Castello di Amendolea, la ricca storia di una fortezza normanna

Un viaggio tra storia, rovine e paesaggi mozzafiato nel cuore dell’area grecanica di Reggio Calabria

Il Castello di Amendolea, o Castello Ruffo di Amendolea, è una fortezza di origine normanna situata ad Amendolea, nell’area grecanica della provincia di Reggio Calabria, in un luogo dal forte valore strategico. Oggi ridotto a rudere, è uno dei simboli di questa zona che, in epoca storica, costituiva il confine tra Locri e Reggio.

Nonostante le condizioni, la visita a questa struttura – ubicata nella frazione del Comune di Condofuri – è certamente obbligatoria se ci si trova nei dintorni. Inoltre, l’edificio si presenta con due parti riconoscibili, di cui parleremo nelle prossime righe, e che contribuiscono ad arricchire di fascino la visita al Castello.

La prima area delimitata è un ingresso a forma di parallelepipedo, separato dalla zona residenziale da un muro di cinta. La seconda area riconoscibile è invece una sala rettangolare, chiamata Palacium Castri, con pareti alte, finestre ad arco, piccole torri, di cui una con funzioni di mastio. La pianta è irregolare e cela una cappella costruita in epoca normanna.

Sotto il Castello si trovava l’antico borgo di Amendolea, di cui oggi sono visitabili alcuni resti. Nel borgo persiste ancora oggi il dialetto, derivato dalla cultura della Magna Grecia calabra, che è stato tramandato di generazione in generazione come elemento culturale di grande valore per questa porzione di territorio della regione.

La storia del Castello di Amendolea

Come anticipato qualche riga fa, le origini del Castello sono normanne e la sua fondazione è attribuita di solito a Riccardo di Amendolea. La realizzazione è tuttavia avvenuta in più fasi diverse lungo la sua storia, con un contributo attivo dei vari popoli che hanno dominato la zona durante il Basso Medioevo.

Sebbene manchino fonti in grado di ricostruire tutta la sua storia, si ipotizza che l’edificio fu presidiato dall’epoca normanna e fu coinvolto nel XIII secolo nell’opera di abbattimento dei castelli ordinata da Federico II di Svevia nel 1230: l’analisi delle mura mostra infatti un’azione distruttiva di martellamento.

Successivamente ristrutturato, il castello fu coinvolto nelle lotte di potere fra diverse famiglie nobili locali. Cambiò spesso proprietario, passando dall’originaria famiglia Amendolea a quella Ruffo, che nel 1624 ne prese il possesso fino al 1806, anno in cui ebbe fine l’età feudale. La struttura fu poi ricordata anche per i numerosi fatti d’arme che si verificarono durante il ‘600, aventi come protagonisti dei fiduciari della famiglia Ruffo, che amministravano il feudo per conto della famiglia feudataria.

Il Castello oggi: i resti ancora visitabili

Oggi del Castello non rimangono che pochi resti: il rudere è infatti ammirabile solamente per le mura di perimetro, una torre e una struttura che un tempo doveva essere una cappella, in cui gli abitanti del castello si recavano a pregare.

Per arrivare al Castello è necessario percorrere una lunga scalinata che parte da una strada asfaltata posta nelle vicinanze, realizzata recentemente. Una volta giunti all’ingresso della struttura, sulla parte destra è possibile visitare una stanza che un tempo fungeva da cisterna per l’acqua, una risorsa che oltre ad essere particolarmente preziosa, non era prontamente reperibile. Nella zona centrale del castello è invece possibile ammirare i resti di quella che doveva essere un’aula di ampie dimensioni, con un pavimento oggi ricoperto dall’erba e dalle rocce. Si può però scorgere, sul muro orientale, ciò che rimane di tre grandi finestre, vicino alle quali erano collocate le nicchie che ospitavano le sentinelle.

Proprio da questa postazione le guardie potevano avvistare i nemici in lontananza, riuscendo a dare l’avviso molto prima che arrivassero in cima al castello. Intorno all’aula principale si trovavano anche alcune torri, una delle quali – la più curiosa – presentava un ingresso non posizionato nel pianterreno, bensì al primo piano, dove si accedeva tramite un ponte levatoio. L’obiettivo di questo particolare meccanismo era quello di evitare che i nemici potessero entrare troppo facilmente nella struttura.

Spostandoci poi nella parte meridionale del castello, si trovano i resti delle abitazioni che costituivano la vecchia comunità dell’Amendolea. Nella stessa zona si trovava anche la chiesa protopapale, al cui interno sono state rinvenute diverse scoperte di particolare pregio archeologico, come un bassorilievo venuto alla luce negli anni Novanta, e una statuetta raffigurante la Madonna, attribuita ad Antonello Gaggini.