Bestemmie in diretta a Radio Antenna Febea. Giovanni e Dario Baccellieri ringraziano il blasfemo

Ateismo militante, blasfemia, insulti gratuiti e ironie sguaiate: un cocktail che nulla ha a che vedere con l’informazione sportiva

Ci sono limiti che non andrebbero mai superati. Né per ragioni etiche, né per rispetto della convivenza civile, né tantomeno in nome dell’audience. Eppure, a Radio Antenna Febea, nella trasmissione “Talk Sport”, condotta da Giovanni e Dario Baccellieri, quei limiti vengono travolti ogni giorno da un fiume di insulti, derisioni e volgarità che nulla hanno a che vedere con l’informazione o con lo sport.

Il format dovrebbe parlare di calcio, in particolare della Reggina, ma la realtà è ben diversa: sotto la copertura di un talk sportivo si consuma quotidianamente un teatrino in cui i conduttori trasformano l’etere in un ring, insultando chiunque capiti a tiro. Gay, credenti, avversari politici o semplici radioascoltatori finiscono sotto la scure del dileggio sistematico, in una spirale di provocazioni costruite ad arte per far salire gli ascolti.

Qualche giorno fa, ad esempio, a finire nel mirino fu un ragazzo che aveva osato difendere la comunità omosessuale dalle invettive del giornalista “padre”. La sua voce fu liquidata in fretta, condita da offese e da quell’insulto grave  “ricchione” che non dovrebbe mai trovare spazio né in una trasmissione radiofonica né tantomeno in bocca a chi si fregia del titolo di giornalista.

Ma la misura è stata colma nell’ultima puntata. Dopo una lunga tirata di Giovanni Baccellieri sull’inesistenza di Dio, a prendere la linea è stato un ascoltatore abituale, parte della cerchia che quotidianamente si presta a fare da applauditori alle posizioni dei conduttori. In diretta nazionale, l’uomo ha bestemmiato per ben due volte. Non c’è stata censura, non c’è stato imbarazzo, non c’è stata alcuna distanza da parte della conduzione: anzi, tra le risate, padre e figlio hanno ringraziato il blasfemo, compiacendosi di aver chiuso così la predica contro la fede.

Ateismo militante, blasfemia, insulti gratuiti e ironie sguaiate: un cocktail che nulla ha a che vedere con l’informazione sportiva, né con il giornalismo degno di questo nome. Tanto più grave se si considera che entrambi i conduttori sono iscritti all’Ordine dei Giornalisti e all’USSI, l’Unione Stampa Sportiva.

In nome degli ascolti e della fatica risparmiata rispetto ad un normale lavoro, a “Talk Sport” si mescolano invettive, bestemmie e panini con il pesce spada, mentre la Reggina pretesto nominale della trasmissione rimane sullo sfondo, irrilevante. La radio diventa così un’arena di dileggio, dove il confine tra satira e aggressione verbale è stato da tempo oltrepassato.

La domanda sorge spontanea: fino a che punto si può tollerare che un microfono, strumento di informazione e responsabilità, venga usato come megafono di volgarità e offesa?

Non è solo una questione di buon gusto, ma di rispetto delle regole deontologiche, della dignità degli ascoltatori e della credibilità di una professione che, ogni volta che accadono episodi simili, paga il prezzo dell’imbarbarimento.

Oggi non restano che condoglianze. Non tanto per gli ascoltatori di Radio Antenna Febea, che possono sempre cambiare frequenza, quanto per il giornalismo stesso, ridotto anche a causa di episodi come questo a spettacolo di bassa lega.