Palmi (Rc), inaugurazione della Croce luminosa di Sant’Elia

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croce_luminosaIn un’epoca in cui continuano ad esistere soggetti che ancora s’inchinano e fanno inchinare pure i santi in processione davanti alle abitazione dei boss, a dispetto delle parole pronunciate da Papa Francesco nell’estate 2014 durante la sua visita in Calabria, quando aveva tuonato contro i mafiosi scomunicandoli pubblicamente davanti a 200 mila persone che erano andati ad ascoltarlo a Cassano Jonico, invece a Palmi esistono  persone che riunite in associazioni e col generoso sostegno di contributi finanziari volontari dei cittadini, sono riusciti a restaurare ed a far risplendere ancor più di prima la croce di ferro luminosa la quale, svettando dal Sant’Elia e visibile, per chi viaggia in autostrada di notte, fin dalla discesa di Sant’Onofrio, domina, come simbolo antichissimo e universale di resurrezione  e della redenzione umana, tutta la Piana di Gioia Tauro; quella croce è la maestosa compagna solitaria di ogni  poeta che attende la realizzazione di un suo desiderio irraggiungibile, forse anche metafisico, e la personificazione dei propri sentimenti e delle proprie angosce; quella croce,  la cui esposizione nei locali pubblici, nelle aule scolastiche italiane è prevista da due regi decreti (atti normativi) del 1924 e del 1928, mentre nei  tribunali l’obbligo è previsto da una circolare ministeriale; quella stessa croce che negli ultimi decenni è stata fonte di vivaci polemiche circa la laicità dello stato italiano da parte delle associazioni laiche di diverse confessioni religiose e da atei e agnostici, sicchè sul tema ha dovuto esprimersi la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, dopo aver inizialmente accolta l’istanza della rimozione nel 2009 ha poi definitivamente respinto la richiesta affermando che «nulla prova l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo religioso sui muri delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni; non è quindi ragionevolmente possibile affermare che essa ha o no un effetto su persone giovani le cui convinzioni sono in fase di formazione»; quella croce,  oggetto affascinante , oltre che salvifico, che è metafora di luce che guida il  cammino spirituale dei palmesi,  riportandoli  a ritroso, ai ricordi del passato e della fanciullezza, facendo rivivere la felicità e la spensieratezza di quell’epoca; quella croce che nel buio della notte appare sospesa nell’aria, quasi ad indicare ai palmesi la strada di casa, alla stregua di un Faro, la luce che non “tramonta” mai, suggestione palpitante che illumina i ricordi vicini e lontani degli uomini di mare, e che non è solamente il segno del cristiano inteso come il più caro oggetto del nostro culto, non è soltanto il simbolo  archetipico pre-cristiano dell’asse del mondo, ma quella Croce, nell’intento di chi la volle per primo nel lontano 1946, interpretando il sentimento dei suoi concittadini, rientra in un simbolismo cosmico che mette in moto le valenze energetiche della Naturae chissà per quale  arcana corrispondenza, in seguito, accanto ad essa fu collocato  il monumento di Domenico Antonio Cardone, il filosofo palmese che fu candidato al premio Nobel, il propugnatore del nuovo umanesimo capace di realizzare la pienezza etica della vita, il quale nella sua opera filosofica principale Il Divenire e l’Uomo, del 1944, postulando un atteggiamento cristocentrico,  aspirava ad «un nuovo Messia dell’umana civilitas, un altro uomo… che con la sua stessa vita sia… modello del destino umano», pensando ad una redenzione planetaria, sovrastata dall’armonia dell’uomo con tutte le forme della vita cosmica; quella croce, dunque, è il centro dell’universale armonia, è il vincolo dell’universalità che ha le sue radici nel divino, nell’infinito, e perciò sfugge alle  misure che noi, esseri umani, e perciò finiti, abbiamo bisogno di «determinare, definire, delimitare». Non a caso Ernest Hello, teologo e apologista cristiano, ebbe a dire: «L’incontro delle due linee che formano la croce è una parola che supera l’intelligenza umana». E come disse San Gregorio di Nissa: «Se la croce poi contenga anche qual­che altro significato più profondo, vedranno coloro che conoscono le scienze arcane». Senza dimenticare che quella croce, che per noi è un oggetto consueto, che infonde abitudinariamente un senso di consolazione e di pace, rappresenta quella che per i primi discepoli di Cristo fu un terribile strumento di morte, riservato dal potere romano agli schiavi ribelli ed ai terroristi, quella croce su cui Cristo era stato crocifisso e della quale non si seppe nulla per trecento anni fino a quando Sant’Elena, la madre di Costantino il Grande, una volta convertita al cristianesimo, fu la donna scelta da Dio per attuare i disegni divini: in una visione, le mostrò il luogo del Calvario dove si trovava la croce di Gesù e con un prodigio, gliela fece riconoscere per riportarla in grande venerazione; quella croce, che fa parte del patrimonio artistico, culturale, sociale,  ambientale e paesaggistico del nostro paese, che svolge un ruolo innegabile, spesso implicito, nella formazione nei cittadini ed influenza anche altri settori e che può stimolare nei giovani una coscienza diffusa e condivisa della storia e della cultura del territorio e concorrere alla formazione dell’identità locale; ebbene quella croce costituisce per i palmesi un “bene comune”, come l’aria o l’acqua, e non si può non constatare che il desiderio e la necessità della partecipazione attiva per la conservazione, la tutela e la valorizzazione di questo patrimonio vanno sempre più diffondendosi. Dunque un solenne encomio vada rivolto all’associazione “Vivi Palmi” per l’impegno e la dedizione con la quale ha esteso la propria attività alla conservazione di quel prezioso patrimonio di cui sicuramente fa parte la Croce  Luminosa del Sant’Elia.

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