euforia di questi giorni tra presentazione e trasferta di Palmi), rischia di affievolirsi in caso di prestazioni e risultati come quelli di domenica. La Reggina, ricordiamo, si è fatta raggiungere dalla Vibonese con l’uomo in più, dopo che per larghi tratti – nel primo tempo – la compagine rossoblu aveva rischiato di passare in vantaggio. A salvarla, qualche forza fresca e qualche titolare (Montalto e Porcino in campo nella ripresa, dopo la panchina del primo tempo), ma la prestazione non ha convinto.

Cosa insegna la storia amaranto

La gara di domenica ha aperto a un’altra riflessione, che qualche tifoso un po’ più vecchietto dovrebbe ricordare: cosa dice la storia della Reggina quando quest’ultima si è ritrovata ad essere favorita alla vigilia? Non serve scomodare i primi anni ’90 (il sottoscritto doveva ancora nascere), ma si potrebbe benissimo tornare all’anno di Novellino, stagione simbolo da questo punto di vista. “Sono qui per vincere”, ma se ne andò dopo qualche giornata. Qualcosa di simile è accaduta anche negli anni successivi, in qualche stagione, seppur con meno clamore.

Al contrario, invece, sempre la storia insegna che la Reggina ha ottenuto i risultati migliori quando è partita in sordina, qualche gradino sotto le favorite (l’anno della promozione con Toscano in B o quelle dei playoff per la A con Atzori e Inzaghi) o addirittura ben lontana da velleità d’alta classifica (la stagione della prima promozione in Serie A con Gustinetti).

Com’è la situazione oggi

Oggi la Reggina è considerata la favorita nel girone I, perlomeno a sentire la proprietà, i tesserati ma anche diversi addetti ai lavori. La società è convinta, ma era convinta anche lo scorso anno e poi si è fatta male, costretta ad arrabbiarsi con gli arbitri, con il Siracusa che vinceva (sigh!) o con la Vibonese che si scansava. Pur considerando gli arrivi dei vari Blondett, Di Grazia, Edera e Montalto (questi ultimi due con l’incognita fisica), sarebbe stato forse meglio volare basso, memori delle due stagioni, ma forse la proprietà ha capito che alla piazza basta poco per esaltarsi e farsi prendere in giro, o comunque basta poco affinché tutto passi e si dimentichi. Si dimentichino, per fare un esempio, le riunioni di piazza (con tanto di balle del sindaco appresso) o i video-minaccia di non far scendere in campo la squadra.

Detto ciò, perlomeno sulla carta, ad oggi la Reggina sembra essere effettivamente la più attrezzata, ma anche per la fortuna di non ritrovarsi più Trapani e Siracusa (ma solo perché sono salite) né Scafatese o Nocerina, finite in altro girone. Curiosità su Gelbison e Savoia, ma la Nissa sembrerebbe essere la principale antagonista. Sempre, però, tutto generico, ipotetico, sulla carta. Perché poi c’è il campo, come detto. E il campo domenica non ha proprio entusiasmato.

Cosa si prova a giocare sapendo di avere la pressione di dover vincere il campionato, di dover vincere sempre e di dover vincere anche in maniera convinta? Cosa prova mister Trocini nel sapere che la proprietà è convinta di avergli affidato “lo squadrone” e che quindi ogni responsabilità ricadrebbe su di lui praticamente al primo pareggio scialbo? Cosa provano i calciatori, alcuni under ancora un po’ impacciati, nel sapere che sono stati ingaggiati per vincere, senza sé e senza ma, altrimenti la proprietà li manderà al “macello”, come già fatto in questi due anni, con le vicende “scarti” Ba e Bonacchi o con la vicenda Barranco?

La storia insegna che in tutti questi casi, anche quando c’erano al comando strutture societarie forti, la pressione non è stata retta e tutto è finito male. Ci auguriamo che non sia così anche questa volta. Anche perché già, a sentire i tifosi, è tutto un “se non salgono neanche quest’anno se ne possono andare”. Ma non l’avevano detto anche un anno fa?