Il Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, ieri ha finalmente onorato con la propria presenza la Commissione Controllo e Garanzia del suo stesso Comune: la Commissione da settimane convocava invano il primo cittadino, in altre faccende affaccendato (ufficialmente assente per “impegni istituzionali“, invece era in settimana bianca), per avere chiarimenti sulla vicenda di piazza del Popolo. Senza voler entrare nel merito, in quest’articolo, della questione del mercato di cui abbiamo già parlato ampiamente in altri pezzi, è doveroso raccontare gli atteggiamenti, i movimenti e le figure che hanno accompagnato il Sindaco Falcomatà in Commissione: un quadro davvero desolante.
Il Sindaco è arrivato con una claque mai vista: la Commissione non aveva mai avuto una seduta così affollata. Consiglieri, assistenti e altri sostenitori che nulla avevano a che fare con la riunione dell’istituto dell’ente e con la vicenda di piazza del Popolo in sé, hanno accompagnato Falcomatà sin dal suo arrivo e fino ai saluti. Tra questi c’era anche il giornalista Stefano Perri, che però non fa più parte dello staff del Sindaco: ad inizio gennaio è stato assunto come addetto stampa della Città Metropolitana e non è chiaro a che titolo si sia recato al Comune, un altro ente, gestendo la comunicazione del Sindaco, dando indicazioni agli addetti stampa ufficiali del Comune (!) e provando a tagliare i giornalisti impegnati a fare domande con ripetuti, insistenti e spazientiti “grazie, grazie” tra una domanda e l’altra.
Ma fosse questo l’unico elemento anomalo, non avrebbe neanche meritato un articolo ad hoc. In realtà in Commissione c’è stato molto di peggio: un’aria pesante, pesantissima, negli atteggiamenti della claque del primo cittadino e nelle figure che senza vergogna hanno sgomitato per comparire in prima linea davanti alle telecamere durante le interviste del Sindaco. Sembravano vere e proprie guardie del corpo, come se Falcomatà andasse in terreno ostile, o fosse in pericolo.
Le immagini sono inequivocabili:
A guardarli è venuto subito in mente il brano di Checco Zalone: “Siamo una squadra fortissimi, Fatta di gente fantastici, E nun potimm’ perd’, E fa figur’ e mmerd’; Siamo una squadra furbissimi, Fatta di gente drittissimi, E nun potimm’ perd’, E fa figur’e mmerd’, Perché noi siamo bravissimi, E super quotatissimi, E se qualcuno ci ostacola, Ce lo diciamo alla Cupola“.
Nino Castorina, Peppe Sera e Quartuccio: i voti dei morti, i brogli elettorali e le raccomandazioni “normalizzate” dal Pd
A fare particolare sgomento sono le figure che, da protagonisti in prima linea appunto, hanno partecipato all’evento accanto al Sindaco. Tra queste, il consigliere comunale del Pd Giuseppe Sera che è anche intervenuto prendendo la parola e contestando le opposizioni: “basta fare le commissioni sempre sugli stessi temi“. Proprio il giorno prima della commissione, Sera ha ricevuto l’avviso di conclusione indagini nell’inchiesta Ducale in cui risulta indagato per scambio elettorale politico-mafioso: le accuse della Procura di Reggio Calabria sono gravissime, e comprendono anche i brogli elettorali delle ultime elezioni comunali.
In quell’occasione (autunno 2020), quella dei brogli elettorali era una sfida tutta interna al Pd dove il capogruppo uscente del partito, Nino Castorina, si è fatto votare persino dai morti ed è ancora a processo. In attesa della sentenza, intanto, è rientrato in consiglio comunale dopo aver scontato un lungo periodo fuori città per le misure cautelari imposte dalla magistratura (ha vissuto a lungo a Roma, e gli era vietato entrare nel territorio reggino, così come era stato sospeso dal consiglio comunale). Ma se l’iter giudiziario prevede questi step, l’opportunità politica consiglierebbe ben altro. Castorina, invece, agisce come se nulla fosse. Partecipa alle riunioni di commissioni e consigli, prende la parola, dice la sua, esprime opinioni sul presente e sul futuro della città, invia ai giornali dichiarazioni e comunicati stampa e ieri ha sgomitato per posizionarsi accanto al Sindaco Falcomatà, in prima linea, durante tutta l’intervista.
