Viaggio nella città suicida: di Reggio resta soltanto un grande vuoto

L'incomprensibile guerra a gazebo e dehors del Partito Democratico che governa Reggio Calabria nell'ormai più totale rassegnazione popolare

StrettoWeb

Questa città merita di rimanere un deserto. Di estinguersi, o quasi, lasciando le briciole dei fasti di un tempo all’inettitudine di chi vive con indifferenza tra enormi cumuli di rifiuti, su strade impraticabili, senza acqua nelle abitazioni e in un continuo processo di distruzione rispetto ad ogni banale normalità ereditata da un passato migliore. Come ad esempio i gazebo e dehors del corso Garibaldi e del centro storico.

C’è stato un sindaco in questa città, un sindaco di nome Italo e di cognome Falcomatà, che oltre 25 anni fa ebbe il coraggio di ideare con un ristretto gruppo di commercianti illuminati l’istituzione dei gazebo: era la fine degli anni ’90 e la città viveva un momento di grande rinascita dopo i periodi più bui della propria storia per gli orrori della guerra di mafia. Perché a Reggio Calabria la vita sociale e mondana doveva essere limitata agli spazi chiusi, come se fossimo nel profondo Nord Europa? Perché non approfittare dello straordinario regalo che Madre Natura ha dato a questa terra con il clima mite, consentendo così a turisti e indigeni di trascorrere ore gradevoli all’aria aperta con gli appositi servizi, innescando circuiti virtuosi nell’economia cittadina, maggiori entrate per gli imprenditori e quindi più posti di lavoro per i reggini? E’ così che, tra mille polemiche di chi difendeva il “diritto di passeggiare sul suolo pubblico”, nascevano i primi Gazebo, in modo particolare quello del centralissimo Cordon bleu. Tanti altri commercianti invidiosi, anziché adeguarsi alla modernità e al progresso e sfruttare l’occasione di fare altrettanto, fecero una dura battaglia coinvolgendo l’opposizione politica dell’epoca e le frange più reazionarie della società: si tutelava appunto il diritto di mantenere “liberi” gli spazi pubblici dalla “selvaggia occupazione dei privati”, ignorando quanti benefici portasse al sistema economico e produttivo e anche al decoro della città.

Dopo tanto tempo, è bastata la storia per mettere le cose al suo posto. Italo Falcomatà aveva avuto un’intuizione geniale e vincente, che è diventata la normalità in qualsiasi città d’Italia, d’Europa e del mondo. Gazebo e dehors sono oggi il principale biglietto da visita della vita sociale e ricreativa di ogni città, nessuno si sogna più di metterli in discussione e anzi la pandemia di Covid-19 ha spinto le autorità locali e nazionali, ovunque nel mondo, ad agevolarli perché consentono stili di vita più sani e innescano economie virtuose e decoro urbano.

A Reggio Calabria, e solo a Reggio Calabria, tutto questo invece non conta. C’è un Sindaco – sospeso – che ha disposto una “stretta” contro i gestori dei locali che hanno gazebo e dehors ideati da un altro sindaco che era… suo padre! Lungi da noi la volontà di considerazioni e intromissioni in vicende familiari, ma trattandosi di personaggi pubblici non possiamo esimerci dal constatare – come semplici osservatori – il fatto che il figlio stia facendo tristemente rivoltare il padre nella tomba. Ad attuare le volontà del sindaco sospeso ci sta pensando un assessore che ha certamente dei pregi rari in questa città: Angela Martino è preparata culturalmente e politicamente, ma questo non basta ad evidenziare la contraddizione tra la sua volontà di “far rispettare le regole” e l’appartenenza allo stesso partito che in questi giorni in Italia sta conducendo una battaglia a favore dei rom che rubano nelle metropolitane e che “non si possono filmare”, o a sostegno dell’immigrazione clandestina, contrastando le norme del governo contro gli scafisti, o ancora delle violenze terroristiche degli anarchici, che i leader dello stesso partito vanno a trovare in prigione. Per il Pd, evidentemente, le regole vanno fatte rispettare soltanto ai più deboli: i cittadini inseguiti con i droni durante la pandemia, i commercianti a cui far smontare un gazebo, ma non un atto, un provvedimento o una parola contro i criminali, i terroristi anarchici, gli zingari, i clandestini, gli scafisti, i ladri che quotidianamente vivono di furti e rapine compromettendo la sicurezza della popolazione.

Ma lasciamo il Pd alle sue contraddizioni (sarebbe bello che la linea dura che Angela Martino sta praticando a Reggio diventasse quella nazionale di Eddy Schlein e che il partito fosse in prima linea contro ogni violazione delle regole, dall’immigrazione clandestina a furti, occupazioni abusive di case, terrorismo anarchico etc. etc.) e torniamo a Reggio Calabria. La vicenda dei gazebo e dehors va contestualizzata nella più ampia (mala) gestione del centro storico e in modo particolare del corso Garibaldi.

