Messina Denaro e ‘ndrangheta, Gratteri: “è cominciato tutto nelle carceri di Favignana”

"I rapporti tra Cosa Nostra e 'ndrangheta ci sono da sempre - ha spiegato il procuratore Nicola Gratteri -. Da più di un secolo"

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Come giudico l’azione del governo Meloni nel contrasto alle criminalità organizzate? Lo dirò quando vedrò le prime riforme“. E’ quanto dichiarato dal procuratore della repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, a margine di un convegno svoltosi ieri a Marsala. Il contesto è la terza edizione del “Gran Galà della Cultura e della Legalità”, organizzato dall’associazione “Viva Voce” insieme alla Fidapa Bpw distretto Sicilia.

Sono stato uno dei primi – ha, aggiunto Gratteri – a criticare la Cartabia e Draghi quando si sono messi a fare riforme sulla giustizia, facendo poi votare subito in Parlamento sulla improcedibilità. Ma questa ha tradito il mandato dell’Europa, che aveva detto: se volete i soldi, dovete velocizzare i processi. Con l’improcedibilità, invece, i processi saranno ghigliottinati, non velocizzati. Non mi pare che sia questo il metodo giusto per contrastare le mafie e soprattutto per risolvere i problemi della giustizia“.

Al procuratore di Catanzaro è stato chiesto conto di possibili contatti tra il boss Matteo Messina Denaro e la ‘ndrangheta. “I rapporti tra Cosa Nostra e ‘ndrangheta ci sono da sempre – ha sottolineato Gratteri -. Da più di un secolo. Quando ancora non si chiamava ‘ndrangheta e quando, nel periodo borbonico, nelle carceri di Favignana c’erano picciotti, criminali siciliani, calabresi e campani. E li è cominciato anche l’inquinamento linguistico nelle definizioni e dei termini che ci sono nelle tre principali mafie“.

Io penso che con il sistema giudiziario attuale, penale processuale e difensivo, e con il sistema scolastico attuale noi possiamo solo arginare le mafie, possiamo solo pareggiare le partite. Per sconfiggere le mafie necessiterebbe, nel rispetto della Costituzione, un sistema penale, processuale e detentivo proporzionato a queste realtà criminali. E quindi un sistema non conveniente a delinquere. Ci sarebbe tanto da fare sul piano normativo, sul piano dell’istruzione e della cultura“. ha concluso il procuratore di Catanzaro.

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