“Basta con i trafficanti di grano. Basta con le speculazioni“. Questi gli slogan d’apertura del corteo di circa 8000 agricoltori Coldiretti arrivati da tutta l‘Isola e dalla Calabria, che da Piazza Marina sta raggiungendo palazzo d’Orleans, a piazza Indipendenza a Palermo. La manifestazione si svolge in contemporanea con quella di Bari e di altre città per la denuncia del popolo del grano.
“Ogni giorno assistiamo ad un crollo delle quotazioni – spiega Francesco Ferreri, presidente di Coldiretti Sicilia – mentre i costi continuano a crescere. La nostra agricoltura non può competere con il grano importato da Paesi dove non valgono le stesse regole sanitarie, ambientali e sociali. Serve trasparenza e una difesa concreta del prodotto italiano”. “Bisogna dirlo con chiarezza – aggiunge -. Ci sono dei trafficanti di grano che speculano con gli agricoltori costretti a fare i conti soprattutto, negli ultimi anni, con una siccità che ha provocato perdita di produzione
“Un chilo di grano si vende, in media a 28 centesimi al chilo ma ci sono anche ribassi fino a 20 centesimi mentre i costi di produzione sono lievitati. Un chilo di pasta oggi costa 2 euro e il pane si compra anche 5 euro ma agli agricoltori vengono riconosciuti meno di 30 centesimi. In tutta questa filiera è evidente che c’è chi specula e che sta mettendo a rischio la sopravvivenza delle aziende. Il grano siciliano – conclude Ferreri – è di ottima qualità, garantito da tecniche produttive soprattutto biologiche che non può essere messo da parte da chi, in Canada per esempio, essicca con prodotti chimici che fanno male alla salute” conclude.
Un grido partito da varie città italiane
Una nutrita delegazione di Coldiretti Calabria guidata dal presidente Aceto ha manifestato nella piazza di Palermo per dire basta ai trafficanti di grano e ai loro soprusi che schiacciano il prodotto nazionale sotto i costi di produzione, costringendo le imprese agricole a lavorare in perdita e spingendo sempre più sulle importazioni estere. Un grido partito da Bari, cuore del “Granaio d’Italia”, e da Palermo, con manifestazioni simultanee anche a Cagliari, Rovigo e Firenze, tra cartelli, cori e sacchi vuoti con il tricolore per denunciare un sistema che distrugge il reddito agricolo. A rischio ci sono quasi 140mila imprese agricole, a livello nazionale soprattutto nel Mezzogiorno e oltre 4mila in Calabria.
La protesta arriva mentre il prezzo del grano duro è crollato a 28 euro al quintale, con un calo del 30% in un anno, tornando ai livelli pre-guerra in Ucraina, mentre i costi di produzione sono aumentati del 20% dal 2021. Un chilo di pasta oggi viaggia sui 2 euro, ma agli agricoltori vengono riconosciuti appena 28 centesimi al chilo di grano.
“Serve dare dignità agli agricoltori, rispettando la legge sulle pratiche sleali che vieta la vendita sotto i costi di produzione – è stato l’appello corale degli agricoltori – e rivedere completamente il sistema delle borse merci locali che vanno superate con una CUN (commissione unica nazionale) per la formazione del prezzo. Non possiamo svendere il grano sotto i costi, vogliamo più controlli contro gli speculatori. E agli agricoltori diamo un’indicazione chiara: i contratti di filiera sono lo strumento di difesa del reddito”.
“Lottiamo contro i trafficanti e affaristi di grano – ha dichiarato Aceto – che vogliono uccidere la distintività e l’origine. L’Italia non produce tutto il grano che le serve perché viene pagato agli agricoltori cifre offensive, che nessuna impresa potrebbe sostenere. Ma questa non è solo una battaglia per il prezzo: è una battaglia per la salute e per la sovranità alimentare. Non possiamo accettare che il grano italiano venga sottopagato e poi si faccia mangiare la pasta col grano canadese al glifosato. Tutelare gli agricoltori vuol dire tutelare i cittadini”.
Il Piano Coldiretti
“Per affrontare la situazione Coldiretti ha proposto un piano con sette richieste chiave, che sono state presentate al Ministro dell’agricoltura a Palazzo Chigi. Sono – afferma Coldiretti –tutte mirate a difendere l’agricoltura italiana da speculazioni, concorrenza sleale e logiche di mercato che penalizzano chi produce cibo. La prima richiesta è l’istituzione immediata della Commissione Unica Nazionale (CUN) del grano duro, per superare le borse merci locali e fermare il meccanismo opaco che consente quotazioni artificialmente basse, spesso al di sotto dei reali costi sostenuti. Allo stesso tempo è necessario che Ismea pubblichi immediatamente i costi medi di produzione, in trasparenza e dando un riferimento certo per i controlli.”
“Fondamentale aumentare fino a 40 milioni di euro il sostegno del Ministero ai contratti di filiera pluriennali, che garantiscano un reddito equo. Poi il blocco delle importazioni sleali, a partire da quelle di grano trattato con sostanze vietate in Europa, come il glifosate canadese o i pesticidi e fungicidi impiegati in Turchia e Russia. È inaccettabile che il nostro grano, prodotto nel rispetto delle regole europee, venga penalizzato da una concorrenza tossica che minaccia non solo la redditività ma anche la salute dei consumatori. La reciprocità delle regole, è il nodo chiave da sciogliere, e queta è una delle battaglie storiche dell’organizzazione” conclude.




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