In questa città c’è stato un altro sindaco illuminato, Giuseppe Scopelliti, che aveva immaginato un’idea di città puntando sul turismo. Sua, nel 2003, l’ambiziosa scommessa di trasformare il corso Garibaldi in un’isola pedonale. Anche qui non mancarono mugugni, manifestazioni politiche, contestazioni e proteste dei soliti reazionari. Poi, però, tutti hanno apprezzato la comodità dell’isola pedonale, persino i commercianti che temevano di perdere clienti hanno invece riscontrato un boom di acquisti per un centro storico a misura d’uomo. Erano gli anni in cui la domenica spesso e volentieri si chiudeva al traffico anche il Lungomare, come accadeva anche nelle Notti bianche, in occasione dei concerti estivi e in tutti i momenti che mettevano al centro l’uomo, e non le automobili, sulla falsariga di quanto avvenuto con successo e senza alcun passo indietro in tutte le altre città del mondo. Quella di Scopelliti era una vera e propria isola pedonale: c’erano i dissuasori mobili che potevano essere azionati soltanto dalle forze dell’ordine e dai soccorritori del 118 per motivi di massima urgenza, per il resto c’era un evoluto sistema di videosorveglianza che garantiva – in quel caso sì davvero – il rispetto delle regole. Sul corso Garibaldi non passava una vettura a motore che fosse una, e la gente passeggiava tranquilla tra negozi e gazebo godendosi le bellezze della città con bambini e famiglia. Erano gli anni in cui, a proposito di rispetto delle regole, quell’Amministrazione comunale aveva installato persino (!!!) i photored nei semafori: chi passava col rosso veniva automaticamente multato. Oggi, secondo uno studio scientifico, i reggini sono coloro che ricevono il più alto numero di multe ai semafori quando guidano automobili in qualsiasi altra città d’Italia e del mondo dove i photored ci sono ovviamente ancora: questo primato è dovuto al fatto che Reggio è l’unica città che ne è priva, i reggini non sono quindi abituati a fermarsi col rosso perché tanto non c’è nessuno che gli contesta l’infrazione, proprio perché per combattere Scopelliti lo stesso Pd oggi così intransigente sui gazebo, all’epoca fece una battaglia per abolire i photored che erano “illegittimi” perché “troppo rigidi” in quanto multavano un automobilista utilizzando la tecnologia. E’ lo stesso partito che oggi sta demolendo i gazebo del corso Garibaliper far rispettare le regole”. Ed è lo stesso partito che nell’estate di due anni fa aveva realizzato ulteriori gazebo sulla via Marina alta in una sorta di crisi d’identità da perenne bipolarismo psichiatrico: la città ancora ricorda il dibattito in cui il Pd sosteneva l’esigenza di nuovi gazebo in via Marina, e adesso dopo soli pochi mesi fa una battaglia per togliere persino quelli del corso!

E’ lo stesso partito che ha abolito l’isola pedonale del corso Garibaldi. E’ lo stesso partito che ha tolto i dissuasori e la videosorveglianza, trasformando l’isola pedonale della città in una selvaggia Ztl in cui sfrecciano ogni giorno cani e porci fuori controllo su biciclette, bici elettriche ad alta velocità (che in più occasioni hanno investito pedoni e anche bambini), motorini, automobili, furgoni e chi più ne ha più ne metta. Su questo, dal Comune non è arrivata nessuna “stretta”, nessun controllo, nessuna necessità di “rispettare le regole”. E forse proprio per consentire a questi villani di sfrecciare sul corso Garibaldi, aboliamo anche i gazebo così avranno più spazio!

Ma forse i villani siamo noi. Quelli che vorremmo un centro storico evoluto e progredito, a misura d’uomo, senza auto, moto e bici elettriche, soltanto per pedoni almeno nella strada principale delle boutique e dei locali. Vorremmo gazebo e dehors, luoghi dove potersi sedere in compagnia, ordinare qualcosa da bere o da mangiare, come facciamo in tutte le altre città del mondo quando usciamo da Reggio apprezzandone la vitalità.

Sia chiaro, è doveroso che le regole vadano sempre rispettate e che gli esercenti devono pagare il dovuto nel rispetto delle norme esistenti. Il punto non è questo, che è scontato (e semmai ci fossero situazioni di illegalità, ci chiediamo perché il Comune non è intervenuto prima!), ma bensì proprio la possibilità di avere gazebo e dehors per chi è in regola, ha sempre pagato e continuerebbe a pagare se solo l’Amministrazione non avesse deciso di smantellare quanto Falcomatà padre aveva avviato oltre 25 anni fa.

Senza i gazebo, infatti, avremo un centro storico ancor più arretrato e degradato, per qualsiasi attività ricreativa anche con +25°C dovremo andare al chiuso e ci saranno anche più disoccupati perché tutti coloro che servivano ai gazebo perderanno il posto. Eppure in pochi possono avere il diritto di lamentarsi: è semplicemente il secondo tempo di Falcomatà & company. Il secondo tempo che la città gli ha concesso perché “Reggio non si lega“. E una mattina, mi son svegliato, o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao.

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