Reggina, l’ennesimo tonfo di Ballarino: così ha creato un caos che potrebbe costare caro. Ma oggi è facile arrabbiarsi con lui

Reggina, l'inadeguatezza di Ballarino e le responsabilità di Brunetti: ecco come stanno umiliando una storia gloriosa e secolare

In oltre 110 anni di Reggina mai, mai, si ricorda un Presidente accusare con così tanta veemenza – e senza pudore – i calciatori. Tutti, nessuno escluso. Un attacco diretto, prima frontale e poi spiattellato alla città. Vergognoso. Non si ricordano mai episodi del genere alla Reggina e mai – sicuramente – nel calcio in generale. In tanti si sono chiesti il perché, fino a ieri, di un silenzio stampa prolungato, anche quando non serviva. Bene, c’è stata la conferma: sarebbe stato meglio prolungarlo, fino a tempo indeterminato. Le parole espresse ieri da Ballarino, il tono, il tenore, la tempistica e la modalità, sono risultate assolutamente fuori luogo e fuori contesto. Pericolose, un boomerang.

Il proprietario della Reggina ha assolto la sua società, i suoi più stretti compagni (mai un’assunzione di colpe in oltre due anni), e ha scaricato la colpa sui giocatori, togliendo responsabilità a Trocini ma allo stesso tempo parlando di decisione “entro le 24 ore”. Una decisione che, da quanto si è capito, dovrebbe tener conto del parere della squadra. Assurdo! Il gruppo di giocatori, praticamente, dovrebbe esprimere un parere. Peccato che però, pochi minuti prima dell’incontro negli spogliatoi, lo stesso gruppo fosse stato insultato. Assurdo anche questo! “Ho detto ai giocatori che se oggi perdevamo dovevano venire a chiedermi la rescissione”, ha detto Ballarino. Grave. Frase grave. Ancor più grave che la si spiattelli a mezzo stampa, alla città. Si tratta di un equilibrio pericolosissimo che potrebbe incrinare ancor di più una stagione che è già disastrosa. Significa far sì che i calciatori possano interpretare male, molto male, queste parole.

L’imprenditore catanese, già senza risorse né grandi competenze, oggi si è riscoperto anche senza autorevolezza. Non ne ha, e quella poca che forse aveva l’ha persa in un sol colpo, in mezz’ora circa, tra confronti negli spogliatoi e parole in conferenza. E a perdere potrebbe essere non solo la sua consapevolezza, ma anche l’equilibrio di una squadra che è già precario e che dopo queste parole potrebbe definitivamente rompersi.

Anche questo significa competenza (che non c’è). Anche questo significa dilettantismo. Il calcio insegna che ciò che accade nello spogliatoio rimane nello spogliatoio. Il calcio insegna che le decisioni, quelle forti, le assume il massimo dirigente. Non la squadra. Ma se il massimo dirigente è “debole”, se la società è “debole”, accade tutto questo. Accade che si “accolgano” in società quelli che dovevano essere semplici sponsor. Accade che non si sappiano gestire i momenti positivi e quelli negativi. Accade che ci si attorni di persone, della città, che non hanno mai storicamente portato del bene a questi colori. Accade che non si abbia la forza di chiudere con un allenatore perché non si ha la forza di tesserarne un altro di livello medio-alto. In Serie D (sigh!).

Trocini non ha colpe. Anzi, ne ha una soltanto…

Ecco, arriviamo a Trocini, che su tutta questa situazione continua a non avere colpe. Non ha responsabilità della mancata promozione di due anni fa, della mancata promozione lo scorso anno e di questo avvio disastroso, e la sua immagine affranta e sconsolata ieri al triplice fischio, con la testa bassa, ne è la dimostrazione. Anzi, se una ce n’è, di colpa, è quella di vederlo lì, in panchina, ancora, nonostante false promesse. Lo sanno anche i muri che l’allenatore avrebbe voluto una conferma in blocco del gruppo che l’anno scorso ha messo in serie un filotto importante, anche perché così andavano professando i dirigenti pubblicamente, per tutta l’estate, parlando di “zoccolo duro”. Lo sanno anche i muri che non avrebbe voluto che andassero via i vari Barranco, Cham, Giuliodori, Renelus, protagonisti nella scorsa stagione e pilastri di quel gruppo che aveva messo in fila una serie di risultati utile importante. Lo sanno anche i muri, ancora, che dopo l’addio di Barranco abbia manifestato malcontento. L’unica colpa del tecnico, dunque, è di non aver capito per tempo a cosa stava andando incontro. Di non aver capito che era – o è – arrivato il momento (per la sua dignità personale) di farsi da parte.

Tuttavia, riteniamo anche che oggi sia troppo facile arrabbiarsi con Ballarino. Sarebbe come rincorrere in macchina un anziano col bastone e a piedi. Già due anni fa avevamo detto che sarebbe arrivato il giorno in cui non avrebbe avuto molto supporto attorno a sé. Non l’ha mai avuto completamente, in due anni, ma in queste settimane – e dopo ieri – anche la cerchia di seguaci e strenui difensori lo sta abbandonando. Avevano detto che in tanti sarebbero saliti sul carro dei vincitori, ma sono invece loro che lo stanno abbandonando. In fuga dal carro dei perdenti. In silenzio, pieni di vergogna, proprio come avevano fatto con Gallo e Saladini.

Brunetti è il primo a doversi vergognare, ma…

Ma, ribadiamo, oggi è troppo facile arrabbiarsi con Ballarino. Andava fatto prima che tutto ciò potesse accadere. Quando StrettoWeb e pochissimi altri avevano già denunciato “l’inciucio” politico dietro una vicenda raccapricciante. In fondo, Ballarino non ha deciso di irrompere sulla Reggina con la forza. E’ stato gentilmente “invitato” a Reggio Calabria da chi oggi si può sedere al suo fianco, in Tribuna Vip, piazzando amici e parenti. Brunetti è il primo a doversi vergognare, il primo a doversi prendere quelle responsabilità di cui aveva parlato nel settembre 2023. Stiamo ancora aspettando.

Ma, prendendo in prestito del buon Alfredo Auspici, sempre sul pezzo, ci chiediamo: “ma ce lo dite voi quando possiamo iniziare a vergognarci oppure siete in silenzio stampa e non ndi parràti?”. Perché al posto di Brunetti siamo noi che ci stiamo vergognando, sempre se la società ce lo consente…