Crisi economica e disoccupazione danno alla Calabria il triste primato di suicidi

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forum_vuotiCrisi economica e disoccupazione. Ma anche delosioni d’amore. Sono questi i tre motivi che spingono i calabresi al suicidio. Mettendo la regione in cima alla lista nazionale per numero di persone che negli ultimi nove anni si sono tolte la vita. Lo ha reso noto un’indagine condotta da Demoskopika e pubblicata proprio oggi. Giorno in cui un altro giovane si è tolto la vita gettandosi da un viadotto autostradale.

Settecentoundici suicidi e 704 tentativi di suicidi. Oltre 70 i casi per motivi strettamente economici. A togliersi la vita, in un caso su tre, persone tra i 18 ed i 44 anni, fascia d’età fiaccata dalla mancanza di lavoro e da un tasso di disoccupazione che sfiora il 40 per cento. Quattro suicidi su cento coinvolgono minorenni: quasi tutti per motivi di cotte adolescenziali non corrisposte ma cominciano anche a farsi strada motivi legati all’omofobia e al bullismo da social network.

La stragrande maggioranza dei casi, però, vede come protagonisti loro malgrado piccoli imprenditori e artigiani che, oppressi dalla morsa fiscale e dalla perdita di commesse, decidono di adottare l’estrema soluzione.

E in questa situazione di disagio economica, neppure la disoccupazione conosce tregua. Il trend parla di circa 30 mila disoccupati in più all’anno con un tasso di disoccupazione giovanile da record nazionale, pari al 53,5 per cento.

Rispetto al 2005, anno da cui parte la ricerca, i suicidi sono aumentati del 59,1 per cento. Tra le fasce d’età più colpite, quella dai 18 ai 24 anni, probabilmente la più condizionata dalla mancanza di posti di lavoro e dal peggioramento complessivo della situazione occupazionale: 227 suicidi dal 2005 al 2013, pari al 31,9 per cento del totale.

Rilevante anche l’andamento dei suicidi nella fascia d’età compresa tra i 45 e i 64 anni, pari al 29,8 per cento e tra gli over 65, pari al 38,3 per cento del totale. A rendere più allarmante il quadro calabrese e il rapporto diretto tra il fenomeno suicidiario e la crisi economica ed occupazionale, il numero dei “gesti disperati” per motivi strettamente economici: ben 71 casi registrati dal 2005 al 2013 tra suicidi consumati (32 episodi) e tentativi di suicidio (39 episodi).

Nel 2013 i tentativi di suicidio sono stati 61 mentre nel biennio 2011-2012 si sono verificati circa 136 casi rispettivamente 66 nel 2012 e 70 nel 2011. Ben 69 coloro i quali ha cercato di togliersi la vita nel 2008 e ben 94 nel 2006.

La ricerca di Demoskopika, puntuale e precisa, non indica però nulla su quello che viene chiamato il “principio di emulazione”. Tanto più se ne parla, tanto più ci saranno episodi simile. Tanto che molti organi di stampa, seguendo un tacito accordo, hanno deciso di non trattare sulle loro pagine i casi di suicidio. Incentivo o no, il suicidio è un gesto estremo da cui non si può tornare indietro ma che lascia, parimenti, uno strascico di dolore e sofferenza tra amici e familiari. E molte volte anche un senso di colpa per non essere stati in grado di capire e anticipare le intenzioni. Nove volte su dieci il suicidio è dettato da un raptus momentaneo, un momento di opacità mentale in cui non si vede una via d’uscita se non attraverso il gesto estremo. E pensare che in tutti questi caso basterebbe una parola di conforto, una mano tesa o più semplicemente un orecchio disposto ad ascoltare per evitare la tragedia.

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