Un altro Sindaco, un qualsiasi altro politico, gli avrebbe sin dal primo giorno detto qualcosa del tipo “Guarda Nino caro, hai fatto un gran casino irripetibile e già ci hai provocato parecchi guai. Io posso anche esserti vicino, posso anche credere alla tua innocenza, non entro nel merito, non mi interessa, ti auguro di uscirne pulito e ti auguro anche il meglio per il tuo futuro. Ma finché non avrai una sentenza di assoluzione piena, mantieni un profilo basso, non apparire, non parlare, sii sobrio, tantomeno non ti permettere di farti vedere vicino a me”.
Evidentemente, invece, anche per Falcomatà è normale che il consigliere a processo per brogli elettorali con tanto di intercettazioni compromettenti, sia al suo fianco e agisca politicamente come se niente fosse. Bella concezione di legalità e democrazia!
E non è un caso isolato.
Al fianco di Falcomatà ieri in commissione, oltre a Sera e Castorina, c’era anche Filippo Quartuccio che nel 2020 era finito nell’inchiesta Helios accusato dai magistrati della Dda di Reggio Calabria di tentata concussione per aver chiesto di promuovere il padre, già dipendente Avr, a caposquadra.
A prescindere dai cavilli legali che potranno o meno consentire ai politici dell’Amministrazione di Falcomatà coinvolti in queste inchieste di uscirne puliti sotto il profilo giudiziario (magari in molti casi perchè i tentativi delle loro azioni criminose non sono andati in porto e quindi non si sono realizzati, circostanza che ha consentito a Falcomatà di essere assolto in Cassazione nel processo Miramare dopo le due condanne da Tribunale e Corte d’Appello), rimane uno spaccato davvero avvilente in termini di malcostume e utilizzo della cosa pubblica per interessi privati, con modalità spregiudicate. Rimane l’arroganza, la presunzione, l’opportunismo, l’arrivismo di una classe dirigente più che inadeguata, ai limiti della tracotanza istituzionale nata da un ego smisurato e da una visione totalmente fallace della politica, considerata uno strumento per realizzare le proprie ambizioni e non – com’è davvero – un servizio alla comunità.
Spaventa ancora di più la totale assenza di scrupoli, al punto che il Partito Democratico di Reggio Calabria arriva a normalizzare tale malcostume e sottocultura lasciando che i propri esponenti pluri indagati per reati così gravi continuino a fare regolarmente politica attiva come se nulla fosse, al fianco del sindaco e in prima linea.
Un particolare che non ha lasciato indifferenti i reggini, particolarmente colpiti dal fatto che soggetti così compromessi dal punto di vista politico continuino a far parte della più ristretta cerchia dell’Amministrazione Falcomatà.
L’ennesima ipocrisia del Pd: garantista con i suoi, forcaiolo con gli altri
Ancora più grave che questo avvenga in un partito e in un’area politica che non ha mai riconosciuto il valore del garantismo ma, anzi, è sempre stato giustizialista, ha predicato legalità e oggi – ad esempio – chiede le dimissioni di un Ministro della Repubblica come Daniela Santanchè che è indagata per quisquilie: non ha mai chiesto alla ‘ndrangheta un voto, non ha mai fatto brogli elettorali, non c’è alcuna prova o intercettazione che dimostri la veridicità delle accuse che riguardano una vicenda del tutto privata, che non ha alcun legame con il suo ruolo pubblico, legata alla cassa integrazione Covid dal valore di appena 126mila euro che sarebbero stati versati a 13 dipendenti in smart working che forse continuavano a lavorare per l’azienda privata di cui il Ministro era socio, anche durante la cassa integrazione. Insomma, avrebbero fatto ciò che hanno fatto tutte le aziende del mondo per non morire durante la pandemia: usufruire degli aiuti per le imprese che solo in minuscola parte servivano a compensare le perdite dovute alle scellerate scelte politiche di lockdown e restrizioni.
Si evidenzia quindi un clamoroso cortocircuito, una visione a doppio senso per il partito di Elly Schlein che a livello nazionale è giustizialista con le forche stile Movimento 5 Stelle dei tempi andati, e poi sui territori – come dimostra il caso di Reggio Calabria – normalizza persino inchieste di ‘ndrangheta e brogli elettorali che coinvolgono esponenti politici del suo partito a cui consente di continuare a fare attività come se nulla fosse.
Non certo un grande esempio di coerenza. E tantomeno di buona politica. Che lascia ferite profonde nell’opinione pubblica e nell’elettorato di Reggio Calabria, che anche nell’alveo del centrosinistra resta sgomento rispetto alla continua presenza di questi figuri ampiamente compromessi al fianco di un primo cittadino comunque in scadenza come i formaggini del supermercato.





Vuoi ricevere le notifiche sulle nostre notizie più importanti?