Reggio Calabria sprofonda in un caos senza precedenti: cittadini infuriati, ma molti sono colpevoli. Adesso imparino a votare

Reggio Calabria sembra accorgersi dell'incapacità amministrativa di Falcomatà soltanto 11 anni dopo: monta la rabbia, nascono comitati e movimenti, ma tanti cittadini sono responsabili di questo disastro

Reggio Calabria vive uno dei momenti più difficili della sua storia: la città è estremamente sofferente, non solo per i problemi più importanti che la affliggono di anno in anno in modo crescente (povertà e depressione economica, fuga dei cervelli costretti ad emigrare altrove), ma anche per quelli basilari che rappresentano una vera e propria emergenza: le buche nelle strade, la raccolta della spazzatura, l’approvvigionamento idrico nelle case.

Non basta a rilanciare la città il boom di turisti dovuto all’arrivo di Ryanair grazie alla lungimiranza del governatore Occhiuto alla guida della Regione Calabria: quello del turismo è l’unico settore in crescita, e chi viene da turista per 3-4 giorni certamente apprezza le straordinarie bellezze di Reggio Calabria. Aumentano gli alberghi e le strutture ricettive, che fanno ottimi affari. Ma non basta. Per il resto, la città è in macerie.

Chi pensava che per Falcomatà bastasse inaugurare due giostrine al Tempietto o organizzare uno spettacolo con le lucine con i droni sul Lungomare per ricostruirsi una credibilità politica perduta in dieci anni di malgoverno, si sbagliava di grosso: mai come oggi il malcontento nei confronti del Sindaco è cresciuto, a maggior ragione dopo i prodigi degli ultimi mesi in cui ha deciso di “valorizzare” (sigh!) le migliori menti che lo circondano, i veri e propri supereroi che ha scelto come collaboratori, consiglieri, addirittura assessori. E’ la squadra dei Super Pippi, da Filippo Sorgonà a Filippo Burrone passando per Filippo Quartuccio, così virtuosi che non hanno neanche bisogno di mangiare la nocciolina per avere i superpoteri.

La gente è sempre più arrabbiata: in ogni quartiere, in ogni rione, in molte vie, stanno nascendo comitati, movimenti e associazioni che chiedono incontri, denunciano criticità, lanciano appelli per avere i necessari interventi urgenti sempre per le solite cose: le strade, prima di tutto. Ma anche le perdite idriche e la raccolta dei rifiuti. La manutenzione del verde. L’argomento è stato al centro del dibattito dell’ultima Commissione, e persino Castore ha scaricato le responsabilità tutte sul Comune: “noi facciamo quello che ci dicono loro, non abbiamo nessuna richiesta inevasa“. Come se fossimo a Brooklyn: per l’Amministrazione Comunale non ci sono problemi. Cambiano le aziende, ma il problema rimane sempre lo stesso. La raccolta porta a porta, imposta da Falcomatà con arroganza e presunzione nel 2015 (Reggio Calabria è l’unica città del mondo che ha deciso di abolire i cassonetti pubblici!), continua a non funzionare e nonostante le promesse di un ritorno al sistema misto, è ancora tutto basato sui mastelli e i rifiuti si accumulano in montagne dietro ogni portone.

I cittadini vedono la politica assente: Falcomatà si è avventurato nell’ennesimo rimpasto di Giunta che ha toni drammatici, dal punto di vista prettamente amministrativo, anche perchè era arrivato a comporre questa squadra di governo appena un anno fa dopo mesi di liti e tribolazioni all’interno del partito e della coalizione. Ma in questo anno, la gente non ha mai visto in giro un Assessore. I cittadini non conoscono neanche i nomi degli Assessori, non sanno chi sono, tantomeno le deleghe che hanno. L’unico ad avere un briciolo di popolarità è Paolo Brunetti, ma solo perchè è stato Sindaco facente funzioni nell’anno precedente, quando Falcomatà era stato sospeso per i suoi guai giudiziari. E perchè è stato il protagonista dello scandalo che ha affossato la Reggina.

Persino tra gli addetti ai lavori sono in pochi a conoscere la composizione della Giunta e i vari ruoli degli Assessori con cui Falcomatà aveva promesso di risollevare la città, che invece siamo in un degrado senza precedenti. Quotidianamente riceviamo su StrettoWeb segnalazioni, richieste, fotografie, lamentele, sempre sulle solite cose: buche e voragini nelle strade, colonie di topi che infestano i quartieri, montagne di spazzatura, acqua che non arriva nelle case. E adesso Falcomatà non ha più neanche l’alibi della siccità, ampiamente superata. Ognuno pensa che sia la propria via di casa quella messa peggio, tutti parlano di “periferie abbandonate” da Catona a Pellaro, ma forse non si rendono conto che la situazione è identica nel centro storico, nelle strade intorno al Comune dove Falcomatà e i suoi Assessori lavorano ogni giorno, in cui loro stessi guidano le automobili, finiscono nelle buche. E magari imprecano e finisce lì. Non è un problema di periferie o considerazione: è che sono proprio incapaci di gestire la città.

