Ci sono alcune parole che, per il carico che portano con sè, ciò che evocano e quello a cui sono legate, portano un peso che le differenzia da altre. Una di esse è “genocidio”, un termine che, recentemente, è tristemente tornato di moda, abbinato a quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza. Un binomio che, in questo caso, risulta però sbagliato nell’accostamento, frutto di una narrativa distorta, di una comunicazione propagandistica alla quale anche l’Occidente crede piegandosi al pietismo e alla cristiana solidarietà.
A Gaza non è in atto alcun genocidio. Lo affermano i dati empirici (non slogan, non propaganda, non passaparola social) dello studio del Centro Begin-Sadat per gli Studi Strategici (BESA), Università Bar-Ilan, firmato da Danny Orbach, Jonathan Boxman, Yagil Henkin e Jonathan Braverman.
Che cos’è un genocidio?
Partiamo dalla definizione. Dizionario alla mano, un genocidio è una “metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui e l’annullamento dei valori e dei documenti culturali“. C’è una parola importante sulla quale concentrarsi: “metodica”. Ovvero, non basta che sia in atto una guerra. Non basta che ci siano diverse migliaia di morti. Le cause di quelle morti devono essere anche attribuite a una precisa volontà per le quali esse si verificano.
Un esempio? Lo sterminio degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, operato in maniera “metodica” con rastrellamenti, deportazioni e campi di concentramento e massacri nelle camere a gas (e non solo) nei confronti di un gruppo “etnico-religioso“. Lo studio sopracitato, mira proprio a smontare la “metodicità” della quale è accusato Israele con dati empirici che negano, non le morti, non la grande sofferenza, ma la definizione di genocidio.

Lo studio del BESA che smonta la propaganda di Hamas
“Il Riformista” riporta un’interessante analisi sullo studio del BESA. Il documento prende in esame la guerra tra Israele e Hamas tra il 7 ottobre 2023, giorno in cui Hamas ha massacrato circa 1200 israeliani (fra i quali donne e bambini, civili e indifesi in un contesto pacifico) con un attacco terroristico e ha catturato 250 ostaggi, e il giugno 2025. Lo studio prende in esame dati ufficiali israeliani, comunicati di Cogat (Coordinatore delle attività governative nei territori), rapporti dell’Onu, stime di Ong, indagini giornalistiche e fonti militari.
Da queste di fonti, variegate e autorevoli, viene fuori che non esistono i dati per parlare di un piano di Israele per un genocidio, nonostante il numero immane di vittime civili, la distruzione e la sofferenza che un conflitto porta con sé. Le cause di tale guerra sono da attribuire, è bene ricordarlo una volta di più, al gruppo terroristico Hamas che una la popolazione come scudo umano, che nasconde le proprie basi sotto obiettivi sensibili quali ospedali, moschee e asili e che contribuisce alla morte dei palestinesi stessi.
Hamas è un’organizzazione terroristica che controlla la Palestina ormai da diversi anni. Non è un gruppo di cani sciolti, una cellula dormiente che si è risvegliata. È l’autorità, opera sotto la bandiera che viene erroneamente sventolata in Occidente parlando di pace e diritti, gli stessi che Hamas nega ai palestinesi, al suo stesso popolo. L’informazione che proviene da Gaza è filtrata dai terroristi che hanno urlato per primi al “genocidio” quando Israele ha risposto militarmente all’attacco del 7 ottobre 2023.
La narrativa odierna vede Israele come carnefice senza moralità e umanità e dimentica quanto fatto da Hamas nel “sabato nero”. Le accuse trovano terreno fertile nella politica occidentale, interessata a creare consenso appoggiando questa o quella battaglia a seconda della popolarità e della propria inclinazione all’aumento della propria fanbase. Si parla, quindi, di Israele che affama deliberatamente la popolazione, che bombarda indiscriminatamente la Striscia, che apre il fuoco su terroristi e civili senza distinzioni e con insito sadismo. Ma i dati non confermano.

