La Fiera del Levante di Bari, storica manifestazione internazionale che da quasi un secolo ospita espositori da tutto il mondo, si trova quest’anno al centro di un vero e proprio scandalo politico e culturale. Alla base della polemica non c’è solo l’esclusione di Israele, decisa dagli organizzatori e sostenuta dalle autorità locali, ma soprattutto ciò che è stato mostrato nello stand dedicato alla Palestina: una cartina geografica che rappresenta l’intera Israele come se fosse Palestina, con tanto di simboli e colori palestinesi. L’evento, che si è concluso ieri, si è macchiato così di antisemitismo palese e sfacciato in un contesto povero e degradato, in cui su 94 stand della fantomatica “Galleria delle Nazioni“, oltre l’80% erano provenienti dal mondo arabo, musulmano e oltre il 90% erano etnici (un solo europeo, la Danimarca!).
L’esclusione di Israele e lo stand della Palestina
L’Ente Fiera del Levante ha deciso di non invitare Israele all’edizione 2025 della Fiera del Levante, che si è tenuta a Bari dal 13 al 21 settembre. La decisione è arrivata dopo una richiesta formale del sindaco di Bari, Vito Leccese, del Partito Democratico, che aveva chiesto di non far partecipare Israele alle attività fieristiche, istituzionali ed economiche nell’area fieristica barese, blaterando fandonie sulle fantomatiche “atrocità del genocidio in corso“. La Fiera ha affermato che l’esclusione si inserisce nella linea dei valori che l’organizzazione vuole promuovere: pace, dialogo, rispetto dei diritti umani. Al contempo, però, è stato allestito uno stand per la Palestina nella “Galleria delle Nazioni” della Fiera. Uno stand per il territorio governato dai terroristi di Hamas, e niente stand per l’unica democrazia del Medio Oriente: bel modo di “promuovere pace, dialogo, rispetto dei diritti umani“!
Una cartina che parla da sola
Ma poi è andata molto peggio. Lo stand della Palestina allestito alla Fiera, infatti, non si è limitato a promuovere prodotti o attività commerciali. Sulla parete campeggia infatti una mappa che non lascia spazio a dubbi: al posto di Israele, compare l’intero territorio colorato come “Palestina”, comprendendo sia Gaza che Cisgiordania. Un’immagine che non può essere liquidata come un errore grafico o un gesto simbolico di poco conto, ma che svela la vera intenzione di chi ha voluto esporla (e che è universalmente diffusa tra i palestinesi): negare l’esistenza stessa dello Stato di Israele e rivendicare la sua cancellazione. Che poi è anche il primo punto dello Statuto di Hamas, che governa Gaza da venti anni con ampio consenso popolare.
Il nodo del riconoscimento
Questo episodio mette in evidenza un aspetto spesso dimenticato nel dibattito internazionale. Non è Israele a non riconoscere l’esistenza della Palestina: è piuttosto una grandissima parte del mondo palestinese a non riconoscere Israele, anzi a volerlo eliminare dalle mappe e, nelle intenzioni più radicali, dalla storia. La cartina esposta alla Fiera del Levante ne è una testimonianza lampante e inquietante, resa ancora più grave dal fatto che viene mostrata in Italia, in una manifestazione ufficiale e con il sostegno delle istituzioni.
Un messaggio che risuona come minaccia
Esporre una simile mappa non significa soltanto promuovere un’identità nazionale, ma lanciare un messaggio preciso: Israele non deve esistere. È un atto che va oltre la propaganda e si trasforma in una dichiarazione politica radicale, che richiama alla mente le più cupe retoriche antisemite del passato. In questo modo non si alimenta il dialogo e la convivenza, ma si getta benzina sul fuoco di un conflitto che già da decenni insanguina il Medio Oriente.
L’assenza di Israele e la presenza della Palestina
Ciò che rende tutto ancora più paradossale è la scelta di escludere Israele dalla Fiera, mentre si concede ampio spazio alla Palestina, che utilizza quell’occasione non per promuovere pace, cultura e cooperazione, ma per esibire un simbolo di negazione e annientamento. È un gesto che tradisce lo spirito stesso della Fiera, nata per favorire scambi e dialogo internazionale, e che rischia di trasformarsi in una vetrina di odio.
Un pericoloso ritorno al passato
Quanto accaduto a Bari non può essere derubricato come una semplice “polemica di fiera”. Siamo di fronte a un atto gravissimo che ci riporta indietro di decenni, a un tempo in cui l’antisemitismo dilagava senza pudore e l’idea di eliminare Israele trovava sostenitori persino nei palcoscenici ufficiali. Oggi, vedere una simile cartina esposta in Italia, con il silenzio o addirittura l’appoggio delle autorità, rappresenta una vergogna che non può lasciare indifferenti.
Una responsabilità istituzionale
Il vero scandalo non sta soltanto nel gesto di chi ha voluto esporre quella mappa, ma nella responsabilità di chi ha permesso che ciò avvenisse in una cornice ufficiale. L’Ente Fiera, le autorità cittadine e gli organizzatori non possono fingere di non sapere che tipo di messaggio veniva trasmesso. E il fatto che tutto questo avvenga con il loro sostegno è ancora più allarmante.
Una ferita che non si può ignorare
Il caso della Fiera del Levante solleva domande profonde sull’uso delle istituzioni e degli spazi pubblici per fini politici e propagandistici. L’Italia non può permettersi di ospitare, a maggior ragione in nome della pace e del dialogo, chi nega l’esistenza di uno Stato democratico e diffonde messaggi di odio. Quanto accaduto a Bari è una ferita che deve essere denunciata con forza: perché la memoria dell’antisemitismo non sia solo un ricordo lontano, ma un monito che deve guidare le nostre scelte quotidiane.



Vuoi ricevere le notifiche sulle nostre notizie più importanti?