Naturalmente sul Ponte sullo Stretto si può essere favorevoli o contrari e sciorinare tutte le argomentazioni che sembrano più appropriate ai propri convincimenti. E in questi giorni convulsi se ne sono sentite un po’ di tutte. Ma alcune ce le saremmo volentieri risparmiate: quelle chiaramente fraudolente, soprattutto se vengono da certi giornalisti che godono di un certo seguito. Ma andiamo con ordine. Se a me il Ponte non piace, posso dire semplicemente che è brutto e rovinerà il paesaggio. O che è inutile in quanto finora lì in mezzo non c’è mai stato niente ma non è che la Sicilia fosse irraggiungibile. E si può anche dire, naturalmente, che si tratta di un progetto avveniristico privo di ogni base tecnica. Oltre naturalmente ai soliti sospetti di corruzione politica in combutta con mafie varie. Alcune argomentazioni sono semplici giudizi estetici, altre sono ingenue, altre dettate dai soliti sospetti che purtroppo a voler scavare nel sudiciume che è la storia di questo paese trovano precedenti a iosa (ma che non è solo roba da Sud: anche il MOSE, per dirne una, nel virtuoso Veneto alla fine è costato tre volte e mezzo il progetto iniziale e una caterva di arresti, ma questa è l’Italia).
Il progresso
Vediamo un po’. Quanto all’estetica c’è poco da dire: se a uno piace Botticelli e a uno piace Picasso hanno ragione tutti e due, ed è inutile stare a discutere. Quanto all’attraversamento, si dirà che finora si è fatto in un modo perché non ce ne era un altro, e non si stava mica sulla riva a piangere perché la terraferma era finita. Il mondo va avanti e si trovano sempre nuove soluzioni, anche se finora ci si era industriati diversamente. Quando sono comparse le macchine le carrozze hanno cominciato a scomparire, ma c’è sempre stato qualche misoneista che avrà detto che finora si era sempre fatto così ed era sempre andato tutto benissimo e non si sentiva il bisogno di cambiare, tantopiù che quelle cose nuove erano troppo veloci e pericolose e inquinavano. Ed era anche vero. Ma siamo sicuri che ad ascoltarlo il bilancio con il progresso sarebbe stato in attivo? E quando hanno bucato le Alpi per andare in Francia ci sarà stato anche qualcuno che avrà detto: “Ma perché spendere tanti soldi e darsi tanta pena? Finora forse non si riusciva ad andare dall’altra parte?”. Insomma, le innovazioni propongono sempre una nuova prospettiva di visione e c’è sempre chi non riesce ad accoglierla. Questo non vuole dire che ogni innovazione è un progresso, ma che a star fermi il progresso non arriva di certo.
Le bugie e le “cretinate” di Andrea Scanzi
Poi ci sono altri tipi di argomentazioni che sono molto vicini alle menzogne. E se non sono vere e proprie menzogne è solo perché mentire è un’arte molto raffinata. Si può mentire, per esempio, solo nel presente, quando tu una informazione la puoi controllare. Se io dicessi ad esempio che nel duemilacinquanta ci sarà un’invasione aliena o la prossima venuta di Cristo, darei una informazione a cui non credo neanche io, ma intanto non posso essere smentito e per il prossimo quarto di secolo sarei a posto. Quindi la disputa tra i più entusiasti e quanti smentiscono che il ponte sarà realizzato entro il o ancora peggio non potrà essere realizzato perché non esistono le competenze ingegneristiche è una disputa basata sul nulla. Eppure illustri giornalisti che non hanno, loro sì, nessuna competenza ingegneristica, vanno sostenendo le tesi più catastrofiste, e su illustri quotidiani.
