Mesi, mesi e mesi di silenzio. Nessuna parola, nessuna intervista, nessuna dichiarazione neanche flash. Solo silenzi, incontri privati, assenze alle conferenze stampa e qualche comunicato stringato. Ma oggi, lunedì 28 luglio, Eugenio Guarascio torna a parlare alla città di Cosenza. Non in un’occasione condivisa con tutta la stampa, come la stessa chiede da tempo, ma al Corriere della Calabria. Il presidente dei rossoblu spiega i motivi del suo atteggiamento, prova a giustificarsi, parla di “dimissioni condizionate”, di ricatti subiti e poi fa anche un cenno alla situazione “cessione”.
“Il muro contro muro è con una parte della tifoseria del Cosenza. Devo andare all’origine e non limitarmi agli ultimi mesi, culminati con la retrocessione. La mia decisione di allontanare dalla Primavera un calciatore dal cognome scomodo, Pietro Santapaola, è stato il motivo di momenti di gravi tensioni, così come gli insulti a Palazzo dei Bruzi. Ho vissuto quasi nel ricatto. Esistono tra l’altro norme federali che impongono il rispetto della lealtà di tesserati e tifosi” precisa Guarascio.
“Non voglio essere il Cellino di Cosenza”
Sulle trattative per la cessione, afferma: “ho ricevuto due offerte praticamente a costo zero. Sono pronto a mettermi da parte e cedere il Cosenza al migliore acquirente. Il problema è che ad oggi nessuno è in grado di mettere nero su bianco. Non sono e non voglio essere il Cellino di Cosenza. Ho un parco calciatori, un allenatore, un direttore sportivo e un gruppo dirigenti che mi consentono di garantire tra la prossima stagione o al massimo la successiva il ritorno in serie B. Lavoro e programmazione continuano a essere alla base del progetto Cosenza. Ho subito dei tradimenti? L’operato della signora Roberta Anania, la penalizzazione e le speculazioni in una fase di debolezza. Tensioni, ripeto, al limite del ricatto. Poi dimissioni forse condizionate, da Ursino all’ufficio stampa”.



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