Ieri Trump e Putin si sono sentiti telefonicamente, riprogrammando un incontro di persona a Budapest a oltre due mesi da quello in Alaska. La telefonata, la durata, l’esito e le proposte hanno stupito i più, soprattutto rispetto a quel confronto poco “produttivo” in Alaska, come rivelato anche da indiscrezioni e retroscena delle ultime ore. Ma perché è stata scelta Budapest? C’è un’interessante analisi di Gianandrea Gaiani, su Analisi Difesa, legata ai motivi nascosti che potrebbero pesare sulla decisione di Trump di non fornire i missili Tomahawk a Kiev.
“Dovremmo chiederci – scrive il giornalista – quanto abbia influito, non solo nella apparente decisione di Trump di frenare sulla fornitura dei Tomahawk a Kiev, ma sul contesto complessivo che ha portato i due presidenti a decidere di vedersi in un campo amichevole per entrambi (Budapest), un elemento del tutto esterno alla guerra in Ucraina e che potremmo definire la “variabile cubana”. Anche se, come spesso accade per le notizie davvero rilevanti, i nostri media e TV non ne hanno quasi per nulla riferito, l’8 dicembre il Consiglio della Federazione Russa ha ratificato in sessione plenaria l’accordo intergovernativo di cooperazione militare con Cuba che fornisce piena base giuridica per definire gli obiettivi, le modalità e gli ambiti della cooperazione militare tra i due Paesi, rafforzando ulteriormente i legami bilaterali nel settore della difesa.
“L’accordo era stato firmato il 13 marzo all’Avana e il 19 marzo a Mosca. In passato, esperti e funzionari russi avevano ipotizzato un possibile dispiegamento di sistemi militari russi nell’area caraibica, tra cui Cuba e il Venezuela. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha ribadito che eventuali decisioni in tal senso rientrano nelle competenze del ministero della Difesa”. E’ probabile, insomma, che Putin abbia spiegato a Trump che in risposta ai Tomahawk in Ucraina, la Russia potrebbe schierare i missili ipersonici Kinzhal o Oreschnik a Cuba.
Il tweet di Orban
Sulla vicenda c’è poi da evidenziare la presenza di Viktor Orban e un suo tweet, che così recitava: “L’Europa è consumata da una psicosi pro-guerra. Invece, i leader devono svegliarsi e assumersi la responsabilità di raggiungere una vera pace. Il momento di negoziare è adesso!”. L’esperto si chiede: “è solo un caso che il tweet abbia anticipato di poco l’esito del colloquio telefonico tra Trump e Putin? E’ il caso di sottolineare che poche ore prima dell’annuncio di Trump, il premier ungherese Viktor Orban aveva lanciato l’ennesima dura critica al bellicismo dell’Unione europea riprendendo gli stessi temi toccati il giorno prima dal ministro degli Esteri Peter Szijjarto. Nel suo post Orban è tornato a puntare il dito contro la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che “viaggia per il mondo parlando di guerra senza alcun mandato, mentre i trattati dell’Ue assegnano chiaramente la politica estera e di sicurezza agli Stati membri”.



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