Ma poi ci sono le bugie vere e proprie, anche queste naturalmente ben camuffate (ma facilmente scopribili). Leggiamo uno scritto di Andrea Scanzi, giornalista con largo seguito del Il Fatto Quotidiano. Asserisce che il Ponte (oltre a essere opera inutile e quant’altro) è opera politicamente scriteriata poiché si situa in un’area geografica depressa che avrebbe bisogno di ben altri e ben più urgenti interventi su strade e collegamenti vari. E cita vari esempi: per andare da Cosenza a Crotone “se ti va bene” ci vogliono 5 ore, da Siracusa a Trapani fino a 14 ore e via dicendo. Si tratta, ovviamente, di immani cretinate, come ben sa chi queste distanze le percorre realmente. Non che le strade sicule e calabre siano (ma il discorso si potrebbe estendere all’intera penisola) il massimo dell’eccellenza, ma anche sulla vecchia statale 107 per percorrere i 110 chilometri che separano Cosenza da Crotone non ci vuole più di un’ora e mezza, e se proprio sei uno sfigato, nel senso che buchi una ruota e al volante c’è uno psicotico come quello interpretato da Verdone che per chiamare i soccorsi analizzava la pendenza della strada, al massimo perdi due ore.
E per raggiungere Trapani partendo dall’altro lato della costa sicula (tralasciamo, per pietas e per velocità, gli altri esempi) basta prendere un pullman e in poco più di cinque ore si sarà arrivati da una costa all’altra dell’isola più grande del Mediterraneo attraversando un acrocoro con altezze da capogiro (sulla litoranea aumenta la distanza chilometrica). Scanzi dunque sta mentendo? Come detto prima, la menzogna è un’arte sottile. Da un punto di vista tecnico, non necessariamente tutto questo è una bugia. Quando siamo noi a percorrere una distanza, siamo noi a scegliere come farlo. Se a Crotone ci vogliamo arrivare a piedi o con un carro, quei cento e più chilometri in cinque ore saranno addirittura un record.
E se da Siracusa vogliamo raggiungere l’altra costa spezzettando il viaggio in continue fermate o passando ore in sale d’attesa ad attendere continui cambi di treno, problemi nostri. Ma chi legge un articolo lo presuppone rivolto a un individuo di normale intelligenza che sceglie un percorso da farsi nel modo più appropriato possibile con mezzi adeguati, e che magari se non ha una macchina o quindici euro per un pullman ci pensa due volte. Poi naturalmente ci sono gli avventurosi e i bizzarri, ma questo è un altro discorso.
Perché quindi Scanzi scrive queste cose, pur essendo abbastanza intelligente da saperlo (vogliamo crederlo). Perché vuole sostenere una tesi ed essendo bravo a giocare con le parole si spinge qui ad usarle in maniera scorretta (non osiamo dire in modo criminale, avvicinandosi a un certo giornalismo squallido che depreca ma a cui talvolta si avvicina) per confezionarla meglio agli occhi dell’ingenuo lettore. La tesi che vuole dimostrare è che al Sud mancano i servizi essenziali e che invece di creare quelli si sprecano soldi per cose mastodontiche e inutili. Ma lo fa volendo dare l’impressione al lettore per esempio della Milano luccicante (e corrotta) o del Veneto florido che la Calabria e la Sicilia la conoscono solo attraverso una (a volte cattiva) stampa che lì si viva come nella striscia di Gaza, dove le strade sono poco più che delle mulattiere battute dallo scirocco.
Lungi da me difendere il Sud dicendo che sia il paese dei balocchi: problemi ce ne sono, e anche piuttosto seri. Le strade vanno rimesse a nuovo, e qualcosa si sta facendo. Ma non credo che sia un problema solo del Sud: ho visto strade rattoppate anche al Nord, mi sono trovato di fronte ad abusivismo edilizio e grandi incompiute anche nella parte dorata della penisola e qualche ponte è crollato con ferite e fragore anche lì, proprio al centro del triangolo industriale. Segno che questo paese così diverso, nelle cose (non) contano, si riscopre più fratello di quanto non creda.



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