Falcomatà ed il ballo della tarantella: che s’adda fa’ pe’ campà…

di Giuseppe Romeo – Che s’adda fa’ pe’ campà… Questa è la prima frase che viene in mente guardando il sindaco Giuseppe Falcomatà tentare di ricucire il rapporto con i reggini, gettando loro fumo negli occhi e fingendo di divertirsi ballando la tarantella. Reduce dalla cocente delusione per non essere stato nemmeno preso in considerazione come candidato governatore del “campo largo”, Falcomatà si ritrova oggi costretto a cercare di imporsi almeno come consigliere, per non rischiare di perdere la poltrona e doversi reinventare con il concorso di categoria C vinto lontano dalla sua città. E così, in maniera improvvisata e goffa, eccolo trasformarsi in ballerino da circo durante il raduno delle 500, sperando di strappare qualche sorriso e un briciolo di simpatia. Con orgoglio quasi ingenuo, ha persino condiviso il video della sua performance sui social.

Il sindaco sceglie di ballare, come se un passo di tarantella potesse cancellare 11 anni di promesse disattese

Ma la realtà che i cittadini vivono ogni giorno è ben diversa: cantieri infiniti, reti arancioni che paralizzano la viabilità, il tapis roulant che funziona a singhiozzo e chiude alle 17, un lungomare deturpato dai rifiuti, simbolo di incuria davanti agli occhi dei turisti. In questo scenario, il sindaco sceglie di ballare, come se un passo di tarantella potesse cancellare 11 anni di promesse disattese, clientele e delusioni. Il timore più grande per lui non è certo quello dei cittadini delusi, ma quello di essere surclassato dal sindaco di Palmi, Giuseppe Ranuccio. Una sconfitta contro il pianigiano significherebbe la fine anticipata di una carriera politica costruita più su errori e tradimenti che su risultati concreti, sin da quando nel 2014 vinse le primarie grazie a un gruppo di giovani professionisti che ha tradito, che oggi lo ha abbandonato, trovando fortuna in altre coalizioni.

Ci ha rattristato vederlo “ballare da solo”

Ci ha rattristato vederlo “ballare da solo”, isolato e senza più il sostegno di quelle belle “scoperte” politiche che un tempo lo proteggevano. Tristezza nel constatare come un giovane con un cognome pesante abbia dilapidato un patrimonio umano e familiare, preferendo una politica basata non sul consenso vero, ma sulla clientela. Un narcisismo che lo ha spinto a circondarsi di nani per sentirsi più alto e ad allontanare chiunque avesse un’opinione autonoma, trasformando potenziali alleati in avversari.

La politica non perdona

La politica, però, non perdona. La tattica del “nano per sentirsi gigante” non ha mai funzionato, né nella vita, né nel lavoro, né tantomeno nell’amministrazione di una città. Oggi, guardando quel sorriso forzato con cui prova a mostrarsi spontaneo, non possiamo che leggere l’amarezza di chi sta tentando disperatamente di raccattare qualche voto per restare in piedi dopo 11 anni di governo, mentre incombe il rischio del tramonto definitivo della sua parabola politica. Un ragazzo con un cognome pesante, che si è condannato all’isolamento politico e che adesso, come l’orso del circo Orfei, non può fare altro che ballare da solo.