La questione relativa alla classifica della “Qualità della vita” stilata dal Sole 24 Ore, nella quale Reggio Calabria è piazzata all’ultimo posto, continua a tenere banco nel dibattito cittadino. Fortunatamente, aggiungeremmo, perché se fosse passata inosservata sarebbe stato piuttosto grave.
Sarebbe indice, parametro, indicatore (scegliete voi) di un menefreghismo generale verso le condizioni di una città che ha bisogno di un impegno serio e concreto da parte di politica, cittadini e istituzioni per non essere più fanalino di coda.
Il mare e il sole: il campanilismo che alza i medi al posto degli indici
Non si scalano posizioni con “Il mare e il sole“. Avere 20 gradi a dicembre è un “de gustibus“, per dirla alla latina, c’è chi preferirebbe sorseggiare una cioccolata calda avvolto nelle coperte. Passeggiare fronte mare è un “sti cazzis” per dirla alla romana, un’attività che non tutti pongono come parametro primario nel proprio stile di vita. In sintesi, argomentazioni inutili, figlie del campanilismo che rifiuta le critiche nella sua chiusura culturale che al posto di far alzare gli indici preferisce alzare i medi al grido di “solo la nebbia, avete solo la nebbia“. Un problema atavico.
La natura ha fatto grandi regali alla Calabria, molto più che in altre parti del mondo, se gli indici di vivibilità delle città prendono in considerazione, appunto, come l’uomo viva meglio o peggio in determinati luoghi, vuol dire che lo stesso uomo ha fatto un lavoro di antropizzazione più o meno virtuoso. Non è casualità.
Se il clima caldo bastasse a far schizzare i parametri di vivibilità di un luogo dal Nord Europa ci si sposterebbe direttamente in Africa. Restando in Italia, l’Alto Adige sarebbe fantasma e Sinner sarebbe nato in Sicilia e si chiamerebbe Gianni. Il mondo invece funziona al contrario, solitamente dal Sud si emigra al Nord proprio per quei “fantasiosi” indicatori che sottolineano come sanità, sicurezza, infrastrutture, istruzione, opportunità lavorative ecc. siano migliori in determinate città rispetto ad altre.
La risposta del “The Economist”
Il giornalista Alex Selby-Boothroyd sottolinea commentando la classifica sull’indice di vivibilità del “The Economist“, come spesso tali ranking vengano fortemente criticati da gente che si stupisce di Londra al 45° posto su 173 nel 2024, New York addirittura al 70°, mentre città meno ‘cool’ come Vienna o Zurigo guadagnano le prime posizioni. Il giornalista sottolinea come i parametri esistano proprio per dare giudizi basati su argomentazioni concrete come healthcare, cultura e ambiente, educazione, infrastrutture e non sul sentore comune di chi si stupisce se a Zurigo si viva meglio che a New York. Immaginiamo i newyorkesi rispondere, punti nell’orgoglio: “but we have the sea and the sun“.
Ognuno vive nella città che preferisce, che sente casa e che ama. Tutti i reggini, in fondo, amano Reggio Calabria. Manca a tutti quando partiamo. Ma la propria preferenza personale, proprio in quanto soggettiva, non può essere oggettiva. Quando si è costretti a emigrare per trovare lavoro, per costruirsi un futuro e una famiglia, per avere accesso a una sanità efficace e tempestiva, è decisamente oggettivo che ci sia qualcosa che non funzioni.
Di buono c’è che dall’ultimo posto si può solo risalire, basta prenderne coscienza ed evitare di sminuire, vittimizzare e dare sempre la colpa agli altri, al Ponte e all’Autonomia Differenziata. In caso contrario, la classifica 2025 può iniziare già da oggi con una riconferma…