Reggina, da “abbiamo uno squadrone” a “tirate fuori i c…”: quando presunzione e convinzione coincidono, i colpevoli diventano altri

Le prime due partite della Reggina hanno già fatto tornare tutti sulla Terra. Sul campo, un pari e una sconfitta, molto deludenti per approccio al match, atteggiamento e zero idee nel palleggio. Eppure, pare non sia cambiato niente neanche quest'anno...

La tifoseria voleva “lo squadrone”. Pensava di averlo. Anzi, pensa di averlo ancora. O forse no. Le prime due partite della Reggina hanno già fatto tornare tutti sulla Terra. Sul campo, un pari e una sconfitta, molto deludenti per approccio al match, atteggiamento e zero idee nel palleggio. Ieri a Favara, purtroppo, sono stati confermati quei segnali già visti a Palmi con la Vibonese. E, sia chiaro: non stiamo mica parlando di Real Madrid e Barcellona. Lo evidenziamo per chi se lo fosse perso: Vibonese e Castrumfavara. Vibo Valentia e Favara. A salvare la squadra, dicevamo, il tempo, nel senso che ieri era la prima di campionato. Ma questo non significa che sia ancora presto. Anzi, è già tardi. Lo stesso ragionamento, infatti, l’anno scorso ha portato a perdere punti per strada, punti che poi nella corsa finale si sono rivelati decisivi.

I tifosi pensavano che la compagine di Trocini avrebbe fatto un sol boccone del campionato, con un lungo filone di vittorie in avvio di stagione, già dalla prima, giusto per creare un solco in stile Trapani, ma anche Siracusa. Peccato, però, che la Reggina di oggi non si avvicini neanche lontanamente né all’una e né all’altra. Gli acquisti di alcuni “big” – qualcuno però troppo avanti con l’età, in scarsa condizione o più in infermeria che in campo, come Montalto o Edera – hanno spostato l’attenzione su quelli che potrebbero essere i reali problemi. Quali sono questi problemi? Pensare che, appunto, la Reggina possa essere “uno squadrone”, una corazzata.

Non lo è, come diciamo da settimane. E’ considerata, dagli addetti ai lavori, la più attrezzata nel girone I, ma solo sulla carta. I campionati però non si vincono sulla carta. E comincia ad essercene dimostrazione. Se poi da settimane la società continua ad affermare pubblicamente di avere la squadra più forte, e che vincerà sicuramente, la frittata è fatta. Proprio la settimana scorsa scrivevamo che tutte le volte che la Reggina è partita favorita alla vigilia, ha steccato clamorosamente. Spesso in Serie B, ma anche in C e – non vorremmo – anche in D.

Ma avevamo evidenziato un altro dettaglio, forse sfuggito ai più nei giorni di euforia precedenti al campionato: proprio per la convinzione e presunzione della proprietà, di avere in mano una squadra fortissima, tutte le accuse dopo scarsi risultati e prestazioni sarebbero ricaduti su allenatore e calciatori. Detto, fatto. Ieri pomeriggio al termine del match perso a Favara, la squadra e l’allenatore sono andati sotto il settore dedicato ai tifosi, come sempre. E il coro è stato unanime: “tirate fuori i c…”. Si deduce, dunque, che per i tifosi la colpa sia unicamente di chi è andato in campo.

Lo sfogo di Trocini a fine gara non è affatto normale. E intanto la proprietà…

Sicuramente, approccio e atteggiamento sono da rivedere, ampiamente. Ma è possibile che sia sempre colpa loro? Due anni fa la colpa era di Trocini. L’anno scorso, invece, di Pergolizzi, ma poi è arrivato Trocini ed è incredibilmente diventato bravo. Ora, non vorremmo che la colpa sia nuovamente dell’allenatore e dei calciatori. Ah, altro piccolo dettaglio: la sfuriata del tecnico nel post gara non è affatto normale. Non alla prima giornata, sicuramente. Con una società forte, un allenatore avrebbe difeso i suoi ragazzi, almeno pubblicamente, “massacrandoli” dentro gli spogliatoi. Che è poi ciò che Trocini ha sempre fatto. Ieri no. Ieri, alla prima giornata, anche lui si è arrabbiato con la squadra, mettendo alla gogna dei ragazzi già contestati dagli ultrà.

E la proprietà, zitta zitta, se ne sta a guardare. A voler essere cattivi, è ciò che a loro conviene. Se ci fosse una società forte, ribadiamo, a presentarsi ai microfoni dopo una sconfitta del genere sarebbe stato il massimo dirigente, o comunque qualche dirigente importante. Non avrebbe di certo lasciato la patata bollente ad allenatore e capitano, gli unici a metterci la faccia. Ma poi, dalla proprietà, si arrabbiano se gli si fa notare che si presentano ai microfoni solo dopo le vittorie. Festanti, vogliono parlare tutti. E gli allocchi ci cascano sempre: quando si vince qualche partita, Trocini e squadra non hanno meriti perché “li ha scelti la società”. Quando invece si perde così clamorosamente in campi improbabili, le colpe sono tutti di allenatori e calciatori di turno. Insomma, tutto va bene purché si difenda una società ampiamente inadeguata.

Per il terzo anno di fila, ma questa volta anche in anticipo, la storia ha insegnato che parlare troppo – e prima – non porta ad alcun risultato. La differenza è che quest’anno non ci sono squadre “ammazza campionato”, ma anche che – per fortuna – c’è tutto il tempo per rimediare. Di certo, le premesse non sono delle migliori. E quegli alibi che non c’erano già il primo anno, ora sono inesistenti: dal Trapani al Siracusa fino agli arbitri e alla “Vibonese che si scansa”.

Se la Reggina dovesse fallire ancora non è di certo per colpa di Trocini o dei giocatori, ma di chi ha pensato di poter – per l’ennesima volta – imbonire la piazza con colpi a effetto, non riuscendo forse a rimediare a dovere alle partenze dei vari Giuliodori, Renelus, Barranco, Cham ecc. Conoscendo la società, però, siamo abbastanza convinti che il rischio – già da domenica in casa contro la Nissa, in caso di sconfitta – sia di ripetere quanto accaduto a Marcello Lippi 25 anni fa, di questi tempi, quando tuonò contro tutti in conferenza stampa dopo la sconfitta della sua Inter in casa della Reggina. Come andò a finire? Lo sapete…