E la nostra non è solo una provocazione, ma forse prima di continuare a dare così tanto spazio alle lamentele dei reggini dovremmo chiedere a chi si lamenta per chi ha votato alle scorse elezioni. Perché a Falcomatà tutto si può rimproverare, tranne una cosa: se è Sindaco, non è colpa sua. Non ha strappato il potere con la violenza, non si è imposto a Palazzo San Giorgio con un colpo di Stato. Sono stati i reggini ad eleggerlo, e rieleggerlo. E se la prima elezione, quella del 2014, rientrava nella normalità delle cose (in quel momento era l’offerta politica più logica da sposare per la città, era un volto di speranza, in un contesto in cui la democrazia era stata ribaltata per via giudiziaria e gli avversari totalmente azzerati), quella del 2020 è da psicanalisi. Nei confronti degli elettori, appunto.

Non è una questione politica: di candidati ce n’erano 9, e l’unico che la città conosceva bene come un totale fallimento era proprio Falcomatà. Ebbene, i reggini sono riusciti a rieleggerlo. Non è una questione politica, lo ripetiamo. Minicuci non piaceva? Bene: si poteva scegliere Angela Marcianò, o Saverio Pazzano, o Fabio Foti, tanto per rimanere a sinistra. C’era persino Klaus Davi, e altri dignitosissimi candidati civici. E invece i reggini hanno scelto di nuovo Falcomatà, ben consapevoli di cosa andassero incontro.

Ecco perchè oggi i cittadini che hanno votato Falcomatà nel 2020 sono colpevoli di questo disastro, e non hanno il diritto di lamentarsi. Se non con loro stessi. Facendo mea culpa, pubblica ammenda. Non è solo una provocazione. E’ una storia che si ripete da tempo: questa città sa solo lamentarsi, ma poi quando può e deve cambiare le cose, non lo fa. Per sei anni si sono lamentati di Falcomatà, e poi lo hanno rivotato oppure non sono andati a votare. E così stanno continuando a lamentarsi di Falcomatà per altri sei anni, eppure dovrebbero lamentarsi solo nei confronti di se stessi. Forse, se non gli consentissimo di lamentarsi, inizierebbero a rimboccarsi le maniche avendo maggiore senso di responsabilità.

Hanno creduto alla becera propaganda di “Reggio non si Lega“, e oggi a Reggio la Lega è rappresentata proprio dagli esponenti che cinque anni fa erano al fianco di Falcomatà a gridare “Reggio non si Lega“: Armando Neri e Mario Cardia. Tra pochi mesi si candideranno nella lista della Lega e tutti i reggini che li voteranno dovranno interrogarsi anche su questo: cinque anni fa li hanno votati nel Pd all’urlo contro la Lega, adesso con quale dignità li voteranno nel partito di Salvini? 

No, queste non sono le porcherie della politica. Queste sono le scelte dei cittadini. Le buche nelle strade, le perdite idriche, la raccolta dei rifiuti, non si risolvono facendo casino e creando comitati. Ben venga, ci mancherebbe, a sensibilizzare chi governa, ad aumentare la pressione per avere i propri diritti. Ma con Falcomatà, dopo 11 anni, lo hanno capito anche i muri che non cambierà mai nulla. L’unico modo per rilanciare la città è cambiare guida politica. E Reggio ha avuto la sua occasione nel 2020, e l’ha sprecata. Il prossimo anno ne avrà un’altra: la gente impari a votare, anziché lamentarsi e basta. Perché tutto quello che succede dipende solo ed esclusivamente dai cittadini. Che a Reggio sono pronti ad accettare tutto, dai brogli elettorali passati in sordina ad un decennio di vita nella merda di spazzatura fino ai balconi, strade come groviera e rubinetti senz’acqua. In qualsiasi altra città del mondo, la gente sarebbe mobilitata h24 con i forconi sotto i palazzi del potere. A Reggio invece sono tutti bravi solo a lamentarsi, e poi votano sempre gli stessi: amici e compari nella speranza di sistemare “u figghiolu“.

E allora adesso si tengano le buche, le voragini, la spazzatura, i rubinetti a secco. Perché che con Falcomatà sarebbe finita così era già scritto, non c’era alcun dubbio. Reggio non ha voluto cambiare, e adesso si tiene le conseguenze dei propri errori. Se oggi è una città invivibile, è solo per colpa dei cittadini e delle scelte che hanno compiuto negli scorsi anni trasformando la Città “Bella e Gentile” al teatrino dei Super Pippi, i supereroi di Giuseppe Falcomatà.