Il disastro dell’Ottobrata di Zafferana Etnea: una domenica da incubo

Così l'Ottobrata Zafferanese si è trasformata in un disastro: chilometri di code in auto, delirio per i parcheggi, rumori di clacson e puzza smog per quella che doveva essere una festa di cultura, tradizione, natura, gastronomia e artigianato

  • Ottobrata di Zafferana Etnea - maltempo
    Foto di Peppe Caridi © StrettoWeb
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Minghia ‘mbare… e iu mi vulissi sulu rilassari i dumnica!” – È questa la frase che riecheggia tra gli stand affollati dell’Ottobrata di Zafferana Etnea, tra la puzza di ascelle sudate, fritture, cipolle caramellate e panini sfrigolanti sul fuoco dei chioschi di strada. Un coro di rassegnazione, misto al fumo dei bracieri e all’odore di salsiccia arrostita, accompagna quella che doveva essere una giornata di festa e che invece si è trasformata in un’odissea domenicale di traffico, smog e nervi a pezzi.

L’evento in sé è — e resta — una perla della tradizione etnea: una mostra-mercato storica, che da decenni celebra i prodotti tipici dell’Etna, tra miele, pistacchio, vino, castagne, mele, funghi e artigianato locale. È diventata negli anni un simbolo dell’autunno siciliano, capace di attrarre migliaia di visitatori non solo da tutta la Sicilia, ma anche dalla vicina Calabria, desiderosi di una domenica di cultura, natura e sapori.

Ma, come ormai accade da troppo tempo, il successo dell’Ottobrata è diventato anche la sua condanna.

Traffico paralizzato e nervi a fior di pelle

Già all’ingresso del paese si capisce che qualcosa non va: chilometri di auto incolonnate, motori accesi o spenti per risparmiare benzina, gente che scende per chiedere informazioni, clacson che suonano nel vuoto e nessuna indicazione utile. I parcheggi sono saturi da ore, e nessun sistema di viabilità o di controllo sembra in grado di gestire l’enorme afflusso.

Chi tenta l’impresa, dopo estenuanti attese, è costretto a lasciare l’auto a chilometri di distanza e a farsi una lunga camminata in salita per raggiungere il centro. Una volta arrivato, però, la ricompensa non è certo il relax sperato: fiumi di gente accalcata, stand troppo ravvicinati (e troppo numerosi: che c’entrano quelli dei taralli pugliesi e della ‘nduja di Spilinga con i sapori dell’Etna?) spintoni continui, bambini che si perdono nel caos e genitori in preda al panico che li cercano tra la folla.

Chi ci fici veniri!” — si sente dire più di qualcuno, trascinando i piedi nel fango e tra gli ombrelli aperti dopo la pioggia pomeridiana. “Dopu chista, a casa almeno pi tutta a simana“.

Addetti immobili e caos totale

La gestione dell’evento è apparsa disastrosa. Pochissimi gli addetti alla sicurezza e al traffico, riconoscibili dai giubbini arancioni, inutili come statue nel vuoto. Alcuni sembrano personale ANAS in pausa pranzo: osservano, fumano, chiacchierano. Le forze dell’ordine, presenti ma passive con pochissime unità, si limitano a presidiare le transenne senza dare reali indicazioni.

Chi osa chiedere dove parcheggiare o come uscire dal paese si sente rispondere: “Avanti, avanti, c’è posto più giù!” Peccato che “più giù” non ci sia assolutamente nulla — se non altre auto bloccate e altre persone disperate.

La pioggia, la ciliegina sull’incubo

Come se non bastasse, intorno alle 15:15 è arrivata anche la pioggia. Prima leggera, poi più insistente. In pochi minuti, tutti hanno deciso di andarsene contemporaneamente, provocando un ingorgo apocalittico. Uscire da Zafferana è diventata un’impresa titanica: tre ore di coda per raggiungere la statale o l’autostrada, motori surriscaldati, persone esauste, qualcuno che — esasperato — prenota lo psicologo direttamente dal sedile dell’auto.

Un vero esodo da fine del mondo, per un evento che dovrebbe invece rappresentare il meglio dell’accoglienza e dell’organizzazione locale.

Una festa meravigliosa… rovinata da cattiva gestione

L’Ottobrata di Zafferana Etnea rimane, nelle sue intenzioni, una manifestazione di valore, un appuntamento che unisce tradizione, cultura e sapori. Ma oggi è stato caratterizzato da traffico, caos, mancanza di parcheggi, disorganizzazione e stress. Dovrebbe essere organizzata meglio con un numero di stand maggiormente compatibili con gli spazi a disposizione, maggiori aree di parcheggio e una migliore organizzazione, per evitare che chi arriva, resti deluso e scappi via promettendo di non tornare mai più!

Eppure si ripete per quattro domeniche di ottobre, il che dovrebbe permettere una distribuzione più sostenibile dei visitatori. Ma l’afflusso ormai è tale che, senza una gestione moderna e coordinata, l’evento rischia di soffocare sotto il peso del proprio successo.

Una festa che nasce per celebrare la bellezza dell’Etna e delle sue tradizioni, oggi si trasforma in un incubo di clacson, fumo e nervi tesi.
E nella folla, tra un panino e una bestemmia, riecheggia ancora la frase simbolo di questa domenica: “Minghia ‘mbare… e iu mi vulissi sulu rilassari i dumnica!”. Domani (per fortuna) si torna a lavorare!