Genocidio a Gaza: dati calorici MAI sotto la soglia di sopravvivenza
Partiamo dall’accusa, sicuramente, più spregevole: quella secondo la quale Israele abbia deliberatamente provocato una carestia per far morire di fame la popolazione di Gaza. Le immagini di bambini malnutriti fanno il giro dei social provocando, com’è normale che sia, indignazione e sgomento. Secondo lo studio però, i dati calorici pro capite, pur mostrando delle oscillazioni, non risultano MAI sotto la soglia minima di sopravvivenza (1800 calorie giornaliere, ndr) dall’inizio del conflitto a oggi.
Le cifre variano tra le 1900 calorie e le 2500: numeri chiaramente ridotti, parliamo sempre di una zona di guerra, ma non compatibili con una carestia indotta. Israele organizza corridoi umanitari, distribuzione di cibo e pause operative. Hamas ne approfitta per appropriarsi di cibo, medicinali e carburante per i propri scopi terroristici lasciando la popolazione senza aiuti.
“I dati raccolti dimostrano come gran parte delle forniture alimentari sia effettivamente entrata nella Striscia, nonostante le difficoltà logistiche, i combattimenti e le interferenze di Hamas che spesso ha sequestrato o ridistribuito gli aiuti per i propri fini militari“, si legge nel documento. Anche il numero di morti, se paragonato a situazioni simili quali l’Ucraina staliniana o il Biafra, è nettamente più basso.
I dati sulle calorie pro capite a Gaza
Di seguito i dati dal 7 ottobre al giugno 2025. Ricordiamo che 1800 calorie è la soglia minima di sopravvivenza.
- Ottobre-Dicembre 2023: 2100-2300 calorie pro capite giornaliere in media
- Gennaio-Giugno 2024: 1900-2200 calorie pro capite giornaliere in media
- Luglio-Dicembre 2024: 2000-2400 calorie pro capite giornaliere in media
- Gennaio-Giugno 2025: 2100-2500 calorie pro capite giornaliere in media
Le operazioni militari di terra a Gaza: le “stragi” sono, in realtà, normali combattimenti
Un’altra accusa pesante riguarda l’Idf, la forza militare israeliana che apre il fuoco contro i civili. Gaza è una delle aree più densamente popolate al mondo. Esistono tunnel sotterranei, depositi di armi sotto scuole e ospedali, centri di comando nelle moschee e i campi profughi.
Le vittime civili, in un contesto di guerra, sono tristemente inevitabili (che è diverso da pianificate!). A Gaza il carico ce lo mette la strategia di Hamas di mimetizzarsi fra la popolazione, utilizzarla come scudo umano se serve. Del resto, chi attaccherebbe una base militare se nascosta sotto un asilo? Le stragi denunciate da Hamas si sono rivelate, dopo opportune verifiche, normali conflitti armati.
Un’analisi quantitativa mostra 3 elementi chiave:
- il rapporto fra civili e combattenti uccisi “secondo le stime più credibili, si avvicina a 1:1“
- In conflitti urbani di intesità simile, come Mosul 2017 o Falluja 2004, le vittime civili sono state superiori e non si è mai parlato di stragi pianificate
- non ci sono prove di una strategia di Israele mirata a uccidere intenzionalmente i civili: i morti fra la popolazione sono un triste danno collaterale del conflitto contro Hamas che si fa scudo della popolazione stessa
I dati sulle vittime civili e i combattenti
- Secondo il Ministero della Sanità di Gaza (controllato da Hamas) il rapporto è di 2.5 morti civili : 1 combattente
- Secondo l’IDF il rapporto è di 1:1
- Secondo le indagini giornalistiche indipendenti è di 1,2 – 1,5 : 1
Riassumendo: solo secondo i dati forniti da Hamas muoiono più del doppio dei civili rispetto ai militari, mentre le indagini giornalistiche indipendenti si avvicinano alle cifre israeliane di 1 morto civile per ogni combattente morto. Dati che smentiscono ogni possibile teoria sul massacro sistematico da parte delle forze armate.

I bombardamenti aerei a Gaza: colpi mirati su obiettivi militari
I bombardamenti aerei sono, di sicuro, una fra le fonti di distruzione maggiore durante un conflitto per la devastazione che un attacco dal cielo può provocare su intere aree cittadine che vengono rase al suolo. L’accusa è che Israele bombardi indiscriminatamente. I dati dicono il contrario.
Gli obiettivi presi di mira sono: centri di comando, tunnel, depositi di razzi. Israele, inoltre, annuncia in anticipo i propri attacchi attraverso telefonate, messaggi, volantini, tecnica del roof knocking, permettendo ai civili di mettersi al sicuro. Chi è che compirebbe un genocidio avvertendo i civili (per altro, avvertimenti che sarebbero anche controproducenti in quanto fanno il gioco di Hamas) e permettendogli di mettersi in salvo, se fossero essi stessi l’obiettivo da colpire?
Fra le varie operazioni ci saranno stati anche errori di valutazione e sproporzione negli attacchi, questioni ben diverse rispetto al deliberato bombardamento sulla popolazione. Anche qui, lo studio sottolinea come nei genocidi del XX Secolo i governi responsabili abbiano volutamente mirato contro la popolazione, mentre Israele attacca esclusivamente obiettivi militari.
I dati sui genocidi e conflitti urbani
Di seguito i dati sui principali genocidi della storia e la differenza con Gaza che presenta numeri e dinamiche simili a casi come quello di Mosul, non equiparabili a un genocidio:
- Shoah (1941-1945): 6 milioni di ebrei uccisi attraverso esecuzioni sistematiche e camere a gas con l’intento politico di eliminazione totale del popolo ebraico
- Ruanda (1994): 800.000 tutsi uccisi in 100 giorni a colpi di machete e attraverso liste etniche con lo scopo di effettuare un annientamento etnico
- Bosnia (Srebrenica, 1995): 8000 bosniaci musulmani uccisi con esecuzioni sommarie con l’intento di eseguire una pulizia etnica
- Darfur (2003-2007): oltre 200.000 morti fra bombardamenti e attacchi delle milizie janjaweed con l’intento di una repressione etnica
- Mosul (2017): 9000 morti civili nei bombardamenti urbani contro l’Isis, conflitto militare non equiparabile a un genocidio
- Gaza (2023-2025): 30.000 – 40.000 morti fra bombardamenti e operazioni urbane nel conflitto contro Hamas, senza alcun intento genocidiario
Perchè la propaganda di Hamas influenza così tanto l’Occidente?
Davanti a questi dati, basati su fatti storici ed eventi reali, su analisi concrete e non su parole e opinioni, resta difficile capire come si possa ancora parlare di genocidio. E soprattutto, come in Occidente si venga così tanto influenzati dalla propaganda di un’organizzazione terroristica dimenticando, o peggio delegittimando, una pagina importante della nostra storia, come la Shoah, quello sì genocidio sistematico, operato nei confronti degli ebrei, gli stessi che oggi una parte dell’opinione pubblica occidentale accusa di genocidio.
La forza delle accuse, spiega il documento, non risiede nelle prove ma nell’effetto simbolico e sentimentale che sprigiona. Le immagini che circolano in rete, le dichiarazioni di influencer che sposano proteste instagrammabili, le battaglie monetizzabili degli attivisti o quelle mirate a ottenere consenso da parte dei politici contribuiscono a dar forza a una narrativa falsa, incompleta e distorta che fa passare gli ebrei come neonazisti e un gruppo terroristico dalla parte dei buoni.



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